La misteriosa accademia per giovani geni di Trenton Lee Steward è uno dei libri che più mi ha colpito tra quelli letti quest’estate per la scrittura coinvolgente e per il tema che, quasi profeticamente, sembra parlare dei nostri giorni in modo provocante e sottile.
L’incipit del romanzo è elettrizzante, pieno di mistero e ambientato in un contesto storico venato di eccentrico che ha un sapore antico, come se la scrittura fosse figlia di un altro tempo. Salvo poi scoprire che l’autore è un cinquantenne statunitense che ha scritto questo romanzo nel 2007!
Il romanzo è attualissimo - come dicevo -: l’utopia di migliorare le persone, renderle felici… ma in fondo controllarle e governarle risulta una tentazione che, da Utopia di Tommaso Moro fino al romanzo di George Orwell, 1984, ha sedotto scrittori e pensatori, e che rivive in queste pagine in modo comprensibile anche per i ragazzi di oggi, ma non solo.
Il mondo è dominato dall’“Emergenza”: «le cose erano disperatamente fuori controllo; i sistemi scolastici, il bilancio, l’inquinamento, il crimine, il clima… praticamente tutto era nel caos, e ovunque i cittadini invocavano a gran voce un grande… anzi no, un radicale miglioramento di governo. “Le cose devono cambiare ORA”».
Reynie Muldoon, il protagonista, è un giovane orfano dalle doti spiccate che, spinto dalla sua amata insegnante, la signorina Perumal, risponde ad un curioso annuncio sul giornale: «Sei un bambino prodigio alla ricerca di speciali opportunità?».
Il concorso si presenta come una prova guidata da personaggi eccentrici, in cui affrontare situazioni alquanto bizzarre: i ragazzi devo attraversare una stanza senza toccare il pavimento con i piedi, le domande difficilissime celano risposte nascoste… senza aggiungere che i trabocchetti sembrano sempre dietro l’angolo.
«“Sei coraggioso?”. Bè, il suo coraggio non era mai stato messo alla prova, quindi come faceva a dirlo?»
Viene creandosi lentamente, una selezione dopo l'altra, un piccolo gruppo di ragazzi che mostrano tutti caratteristiche molto diverse tra di loro: Reyne, Sticky Washington, Kate Wetherall, Constance Contraire.
Un quartetto composito (Kate è un’orfana scappata con un circo, Sticky è timidissimo, Constance è una bambina insolente e totalmente sopra le righe «Tutte le regole sono bubbole e sòle… frottole inutili, come le scuole!»), ma umanamente traboccante
Cosa li accomuna? Nel confrontarsi a vicenda comprendono che non è stata solo la performance ad averli condotti lì, ma una serie di strani episodio in cui ognuno ha mostrato empatia, onestà, compassione…
«“Siete tutti bambini dotati che sono riusciti a passare i miei ‘noiosi’ test, e tutti avete dimostrato di essere pieni di risorse”»
Il quartetto viene catapultato all’interno di un’avventura molto più grande di loro: un genio del male, arroccato in una scuola misteriosa (Il Venerabile Istituto per i Veri Illuminati), sta architettando qualcosa che cambierà il mondo. Un “Mittente” sconosciuto ha trovato il modo di controllare ed orientare i pensieri delle persone, costringendole a pensare solo ciò che queste trasmissioni misteriose inculcano nel loro cervello. Sono dei ragazzini a trasmettere questi “pensieri” - di qui la ragione del fatto che i cattivi sono arroccati in una scuola! -: sapete perché? Perché gli adulti non si accorgono di ciò che i bambini dicono, non danno loro attenzione!
«“Solo i pensieri di un bambino possono infilarsi nella monete così di soppiatto. Per qualche motivo passano inosservati” “C’è poco da sorprendersi” sbuffò Constance “Non ho mai conosciuto un adulto che mi credesse capace di pensare”».
Dall’altra parte, la nostra parte, un gruppo di adulti, guidati dallo studioso (nonché genio) signor Benedict ha bisogno di loro, perché solo dei bambini infiltrati nella scuola possono smascherare il piano malvagio. Ne emerge un’interessante e non scontata attenzione ai bambini alle loro potenzialità e alle loro parole: gli adulti si affidano ai piccoli e non per dire.
«“siete una squadra, adesso. Che siate o meno sempre d’accordo è irrilevante. Dovrete prendervi cura l’uno dell’altro, e contare l’uno sull’altro in tutto. Non esagero quando dico che ognuno di voi è fondamentale per il successo della squadra e, a dire il vero, per il destino di noi tutti”»
Il signor Benedict però non assolda i ragazzi in modo automatico o forzato, ma scommette lealmente sulla loro libertà e i ragazzi si stringono a lui e tra loro in una amicizia, cementata dalla consapevolezza di agire per la verità e una giusta (enorme) causa.
«“Alcuni, tuttavia, posseggono un amore per la verità così forte che le loro menti sono molto più difficili da distogliere. Il loro è un dono naturale, inconsapevole. Pochi ne sono provvisti, e voi, bambini, siete fra questi”».
Nasce così la Misteriosa Accademia per Giovani Geni.
La trama si infittisce e si colora di tinte fosche non appena i nostri eroi vengono ammessi come spie e infiltrati nel Venerabile Istituto per i Veri Illuminati. Tra lezioni e punizioni, tra spionaggi e inseguimenti, tra scoperte e misteri… i quattro potranno mettere a frutto i loro talenti, ma soprattutto si aiuteranno e sosterranno a vicenda, nell’indagine volta a svelare i piani diabolici del dottor Curtain, rettore dell’Istituto.
Ciò che colpisce della scuola è la sua “assenza di regole”, «praticamente nessuna [...] Potete indossare quello che volete, fintantoché portate pantaloni, scarpe e camicia […] Potete tenere accesa la luce in camera anche tutta la notte se volete, fino alle dieci di ogni sera». È qui che si insinua la vera menzogna: «“tuttavia Reynie continuava a pensare: “È tutto al rovescio”».
I capitoli si avvicendano, il ritmo è serrato, nulla è affidato alla magia, ma tutto risulta reale e coerente. Teniamo il fiato sospeso, ci disperiamo, gioiamo, temiamo il peggio e poi esultiamo insieme ai nostri eroi che di eroico hanno solo la loro amicizia.
Il momento cruciale in cui tutti saranno trasformati in burattini privi di volontà è vicino, anche i nostri eroi devono piegarsi al meccanismo della scuola per appropriarsi dei segreti più reconditi. I nostri eroi riusciranno ad evitare la catastrofe? Non vi anticipo niente, anche perché i colpi di scena degli ultimi capitoli sono uno più inaspettato dell’altro.
I temi toccati sono molti e spesso non immediatamente associati agli interessi o alla comprensione dei bambini: ma è veramente così?
L’utopia di migliorare le persone con un intervento esterno, l’affascinante tentazione di pensare di poter rendere felici le persone… nascondono in realtà una fama di potere e di controllo che diventano dittatura e distruzione. È la differenza tra una violetta viva, forse un po’ scalcagnata ed un fiore perfetto, ma finto: la differenza tra realtà e illusione.
E su cosa si basa questa grande illusione? Sull’eliminazione della paura: «quando tu facevi quello che voleva, il Suggeritore ti ricompensava attenuando le tue paure».
Un mondo ideale, anestetizzato, dimentico e privo di paure, ma anche di pensieri, ecco l’ideale di felicità: «l’Istituto diventerà il Santuario dell’Amnesia»
A questo cosa si contrappone? Una squadra di bambini. La considerazione in cui l’autore sembra tenere la giovinezza è interessante, perché non scade mai nell’accondiscendenza.
«La versione di felicità data dal Suggeritore è un’illusione… non cancella le paure, mente soltanto, facendoti credere per qualche attimo che non esistono più. […] L’unico modo per far svanire le paure è affrontarle. Ma chi mai desidera affrontare le proprie peggiori paure?»
E poi spunta il potere irriducibile della libertà dei ragazzi:
«“No! Nisba! Ti dico di no! Non mi ci puoi costringere! Uh-uh! Mai! No!” Curtain sibilò: “Piegati cocciuta mocciosa che non sei altro!” “MAI!” strillò Constance. […] Era quello il grande dono di Constance: il dono dell’irriducibile indipendenza, e lo stava mettendo a frutto più che poteva»
Il signor Benedict è una figura adulta positiva, soprattutto perché si fida e delega ai ragazzi una responsabilità e una fiducia incondizionati, pur nella superiorità delle sue competenze. Inoltre - e questo è stupendo - non li abbandona mai, neppure nella distanza: «siete la meraviglia del mondo» dirà loro quando tutto sembrerà perduto! E nessuno dei grandi si tirerà indietro quando ci sarà bisogno di schierarsi al fianco dei ragazzi!
Imperiosa e - nuovamente inaspettata in un contesto letterario infantile - la metafora del doppio (indicativo che i due schieramenti si aggreghino intorno a due gemelli) che svela come utopia e verità siano spesso più vicine che estranee.
La scrittura è scorrevole e incalzante, lontana da quella frammentazione contemporanea che alla lunga disturba. Le descrizioni sono vivide, caratterizzanti, i personaggi non sono idealizzati ma scorciati in modo tridimensionali attraverso pregi, difetti, esitazioni, timori, desideri molto umani.
Un libro meraviglioso, senza mezzi termini. Dai 10 anni.
P.S. aggiungo una nota per il mondo adottivo, che mi sta a cuore. Lo stereotipo dell’orfano, lascia spazio nel romanzo ad uno spazio neutro (non ci sono crudeli direttori dell’orfanotrofio, punizioni corporali e condizioni di vita al limite della sopravvivenza…) che racconta della solitudine dei ragazzi e del desiderio di rapporti significativi con adulti significativi: un’esperienza che appartiene a molti ragazzi non per forza orfani. Si toccano ovviamente temi forti come la paura di non essere voluti, il bisogno di ricercare le proprie origini, ma sempre in modo molto onesto e con un tono che include le grandi domande all’interno della sensibilità dei ragazzi e non solo di quelli adottati.
P.S. Il romanzo è diventato una serie per Disney+. Spero di riuscire a vederla presto!