Se vi capitasse di incontrare Viola Giramondo su uno scaffale di una libreria, potreste cadere nell’inganno di pensarla un’(ennesima) novella Pippi. Nei suoi costumi eccentrici e nel contesto del circo, sembra quasi che non possa essere altrimenti: uno stereotipo di azione e sovvertimento, a cui la modernità è molto affezionata. Invece Viola colpisce perché, in barba ai carrozzoni, ai numeri del circo e alla vita vagabonda è una ragazza ricchissima di pensieri, ma non solo. Le storie di cui Viola è protagonista sono innanzitutto storie di domande e intuizioni che evolvono, attraverso quello che succede, e che trasformano la protagonista, donandole nuove consapevolezze. Un viaggio della crescita, per nulla stereotipato.
Raccolti in questo bel volume di Bao sono 3 racconti, indipendenti, che raccontano di questa bionda dalla riccia chioma, della sua mamma, l’amorevole donna cannone, del suo papà, l’esile e minuto domatore di insetti (nonché ex docente universitario), e di tutta la compagnia del circo che li accompagna, in uno sfavillante contesto ottocentesco, tra l’Europa, America ed Asia.
Nella prima avventura Viola rifletterà sul suo essere diversa, “tra le nuvole”… In una bella giornata di scuola, in una delle tante scuole frequentate in una delle tappe del peregrinare del circo, a Parigi, Viola viene accusata di non essere come le altre studentesse e questo le causa molto dolore. Chi sono io? Quello che si innesca da questo episodio, abbastanza comune nella tradizione letteraria dei “buoni selvaggi”, spinge Viola a pensare a sé, alla sua famiglia e alla sua vita poco convenzionale. Non pensate però di trovarvi in un viaggio della mente o di arrovellamento di pensiero, perché ogni risposta che Viola troverà, sarà sperimentata nella vita e nei piccoli e grandi accadimenti che si snodano nei coloratissimi fumetti. Questo episodio parigino farà incontrare a Viola nientemeno che Henri de Toulouse-Lautrec, imparerà a guardare con stupore ciò che la circonda, riuscirà a rendere reale il suo entusiasmo che si rivelerà quello che è: una passione e un affetto profondo per le persone che le vogliono bene.
«Mi chiamo Viola Vermeer: papà olandese, mamma francese… cittadina del mondo! La mia casa ha mille stanze…una per ogni luogo attraversato! […] La mia famiglia parla tutte le lingue… eppure a volte non abbiamo bisogno di aprir bocca per capirci: basta uno sguardo. Lavoriamo insieme per creare qualcosa di cui nessuno, da solo, sarebbe capace: mescoliamo con passione le nostre diversità e quel che ne esce è infinitamente meglio del mio o del tuo. […] Da qualche parte ho letto: “dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” Bé, il mio cuore è in questa grande famiglia di viaggiatori. Loro sono il mio tesoro»
Citazioni evangeliche, ma anche letterarie, da Kahlil Gibran a Dag Hammarskjold, si intrecciano in racconti semplici, ma profondamente significativi: le parole diventano esperienza nel vita di questa giovane ragazza.
Il secondo episodio ci porterà negli Stati Uniti: Viola farà i conti con un cavallo che non vuole farsi domare, la bellezza della musica che è in ogni dove e un fuggitivo, in cerca di libertà. Ospiti d’onore di questa storia Antonin Dvorák e la tradizione nativo americana. Per Viola sarà l’occasione di riflettere sul tempo “giusto” per ogni cosa, sul crescere delle amicizie e sul costruire con pazienza se stessi.
Ritorno a casa, l’ultimo racconto, è innervato di tristezza, perché accompagneremo Viola a lasciare andare il suo “nonno” del circo. Il viaggio metaforico e reale porterà la famiglia del circo di Viola indietro nella sua storia: nello spazio, nei pascoli himalayani lì dove nonno Tenzin si era unito alla compagnia, ma anche indietro nel tempo, a tutti gli episodi in cui l’amore, le sagge mani e il paziente silenzio di Tenzin avevano fatto la differenza. Viola fa i conti con l’attesa di una perdita, ma anche con l’eredità di chi muore, che significa ricordare e insegnare, accettare e non smettere di amare.
Chiude il volume un piccolo episodio tutto da ridere e una ricca parte di abbozzi e riflessioni iconografiche degli autori.
I fumetti hanno una struttura tradizionale uniforme e regolare che permette una lettura piana e semplice, lo stile di Stefano Turconi ha in sé qualcosa di rassicurante e allegro, contemporaneamente ricco e dettagliato. L’abbondanza di contenuti si declina in avventure colorate e in scorci studiati e affascinanti, senza che però le storie diventino complesse. I personaggi sono ben delineati sia a livello letterario che illustrativamente. C’è un clima positivo e felice che innerva queste pagine e una quantità significativa di pensieri e riflessioni che investiranno i lettori in modo tutt’altro che banale, ma per nulla verboso o didattico.
Un fumetto a capitoli molto interessante, per ragazzi pieni di domande e alla ricerca di risposte, dagli 8/9 anni.