Tomi Ungerer, Allumette, Camelozampa
È chiarissimo perché Tomi Ungerer dedichi Allumette a Hans Christian Andersen, i fratelli Grimm e Ew. Ambrose Bierce: la fiaba, il lieto fine e la rappresentazione grottesca si uniscono infatti in questo racconto illustrato dai toni crudi e dalla rappresentazione cupa, grottesca e impietosa. Tomi Ungerer racconta e riracconta la fiaba della piccola fiammiferaia, attualizzandola ed immaginandola ambientata nell’opulente modernità. Vilipesa e scacciata, questa smunta bambina sull’orlo della morte invoca il cielo affinché realizzi pochi suoi desideri: in quell’istante da cielo miriadi di oggetti e cibo di riversano in strada in risposta alla sua invocazione. Allumette però metterà a disposizione di tutti gli abietti, i poveri e i dimenticati tutto quel ben di Dio, in un circolo virtuoso che trasformerà quella tempesta in una sorta di ente di soccorso mondiale.
Il divario tra ricchi e poveri diventa una palese condanna sociale, la politica vuota e approfittatrice (se non addirittura causa di guerre e distruzione!) è ugualmente denigrata. Le immagini e le parole scelte sono crude, non fanno sconti e possono risultare disturbanti. Il contenuto di questa fiaba è una domanda diretta e per nulla nascosta che interpella gli adulti di oggi: riuscite a vedere gli Allumette di tutti i giorni?
Per adulti.