Io non faccio testo, da quando è nato Saverio piango per qualsiasi cosa: partite di tennis, gare di atletica, film, libri, canzoni… Per cui che il libro di oggi sia riuscito a strapparmi le lacrime non è poi un evento fuori del comune, parliamo de L’incredibile viaggio di Shackleton di William Grill.
Il testo lo avevo visto alla fiera di Bologna: mi avevano colpito i pastelli dell’illustratore, ma il testo corposo, me lo aveva fatto considerare velocemente, perché non era nel target nel mio bambino in età prescolare. Un mese fa Marina me lo ha fatto riscoprire, io l’ho cercato subito e indovinate: mio figlio se n’è innamorato (oltre a me e a mio marito, ma anche Taz ha grugnito positivamente).
La storia è incredibile: è la storia di Ernest Shackleton esploratore e avventuriero britannico, capo di una spedizione eroica che tentò di traversare il continente antartico nel 1914.
L’autore inglese intreccia il testo e le illustrazioni con le parole di Shackleton in persona (tratte da Sud. La spedizione dell’Endurance in Antartide, 1914-1917 Mursia 2011) e questo rende viva, intensa e commovente ogni pagina. Il testo è lungo, organizzato in capitoli, l’esplorazione di per sé è epica, il tempo in cui queste grandi esplorazioni venivano effettuate le rende eroiche, l’autore aggiunge un’attenzione ai particolari che rende attraente e curioso il testo e non solo altisonante. La narrazione poi è interrotta da tavole descrittive e in cui immergersi per sentire il freddo dell'Antartide, ma anche il calore che questa compagnia di uomini saprà emanare.
«Credo di poter fare di meglio, voglio diventare qualcuno»: Ernest perseguirà il suo sogno con determinazione e con una compagnia di amici che difenderà, di cui si prender cura e che, di cambio, lo sosterrà, aiuterà, con mani, canti, ingegno e tenacia. Io ci ho visto l’Ulisse dantesco, per il legame forte che unirà questi 29 uomini: “ma misi me per l’alto mare aperto / sol con un legno e con quella compagna / picciola da la qual non fui diserto” Inferno XXVI,100-102.
William Grill ce li presenta uno per uno - non mancano neanche i nomi dei 99 cani che li accompagneranno! - ce li descrive, ognuno ha un talento che potrebbe sfuggire ma che Shackleton con la sua lungimiranza individua e sceglie con un fine ben determinato o meglio con una capacità di cogliere l’essenza del carattere e di apprezzarne le risorse.
La storia fa tenere il fiato in sospeso e l’autore non ci risparmia nessun passaggio neanche il più tecnico, perché tutto contribuì a rendere leggendaria questa storia. I dettagli della costruzione dello scafo, della chiglia e della prua dell’Endurance, il "legno" che accompagnerà questa picciola compagnia, sono densi di termini tecnici, lasciati in grassetto e spiegati da un Glossario finale, ma anche esplicati grazie ad illustrazioni spesso minuscole e minute ma precise e splendide nella loro varietà.
Passati dalla descrizione dell’equipaggio, della nave e dell’equipaggiamento, l’8 agosto 1914 l’Endurance salpa da Buenos Aires e, dopo una tappa in Georgia, il 5 dicembre 1914 l’assalto all’Antartide parte: «I lunghi giorni dei preparativi erano terminati e l’avventura ci stava aspettando».
L’epopea è fatta di coraggio, di picconi e seghe, perché le navi in legno devono essere guidate e accompagnate attraverso i ghiacci, ma è soprattutto fatta di uomini pieni di ingegno: uomini capaci di cucinare in bilico su quattro rocce, di cacciare pinguini, di usare i colori a olio per fissare dei teloni alla scialuppa, di trasformare una scialuppa in un appartamento a due piani.
Shackleton quasi scompare nella narrazione, ma è figura forte e determinante che appare nelle decisioni e nelle attenzioni: nulla può essere lasciato al caso, perché la sua preoccupazione è primariamente quella di compiere l’impresa INSIEME ai suoi uomini. È lui che organizza feste, gare di corse in slitta, ma nello stesso tempo si preoccupa che la stiva sia organizzata in modo da poter essere trasferita in pochi istanti e che nessuno vada a caccia solo.
Il pack ad un certo punto ha la meglio sull'Endurance incagliata e gli uomini dovranno trasformare la loro impresa di attraversare l’antartico, in quella di tornare salvi a casa: «Adesso andiamo casa» sentenzierà Shackleton. Questo è un segno della grandezza dell’animo di Shackleton, che a differenza di Ulisse fece un suo punto d’onore e un suo impegno quello di non sacrificare nessuno dei suoi compagni sull’altare della sua ricerca. È commovente e straziante immaginare questi uomini stretti in giacche di pelle e scarponi chiodati, affrontare a testa alta e animo sereno il loro destino: «In quel mondo alieno, eravamo intrusi inermi le cui fragili esistenze erano in balia del capriccio di potenze elementari, che si facevano beffa dei nostri miserevoli sforzi». Siamo rimasti incollati a questa ciurma pagina dopo pagina e quasi ci sembrava di tradire l’equipaggio quando, conclusi un paio di capitoli, rimandavamo la lettura alla sera successiva. Non vi racconterò tutta la storia, vi anticipo solo che Shackleton riporterà a casa tutti i suoi uomini: «Tra la vita e la morte, ho scelto la vita, per me e i miei amici… credo che sia nella nostra natura esplorare, ricercare ciò che è sconosciuto. Il vero fallimento sarebbe non esplorare affatto».
L’autore alterna illustrazioni narrative a supporto del testo, a tavole esplicative quasi scientifiche e geografiche (mappe), a tavole ad alto impatto emotivo (lande sperdute di ghiaccio in cui l’Endurance quasi scompare). Attraverso i segni compatti e segnati dei pastelli si vive l’angoscia e la paura del vento, della neve, del cielo nero e del mare, si percepisce la grandezza della natura entro cui l’uomo quasi sparisce: quei tratteggi rossi che segnano il percorso effettuato sulla mappa sono passi pesanti e giganteschi guadagnati centimetro dopo centimetro da uomini ardimentosi e vivi. Eppure i nasi rossi, le giacche di pelo e il giallo della casse di legno delle provviste non tralasciano di raccontarci la vita bella e vera che nella condivisione del destino questi uomini si regalarono, quando decisero di salire sull’Endurance.
Il libro è stato appena menzionato per il BRAW con questa motivazione: «Per le atmosfere evocative, i bianchi del ghiaccio pieni di significato e la puntuale ricerca iconografica, quest'opera racconta in maniera fedele, ma espressiva, la spedizione dello Shakleton».
Io non posso che confermare il magnetismo di questo libro, da regalare ai bambini (dai 6 anni!) anche a quelli che hanno appena iniziato a leggere perché non sapranno staccarsene.
Io ho pianto, sì ho pianto.
P.S. la casa editrice della versione italiana è fallita (io ne ho trovata una copia da Radice Labirinto, voi chiedete alle vostre librerie di fiducia!!)
[…] settimana fa, questa dettagliata recensione mi ha incuriosito molto così ho deciso di cercare in biblioteca […]
Grazie la cercherò di sicuro, perché qui abbiamo fondato un fan club ahahhaha 😀
L’avventura di Shackleton è epica, i disegni accompagnano molto bene il racconto, è un libro che consiglio, non sapevo però che la casa editrice fosse fallita.
Se vi siete innamorati di Shackleton vi consiglio di andare a vedere una vecchia puntata o di superquark o di Ulisse che racconta tutta la vicenda, rimarrete incollati allo schermo.