Di vacanze andate male e di esperienze quasi in solitaria catastroficamente rotolate via è piena la storia, anche la mia storia personale.
Ricordo esattamente l’avventura di un anno, durante una vacanza-campeggio con dei miei coetanei: sgattaiolai lontano dai giochi organizzati, raggiunsi la prima cabina telefonica e chiamai i miei genitori, che implorai di venirmi a prendere subito, tre le lacrime. Lo fecero.
Le vacanze da incubo, tuttavia, sembrano far parte della vita di molti, ce lo ricorda Vera Brosgol con Sempre pronti una graphic novel esilarante e molto vera che racconta la sua esperienza in un campo estivo, in America, quando aveva nove anni.
Brosgol ritorna ai suoi ricordi di bambina russa emigrata in America: la sensazione di essere diversa da tutti e il desiderio di essere e fare come tutte le coetanee, desiderio che quotidianamente si scontra con un divario socioeconomico e una cultura differente.
Sull’onda di questo desiderio di “essere come gli altri” Vera chiede a sua madre di essere mandata ad un campo estivo che, nel suo caso, ha le vesti del campo scout russo.
Il racconto delle vacanze trascorse nei boschi del Connecticut accosta le altissime aspettative del “prima” con le avventure e disavventure del “poi”.
Vera - inizialmente entusiasta di partecipare a questo campo estivo dal momento che tutte le sue amiche americane partecipano a campi estivi - si scontra con l’essere sola, con il non conoscere nessuno e, come capita nelle migliori disavventure, con l’essere messa in tenda con le due più antipatiche di tutto il campo.
Il racconto è esilarante e drammatico, proprio perché riesce ad aderire ad un’esperienza reale, comunicando gli stati d’animo anche radicali che hanno agitato la vera Vera, in quelle settumane (le lettere reali allegate in appendice, ne sono testimonianza lampante!).
Dai bagni in comune, alle antipatie, ai canti in russo alle prese in giro, dalle incomprensioni al desiderio di compiacere le altre… Vera cercherà tenacemente di trovare il suo posto, ma sembrerà fallire sempre, rimanendo sempre più sola, fino a che…
Un campo estivo scout è di per sé un’avventura che emerge limpida e anche positiva negli atteggiamenti delle guide, ad esempio, e nel clima comunque accogliente… il bello è che in questo clima potenzialmente positivo, l’autrice riesce magistralmente ad inserire il suo disagio e le sue paure, rendendo la storia molto schietta.
Alla fine però, conforta il fatto che anche in questa esperienza rivelatasi un fallimento totale, al primo impatto, (Vera scriverà a sua mamma più volte di venirla prendere!) si rivelerà invece un’occasione per questa ragazzina di nove anni di scoprire cosa significhi fare amicizia, di accettare la sfida di giocarsi con le persone più affini e non per forza quelle più celebri, concedendosi la libertà di essere semplicemente se stessa.
Emerge in modo molto spontaneo e bello anche lo spirito degli scout, le guide attente che sono poco più che coetanee e che riescono a offrire spunti di esperienza alle più piccole, il cameratismo, il desiderio di avventura, la cooperazione…
La graphic novel è godibilissima dalla prima all’ultima pagina, per la sua onestà che ho ritrovato in tutti i sentimenti contraddittori che si alternano nelle pagine e per la vividezza con cui vengono raccontati.
Gli episodi e gli aneddoti che rendono uniche esperienze come questa divertono i lettori dalla prima all’ultima pagina: dal succo di insetti, alle punizioni pensate dai maschi per onorare la perdita della bandiera, dalle gite ai racconti del terrore al buio intorno al fuoco, dai lavori in cambusa alle chiacchiere nei sacchi a pelo… i lettori sorridono per la veridicità delle cose raccontate, pur intuendo che la maggior parte del divertimento appartiene a chi quel campo ha vissuto.
Una bella proposta estiva sulle vacanze e sull’alta potenzialità di questo tempo è per guardarsi e capire qualcosa di sé.