«Nell’arcipelago accadono solo piccole cose, ma anche a queste si deve badare» p. 74

Il libro dell’estate è un romanzo o meglio una raccolta di storie legate alla presenza di un nucleo familiare - formato da una nonna, una ragazzina e il papà vedovo - su un’isola svedese, dove abitano per tutta la primavera e l’estate.

Scritto nel 1972, dopo il successo mondiale dei Mumin, questo libro, sebbene abbia al centro una bambina, è considerato un libro appartenente alla produzione per adulti di Tove Jansson. Perché? 

Ci sono mi avviso degli aspetti formali della scrittura della Jansson che devono essere considerati e che, sebbene immergano in modo suggestivo e vibrante il lettore nel suo mondo, hanno un accento che riverbera meglio nel lettore adulto.

Le descrizioni sono gustose e dettagliate, capaci di ricostruire quasi tridimensionalmente sia gli spazi che gli oggetti, che gli odori, le sensazioni, le impressioni che i personaggi vivono nell’avvicinarsi e nel vivere un luogo o uno spazio. Non c’è separazione tra il dentro e il fuori della storia e la lettura di queste pagine dona senza dubbio una brezza fresca di meraviglia a chi vi si avvicini. Tuttavia la scrittura ha qualcosa di complesso come, ad esempio, la scelta di una narrazione che predilige l’integrazione anche grafica dei discorsi diretti in una sorta di flusso nel quale, di volta in volta, il lettore deve discernere l’attribuzione (è un pensiero di Sofia? È un pensiero della nonna? )

«Non ci si può fidare di chi lascia semplicemente che le cose avvengano. Immerse una gamba nell’acqua e disse: è fredda. Ci credi che sono capace anche senza fartelo vedere? Domandò la bimba. Certo, certo, rispose la nonna. E devo ricordarmi di dirgli che questa bambina ancora paura dell’acqua profonda» pp. 15-16

È spesso l’impersonalità o l’imperscrutabilità del soggetto grammaticale e dei riferimenti pronominali a rendere difficile la lettura ai bambini o ai primi lettori, ma è anche ciò che riporta gli adulti in quello spazio indefinito che i bambini sono soliti abitare con disinvoltura e che gli adulti non frequentano più.

«La famiglia aveva un amico, benché non troppo intimo, che si chiamava Eriksson. Sull’isola avevano da tempo capito, anche senza bisogno di parlare, che a Eriksson non piacevano granché né la pesca, né la caccia o i motori» p. 73

Gli episodi che compongono questo romanzo sono racconti di giornate e incontri che avvengono in quei mesi, tra la primavera e l’estate. Tutto in un’isola sostanzialmente disabitata diventa un evento: l’amico che arriva inaspettatamente, il vagabondo che trova una cassa di fuochi d’artificio al largo, il nuovo riccone che compra e costruisce una villa nella nell’isola vicino, una notte trascorsa a dormire in tenda, la festa di metà estate, le piante che la nonna e il papà decidono di piantare sull’isola e che cercano di far sopravvivere, l’amica in visita, il nuovo gatto, una mareggiata imprevista, il bagno nelle pozze… Gli attimi si dilatano per occupare interi capitoli proprio come storie compiute. Tutto si innesta sul profondissimo legame che unisce Sofia, la ragazzina rimasta orfana, alla sua nonna (il padre è una figura rassicurante, ma molto defilata).

Entrambe vivono una fase della vita nei pressi di una soglia: Sofia è una bambina che cresce e che probabilmente si affaccia al tempo dell’adolescenza, la nonna si affaccia alla fine della vita, ritornando un po’ bambina.

Uno stato quello della vecchiaia  - badate - che non scimmiotta l’infanzia , perché la nonna mantiene una consapevolezza adulta lucidissima di cura e di responsabilità nei confronti di Sofia, tuttavia il suo sguardo si fa più libero, meno vincolato dalle convenzioni, insofferente alle formalità: più libero insomma, più bambino. Per questo il rapporto tra Sofia e la sua nonna non solo è familiare, ma intenso e intimo, perché si basa su una parità di sguardo, sebbene la nonna sia portatrice di una consapevolezza diversa.

La nonna sceglie di essere bambina, sceglie di giocare, sceglie di attraversare e stare con Sofia oltre il confine dell’immaginazione, dei pensieri, delle paure, delle difficoltà che nutrono vividamente l’infanzia.

«La nonna sedette sulla veranda per fare un palazzo ducale di balsa. Quando il palazzo fu pronto, lo dipinse con oro e acquarelli» p. 47

«La nonna prese a meditare sull’idea di costruire una casa di scatole di fiammiferi sulla spiaggia, con una pianta di mirtilli dietro la casa» p. 23

La nonna e Sofia non hanno neppure timore di condividere tra di loro pensieri bizzarri o dolorosi, lasciando che la compagnia dell’altra accolga anche quei pensieri. Ci sono scontri e incomprensioni, capricci e paure, ma niente sembra essere un’obiezione ad un rapporto che cambia solo per essere più saldo.

«Aspetta un attimo, disse la nonna, molto agitata. Non ho ancora finito! Lo so che sono presente. Ho dovuto essere presente per tanto di quel tempo, e ho visto vissuto con tutte le mie forze è stato incredibile, te lo dico io» p. 85

Tutto rimane saldamente ancorato a ciò che accade, tutto serve a crescere: la paura è la paura della mareggiate, del vento, della notte trascorsa da sola in tenda al limitare del boschetto, il dolore è quello di una madre che manca, di un gatto che si vorrebbe in un modo ma che invece ha un carattere tutto suo, la frustrazione è idealizzare un’amica, amare è essere felice di potersi rifugiare nella stanza della nonna.

L’ultimo racconto che chiude questo libro dell’estate non è scelto a caso, come in realtà nessuno dei capitoli, e chiude il viaggio di Sofia e della sua nonna con la chiusura della casa e l’avvento dell’autunno.

Un romanzo inaspettato, ricco di parole, di avventure impensabili e di scorci inaspettati per gli occhi e le orecchie di un bambino italiano. Una lettura intensa per lettori autonomi oltre i 10 anni, ma che può essere una gustosa proposta per bambini svegli in lettura condivisa dai 9 anni.

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Il libro dell'estate, Tove Jansson 164 pagine Anno 2013 Prezzo 15,00€ ISBN 9788870910070 Editore Iperborea
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