Basta l’abbrivio del primo racconto per avere la cifra esatta della capacità di Sylvia Plath di immergere il lettore in un racconto.
«Dalla cucina della signora dei De’ Ciliegis arrivavano galleggiando nell’aria gli odori più stuzzicanti. Un giorno sentivi profumo di pollo fritto croccante con croccanti frittelle di mirtilli. Il giorno dopo il profumo del maiale arrosto ben rosolato si sposava all’aroma del pan di zenzero dolce e speziato. […] Un mattino, era di lunedì, il sole si affacciò alla finestra della cucina della signora Mirtilla Maggiolina e, tutto contento, disegnò sul lucente linoleum del pavimento un quadrato di luce giallo come un panetto di burro. […] “Pong!” esclamò a quel punto il Tostapane, e pieno di entusiasmo sparò fuori due fette di pane tostate e dorate […]. La signora Mirtilla Maggiolina spalmò sulla sua uno strato di rossa e dolce marmellata di fragole, il signor De’ Ciliegis un velo di biondo e dolce miele di trifoglio»
Plath incomincia chiamando a raccolta tutti i sensi: gli odori innanzitutto, attraverso il profumo dei piatti della cucina, poi la vista grazie sole che illumina le superfici, poi l’udito attraverso il tostapane…in un attimo siamo lì, nella cucina dei signori De’ Ciliegis.
In questo volume, edito da Mondadori, vengono raccolti due racconti di Sylvia Plath e una famosissima filastrocca in versi, A letto, bambini (The bed book) tutte frutto della traduzione di Bianca Pitzorno.
Questi tre piccoli “cammei”, unici nella produzione della poetessa statunitense, sono l’eredità che lasciò ai suoi due figli che non vide mai crescere, come racconta la figlia stessa nella prefazione del libro.
Aldilà tuttavia della storia biografica dell’autrice - comunque difficilmente dimenticabile - quello che incontriamo in questo libro è un commovente coinvolgimento della poetessa nel mondo dell’infanzia, raccontato in modo divertente, allegro, scanzonato, felice. Senza ombre.
Il primo racconto, intitolato Folletto in cucina, ci catapulta nella cucina della signora Mirtilla Maggiolina De’ Ciliegis e di suo marito e ci racconta della loro casa, di tutti i loro elettrodomestici e dei loro due Folletti domestici. Questi sfuggenti spiritelli che che si occupano di proteggere e far andare avanti felicemente la casa all’inizio «provvedevano a trasformare il siero di latte in burro e facevano in modo che, negli antichi forni, il pane cuocesse leggero e croccante», nella modernità questi folletti si occupano di provvedere che tutti gli elettrodomestici svolgano per bene il loro dovere e che in casa regni l’armonia, pur animandola loro stessi con un pizzico di effervescente bricconeria.
Capita anche a voi infatti di non ritrovare mai gli occhiali dove li avete posati? O di ricercare un libro che siete sicuri di aver infilato esattamente tra quei due tomi, sullo scaffale? Beh se capita anche a voi, considerate che potrebbe essere colpa proprio dei vostri folletti domestici!
In questa avventura gioiosa e gioconda la Plath ci racconta di una piccola rivoluzione che sta per accadere nella perfettissima e armoniosa casa della famiglia De’ Ciliegis.
Gli elettrodomestici, infatti, stufi di svolgere in modo ineccepibile il loro dovere desiderano misurarsi per una volta con qualcos’altro: la caffettiera non vede l’ora di mantenere freddo il gelato, il frullino aspira a riprodurre quelle pieghette magnifiche sulle camicie, il ferro da stiro è sicuro di riuscire a dorare le cialde meglio del forno, ma…
L’esito è un grandissimo disastro che nel mondo perfetto e piccolo borghese della coppia De’ Ciliegis assomiglia molto a una vera e propria apocalisse.
Saranno i due folletti domestici con il loro piglio, i loro spazzolini e i loro straccetti a ribaltare in men che non si dica la situazione, regalando a tutti, per pranzo, cialde croccanti e abbrustolite e gelato alla vaniglia perfettamente fresco.
A questo racconto domestico segue la gioia, a stento contenuta, del piccolo Max, protagonista del secondo racconto: Max e il vestito color zafferano.
Il racconto, seguendo una costruzione ripetitiva e cumulativa, vede al centro Max, ultimo di sette fratelli, che desidererebbe tantissimo un vestito come quelli che portano i grandi e un pacco anonimo e misterioso, contenente un bellissimo vestito di panno giallo.
«Un vestito da uomo nuovo di zecca, di lana morbida e pelosa, color giallo zafferano con tre bottoni dorati lucidi come specchi sul davanti, due bottoni dorati sul dorso, e un bottone dorato ai polsi (uno per polso)»
«“Troppo bello per me! Troppissimo bellissimo” disse Max»
Le parole della Plath fanno brillare e sprizzare da ogni poro la felicità di Max, ma con la discrezione unica che unisce le grandi gioie e i bambini piccoli.
Eppure anche di fronte a questa espressione così schietta e bella, smisurata del piccolo Max, il destino vuole che la taglia del vestito sia quella del papà.
Tuttavia, in una serie di eventi incatenati e di pensieri ricorrenti, il vestito passerà di padre in figlio e di figlio in figlio, riducendosi sempre di più.
Un vestito zafferano - pensano uno dopo l’altro i destinatari - si vede a caccia, si rovina sciando, sembra eccentrico in banca, non è comodo per andare sullo slittino, si impregna se piove, si sporca mentre si pesca…
«non era il caso di crearsi tanti problemi»
Beh, Max è il primo a non crederci, ma accorciato, sforbiciato e ripreso dalle sagge mani della mamma l’abito diventa della sua misura.
E la sua gioia è descritta con una commovente immagine che restituisce perfettamente la grazia viva della scrittura di questa poetessa:
«Dalla gioia Max si sarebbe messo a saltare come un canguro. Ma si trattenne. Se ne rimase fermo e zitto come un topolino, aspettando»
Max, a differenza di tutti i grandi che l’avevano preceduto, senza stare a chiedersi quali e quanti problemi gli avrebbe creato, si mise il vestito giallo zafferano per andare a scuola e poi lo tenne indosso mentre sciava, mentre andava in bicicletta sotto un acquazzone, mentre pescava, mentre si divertiva con lo slittino e mentre mungeva le mucche nella stalla.
Insomma «il suo bellissimo, nuovissimo, pelosissimo, lanosissimo, giallissimo, zafferanissimo vestito, non gli creava nessunissimo problema. Al contrario! Al contrarissimo»
Arriva infine The Bed book, una filastrocca inaspettata che racconta, cataloga e descrive tutti i letti possibili e immaginabili, letti su cui desidereremmo sdraiarci, letti esotici, letti che forniscono spuntini notturni, letti che si muovono…letti che non avremmo mai immaginato.
Insomma un catalogo infinito di lenzuola e giacigli che vi condurrà in un viaggio travolgente.
«Ci sono invece Letti-
Veramente-Speciali!
Niente a che fare col bianco lettino
tutto pulito, tutto ordinato,
con il lenzuolo ben rincalzato
e il lume acceso sul comodino»
Se tutto questo non bastasse, tre superbi illustratori danno vita a queste storie, donando alle parole un accento immaginifico perfettamente accordato: lo stile di Claudio Muñoz riproduce il calore piccolo borghese degli elettrodomestici anni ’50, le figurine sempre sorridenti della Berner occhieggiano perfette tra le pagine dedicate alla storia di Max, l’esuberante stile di Quentin Blake era l’unico stile possibile per dar vita a questo catalogo immaginifico e stupefacente di letti di ogni forma e foggia.
Un libro da avere, gioioso, felice. Un dono fatto a dei bambini molto amati e che oggi come ieri può ricreare la stessa struggente allegria.