È una scoperta addentrarsi dentro questa storia fotografica di Ylla, Due piccoli orsi.
Una narrazione che trova la sua bellezza anche nell’appendice, in fondo all’albo illustrato, dove Alessandra Mauro racconta della passione e del lavoro di questa grande fotografa e naturalista che per la prima volta, con Due piccoli orsi, raccoglie e ordina in una storia il suo lavoro fotografico: istantanee fatte en plein air e in studio che creano una trama narrativa coerente e intrigante.
«Le immagini sono fresche, leggere e delicate. Gli animali si muovono nel sole della radura e noi entriamo con loro in quel prato, viviamo la loro voglia di divertirsi e la paura di perdersi. Siamo dentro una fiaba animata […] Perché se è vero che le fiabe, comprensibili ai bambini, sono per questo uniche come forma di letteratura e come realizzazioni artistiche, allora i libri di Ylla sono piccole, perfette, opere d’arte»
La storia è quella di due piccoli orsi, fratello e sorella, che si affacciano a guardare il mondo, fuori dalla loro tana, in una perfetta giornata di primavera e che poi esplorano e si allontano incapaci di resistere al richiamo del “nuovo”, mentre la mamma si allontana a cercare del cibo.
Ma quanto è bello il mondo - sembrano dire!
Normalmente siamo abituati a illustrazioni di animali antropomorfizzati e questo - almeno da una certa età - permette un’immedesimazione del lettore bambino, in questo caso, invece l’uso della fotografia dona a questa storia una sorta di alterità: i bambini, da un certo punto di vista, riconoscono e condividono molti moti dei due protagonisti, perché condividono un periodo della vita che è quello dell’infanzia, tuttavia la fotografia offre una distanza che lascia un necessario spazio al lettore.
L’infanzia accomuna i cuccioli di tante specie, perché in essa è radicalizzata un’esplosione potenziale del proprio essere che esplora, cerca, fa, ma non è ancora specializzata o stabilizzata in una forma che è quella che poi determina l’adultità. È facile dunque comprendere e “leggere” la storia di questi cuccioli, sebbene nella confortevole posizione di chi sa di essere diverso: in questo modo anche la situazione spiacevole del perdersi può essere affrontata con serenità, mentre se avessimo avuto un bambino fotografato, probabilmente la stessa storia avrebbe creato molta più angoscia!
La composizione delle immagini è ben orchestrata e l’utilizzo del discorso diretto rende personali queste fotografie:
«“Hai visto la nostra mamma?” chiese sorella orsa. “No, mi dispiace” rispose il vitello “ma io non ho mai lasciato il pascolo. Perché non chiedete al cavallo?”»
Gli orsi giocano, esplorano, si godono il mondo… bellissima la sequenza ravvicinata di tutti giochi che gli orsetti compiono intorno a un semplice tronco d’albero. Dettegli e sequenze si alternano a fotografie più ampie dove possiamo cogliere il contesto, ma più intenso è il soffermarsi sui primi piani che raccontano di gesti voluti e ricercati, momenti dilatati dall’osservazione che permettono di scorgere una serie di espressioni quasi umane leggibili nel volto degli orsetti, quando annusano ad occhi chiusi, quando ridono, quando chiedono, quando sembrano bisbigliarsi all’orecchio.
Le foto in bianco e nero trovano un contraltare equilibrato nella coloritura del testo che anima la pagina di verdi, rossi, blu… rompendo la monotonia dei toni di grigio.
Nella fotografia in bianco e nero spicca naturalmente la luce che diventa voce narrante all’interno delle immagini, modellando e sottolineando gesti, posizioni, movimenti.
Gli orsi - come tutti i cuccioli insomma - destano poi molta tenerezza e chiamano la partecipazione del pubblico nella loro avventura nel bosco: gli alberi, il fiume, la fattoria, la paura quando si accorgono sperduti, la stanchezza, il sonno…
Potremmo pensare ad una umanizzazione della descrizione dei gesti di questi animali, ma credo che la spontaneità dell’infanzia faccia sì che non ci si allontani poi molto dalla verità di quei gesti:
«giocarono a nascondino dietro i tronchi degli alberi […] all’improvviso di fermarono… che animale era quello?»
Sfiniti dai giochi e dalla ricerca i piccoli protagonisti finiranno per addormentarsi e sarà proprio quella cornacchia rumorosa e un po’ antipatica a permettere il ricongiungimento finale!
«“io li ho visti! E so dove sono!”»
Un libro fotografico che non è dunque solo un immaginario - come tanti ne stanno nascendo in questo periodo - ma la costruzione ben compiuta e ben più complessa di una storia, una fiaba - quasi - di avventura, perdita e ritrovamento che farà felice ogni bambino dai tre anni.