Chi mi conosce sa che io non amo molto i gatti: ho sempre avuto cani e faccio fatica ad entrare in sintonia con questi animali. Non è così invece per i poeti che, evidentemente, spesso ritrovano nei felini compagni fidati e quasi alterego.
Ho scoperto questa cosa affacciandomi alla raccolta felina di Chiara Carminati e poi approfondendo i miei studi sulla poesia per bambini e ragazzi.
Quello che mi si è parato davanti è un mondo di poeti e di autori innamorati dei propri gatti, ma, su tutti, l’autore che ha destato più la mia curiosità è stato Thomas Stearns Eliot che nel 1939 scrisse un’intera raccolta dedicata ai gatti, da cui, tra l’altro, è stato tratto il celeberrimo musical Cats.
Di Eliot ho letto molte cose e l’impressione che custodivo nel cuore era di versi pieni di solennità e lirismo, versi capaci di accompagnare in luoghi sontuosamente ritratti, in spazi quasi teatrali, attraversati da fasci di luce e da parole preziose e antiche… mi sono dunque avvicinata a questa raccolta, Il libro dei gatti tuttofare (il titolo originale è Old Possum’s book of practical cats) con una certa idea che è stata immediatamente smentita.
Eliot infatti, in questo caso, sulla scia della ricchissima tradizione poetica anglofona che gioca sul nonsense, tradizione di cui Lewis Carroll fu eminente voce (c’è anche una citazione non così celata proprio nella prima poesia di Eliot, quando si parla di cappellaio matto!) compone una raccolta di ritratti gatteschi splendida ed esilarante che unisce una ricchezza lessicale - in questo caso prevalentemente legata ai neologismi - e un umorismo spassoso e giocoso che si piega a raccontare, in forma poetica, vita e avventure di fantomatici, mitici gatti.
L’espediente narrativo si basa su una domanda fondamentale: è possibile dare un nome ai gatti? In effetti pare di no. I gatti sono talmente liberi e indipendenti che, sì, forse accettano che i loro servitori umani scelgano un appellativo per nominarli, ma essi rivendicano un’elusività e un’autonomia che pare li lasci libera anche da formalità come il nome, o no?
«Li avete visti al lavoro, gli avete visti giocare,
perfino il nome vi è ormai familiare,
e ne riconoscete usi e costumi:
ma con quali lumi
sapreste veramente definirmi un Gatto?
[…]
Così per rinfrescarvi la memoria,
dirò che solo un dato risponde a questo fatto:
Un cane è solo un cane, mentre UN GATTO È UN GATTO
[…]
È dunque per un Gatto del tutto naturale
essere fatto segno a un rispetto totale,
e soltanto col tempo capirete come
sia consentito chiamarlo per NOME.
Perché titìra e titèra
è l’unica maniera
per potersi RIVOLGERE A UN GATTO»
Dare un nome a un gatto, dunque, è una grande impresa, e infatti i nomi dei gatti ritratti in questa galleria - che danno il titolo ai diversi componimenti - determinano, nomen omen, perfettamente il destino di ciascuno, mostrandoci con arguzia che forse sono solo etichette umane apposte successivamente, più che veri e propri nomi.
Ci troviamo di fronte ad una raccolta di piccole esilaranti vite: c’è il gatto pirata (Sandogàtt), c’è la coppia di gatti clown (Gattatràc e Gattafascio), c’è il gatto ladro (Brunero il gatto del mistero), c’è il gatto vecchissimo (Deuteronomio), c’è il gatto che mette in riga le faide tra bande cittadine di cani (Gran Rompisgattolo), c’è il gattone viveur che si delizia con le migliori prelibatezze (Bustòforo Canossa), c’è il gatto che fa solo quello che vuole fare e che, rinomatamente, è il contrario di quello che si vorrebbe facesse (Tiremmolla)…
I testi in traduzione mantengono le rime, le assonanze e i giochi di parole, pur declinandoli nelle possibilità di un altro codice linguistico (leggete Prefazione e Nota alla traduzione!), lasciando a questi testi una scorrevolezza unica.
«Sempre più da vicino le sampane circondarono il vascello,
né dal nemico si udì scricchiolare un fuscello.
Sandogàtt e la Dama, in sicuro pericolo di morte,
gorgheggiavano l’ultimo duetto - perché, a farle corte,
il nemico era armato di lame e crudeli forchette da dessert.
Allora alle feroci orde mongoliche
Gilbert diede il segnale dell’attacco;
con spaventosa esplosione pirotecnica
i Cinesi sciamarono all’attracco.
Abbandonati remi, le giunche e le sampane,
chiusero i boccaporti sulla ciurma inane»
«Il suo modo di fare è vago e riservato,
tutti lo credono timido e un po’ imbambolato,
ma se sta acciambellato vicino al caminetto
ecco che la sua voce vi arriva dal tetto,
mentre se veramente passeggia sul tetto
ecco invece dormicchia vicino al caminetto
(o perlomeno tutti potranno giurare
di aver sentito qualcuno bofonchiare),
cosa che rappresenta la la prova inconfutabile
dei suoi poteri di mago inarrivabile»
Ciò che rende questi testi godibili e ricchi di humor è il fatto che riescano a unire una vena narrativa vivida, che sembra appartenere all’immaginazione, alla consapevolezza - sia di chi conosce i gatti, ma anche di chi li conosce di riflesso tramite la letteratura - che invece siamo di fronte a storie vere di gatti che realmente ancora oggi abitano nelle nostre case e che sfoggiano i medesimi comportamenti e le medesime adorabili detestabili manie. La mia frequentazione di letture gattesche mi mostra, ogni volta, che tutti gli stereotipi che normalmente associamo a questo animale si confermino senza eccezione...
Guasconi e sbruffoni, prepotenti e gradassi… ma come non amarli?
I testi poetici sono presenti, nell’edizione Bompiani, in doppia lingua, perché se la traduzione di Roberto Sanesi è perfetta, tuttavia sarebbe proprio un peccato perdersi la trama linguistica originale di Eliot.
Inoltre, ciò che arricchisce questa edizione - che vi consiglio, rispetto a quella più recente - sono i disegni di Edward Gorey che trovano una consonanza eccezionale con il tono e l’ironia dell’autore statunitense.
Abituati ai toni lugubri e macabri tipici di Gorey, fa sorridere scorgere tra queste pagine i volti sornioni dei gatti, soprattutto nel confronto serrato che i protagonisti felini hanno con la rappresentazione degli umani che mantengono invece un paludato e cupo atteggiamento, testimonianza palese di come la presenza felina sfugga anche alle regole della penna dell’artista statunitense.
Questa scelta stilistica di Gorey è, secondo me, un elemento che arricchisce in modo unico questa edizione e la rende davvero stupenda (non dimenticate che gli stessi sorrisi li trovate in Gattegoria…)
Una raccolta poetica ricca di parole, immagini e storie da leggere a bambini, ragazzi e adulti.