Nella mia selezione per le strenne natalizie ho parlato di Un milione di gatti di Wanda Gàg, un testo che ha fatto e che fa la storia dell’albo illustrato nel mondo e che certamente illumina di senso anche il libro di oggi: Lo strano coso.
Questo libro - vi confesso - è in assoluto il mio preferito della Gàg, perché aggiunge a tutti quegli accorgimenti, che rendono unico il suo capolavoro, uno spassosissimo umorismo politicamente scorretto limpido, schietto che rende questa storia un rincorrersi di risate.
Il protagonista di questa storia è Bobo un omino delle montagne che, ancora una volta, non ha nulla a che fare con le immagini di folletti adorabili che popolano - a volte stucchevolmente - i libri per bambini. Bobo è un vecchietto dalla lunga barba e dalla pancia prominente, completamente pelato e con uno sguardo gentile che regala benevolenza. Il suo lavoro consiste nel preparare tutti i giorni del cibo per gli animali del bosco: «dolcetti alle nocciole per gli scoiattoli dalla coda folta», «pasticci di semi per i graziosi uccellini svolazzanti», «insalata di cavolo per i conigli dalle lunghe orecchie» e «piccole palline di formaggio non più grandi di ciliegie» per i topini.
Accade, però, che un giorno arrivi uno strano animale, anzi uno strano coso: «assomigliava a un cane e anche a una piccola giraffa» e, agli occhi dei lettori, assomiglia anche ad un drago!
Il dubbio si risolve nelle parole altezzose del protagonista:
«Io non sono un animale, - disse lo strano coso - io sono un aminale!»
Ebbene il gentile signore delle montagne offre immediatamente del cibo a questo strano aminale che però, con fare scocciato rifiuta ogni cibo: lui si nutre di bambole!
«“non ho mai sentito parlare di cose da mangiare così sciocche! Nessun aminale mangerebbe quelle cose. Non hai bambole oggi?”»
Le bambole? Da mangiare? Bobo rimane esterrefatto e i lettori con lui.
«“E i bambini non si mettono a piangere quando tu porti via le loro bambole?” domandò Bobo. “Sì che lo fanno”, rispose lo strano coso con un sorrisetto allegro, “ma le bambole sono buonissime”»
Il lettore moderno, abituato a letture edificanti, probabilmente inizia a sudare freddo, ma Bobo offre al coso una via di uscita per rientrare nella norma di una storia “per bene”.
«“Ma forse tu mangi solo le bambole dei bambini cattivi…” disse illuminandosi [Bobo]. “No, io prendo specialmente quelli dei bambini buoni”, disse lo strano coso allegramente, “e sono buonissime”»
Questo scambio dialogico tra Bobo e il coso ha qualcosa di davvero esilarante e unico, se pensiamo che la storia è stata scritta nel 1929 (!). La perfidia sottile che se ne infischia di ogni regola sociale è tema censurato, eppure è anche esattamente una tensione necessaria e normalissima nel processo di crescita e quindi assai presente nell’animo dei bambini. Abbiamo, qui, una figura mitica che non ha nessun timore di sbaragliare quelli che erano i buoni sentimenti dei racconti per bambini, dichiarando apertamente la sua passione per il tormento delle bambine buone! Che liberazione! E che risate! Bobo invece - come molti dei lettori - considera questa azione una sorta di sacrilegio, per il quale verserà calde lacrime disperate.
Come si risolverà la questione? Con un’astuzia, molto fiabesca!
È risaputo, infatti, che i coso-draghi non siano molto intelligenti (si parla spesso di cervello da gallina, anche se le galline abbiamo scoperto sono tutt’altro che stupide!) e Bobo non ci mette molto a scovare il suo punto debole, che è poi il punto debole della maggior parte dei cattivi ovvero la sicurezza di sé e il fatto di essere dei gran vanesi!
«“Che coda carina che hai!”»
Che riecheggia il notissimo “che bocca grande che hai…”, non credete!?
«“E che belle sopracciglia nere!”»
Insomma Bobo troverà un modo ingegnoso per cambiare la dieta del coso, senza sacrificare nessuna bambola?
Rifugiandosi nella sua piccola e graziosa casetta, una specie di tunnel sotto la montagna (godetevi gli interni meravigliosamente dettagliati da Wanda Gàg!), Bobo preparerà degli ottimi “giumgilli” che sono perfetti per far crescere la coda e le punte del bellissimo e tremendissimo coso.
Come nel primo volume, anche se più celate, tornano le caratteristiche che rendono questa storia ricca e unica a livello narrativo, illustrativo e anche tipografico. Ci sono vaste citazioni che spaziano dal biblico al letterario (il serpente-drago arrotolato sulla montagna è immagine frequente in molte culture, così come l’attesa sotto l’albero…), un elegantissimo senso della pagina con immagini che si muovo sinuose e accattivanti in onde armoniche, mai ferme (notate come le nuvole travalicano i confini delle illustrazioni).
Eppure, su questo ricco e colto substrato, germoglia un piglio narrativo unico messo in atto, in questo volume, da dialoghi inattesi e spiazzanti, quasi irriverenti che, tuttavia, non sono ottusamente provocatori senza ragione. Attraverso il riso e proprio grazie a questo suo essere sopra le righe Wanda Gàg regala scorci di realtà che, forse non vogliamo considerare, ma che esistono: esiste la maleducazione, il rifiuto del cibo (tema caldissimo per i bambini), l’insolenza… eppure esiste anche l’astuzia, la resilienza, il farcela senza che questo diventi scontro e censura calata dall’alto.
Un libro dalla parte dei bambini e che ride con i bambini!