Sophie Anderson si conferma una penna felicissima, capace di costruire mondi magici intrecciando il folklore, i miti e leggende in universi narrativi complessi, ma tratteggiati nei minimi dettagli.
Ad aprire il suo ultimo romanzo, Il castello incantato di Olia, una citazione di Aleksandr Puškin che descrive la esattamente la parabola dell’avventura di Olia:
«Sì densa e buia è la foresta,
dov’io, acceso dei sogni giovanili,
pieno di brama di speranza
chiamo a raccolta e invoco gli spiriti…»
Quella che si erge dalle pagine dall’autrice gallese è un universo al cui centro c’è Castel Mila, un castello che ha qualcosa di orientale nelle sue cupole a forma di cipolla e nei colori dorati delle tegole, un castello immenso che la famiglia che lo abita, piccola e decaduta, lo conosce e lo vive solo in una minima parte, condividendo i grandi spazi con il piccolo paese che vi sorge accanto e cercando ogni giorno si scoprire nuove stanze e passaggi.
Olia, diminutivo di Magnolia, è la primogenita di questa famiglia composta da Mama, Papa nonna Babusya e la piccola Rosa, appena nata.
La storia si profuma immediatamente di cibo e la tradizione russa e nordica si riversa nella piccola cucina, cuore del castello:
«[il papà ndr.] sta friggendo quelli che dal profumo sembrerebbero grenki - fette di pane e uova - sull’enorme stufa di ceramica, e la mia mamma dai capelli rossi[, che] sta versando il caffè da un pentolino di rame con il manico lungo»
I profumi e i colori si intrecciano e il lettore si trova immediatamente circondato dalla campagna intorno a Castel Mila.
Compagna e grande confidente di Olia è la sua nonna Babusya ed è proprio quest’ultima a portare nella storia la componente magica, o meglio, è la nonna, con i suoi occhi vividi e allenati a riconoscere come la magia sia ovunque.
«Babusya odora lievemente dei luoghi nascosti del castello - di legno di pino caldo, polvere e vecchi libri - ma anche di qualcosa di molto più antico, come le pietre cotte dal sole e la terra riarsa e screpolata»
«Le cupole sono piene della magia che vi è stata rinchiusa per tenerla lontana dal mondo, e ogni anno brillano di più perché la magia sta cercando di sfuggire»
La creazione del pathos segue questo filo, inizialmente esile, che si fa sempre più vigoroso, pagina dopo pagina.
«Il tuo cuore conosce la verità. […] Il tempo sta per scadere, Olia. Se la porta non viene aperta al più presto, la magia troverà da sola la strada per uscire. E questo sarebbe un male, comunque lo si guardi»
Questa maledizione, a cui la nonna accenna ogni tanto, diventa piano piano realtà nel manifestarsi improvviso e inaspettato di misteriose tempeste che scuotono Castel Mila, ghermendolo con violenza.
È una brezza che diventa vento, lo stesso vento che Olia sente accarezzarla come un formicolio di eccitazione e che le fa intuire che tutte le storie, raccontate intorno alla stufa dalla nonna, forse non sono poi così lontane dall’essere vere.
La magia di cui parliamo è una magia emanata dagli oggetti, dalla vita stessa che anima il mondo naturale ma anche il mondo delle solite cose, dei muri di casa, delle tazzine sbeccate e delle toppe nei vestiti. Una magia che possiamo definire domestica, della domus-casa: come i lari custodivano le case romane così Castel Mila è protetta da uno spirito dal volto volpino, un domovoi.
Un senso di decadenza emana dalle descrizioni dei luoghi e delle stanza, un’usura venata di magia, come le crepe di un asse di legno attraverso cui il brillio e la magia si emanano. Non qualcosa di esterno agli oggetti, ma è propriamente l’anima adorata che danza come spirito dentro tutte le cose.
Ed ecco che proprio nel culmine dello scatenarsi della tempesta Olia finalmente vedrà e attraverso la compagnia di diversi spiriti amici e custodi attraverserà il velo dell’altro mondo per attraversare quattro regni e cercare di salvare la propria casa.
Il consiglio per intraprendere questo viaggio con saggezza è uno solo ed è elargito della nonna Babusya:
«Ricordati di guardare le cose da ogni angolatura, di vedere con il cuore e di credere in te stessa»
Il viaggio di Olia diventa un viaggio che porterà questa ragazza a riflettere sul significato della parola casa, una missione di salvataggio che nasce per salvare quelle mura tanto amate, ma che si trasformerà in un viaggio di consapevolezza che permetterà a questa ragazza di capire che cos’è una casa.
Durante il viaggio, alla nostra eroina non verrà risparmiato nulla, soprattutto dovrà fare i conti con la fatica di capire cosa significhi guardare una situazione da diversi punti di vista. La complessità di questa posizione si riverbera un intreccio narrativo che ci conduce a cercare la verità tra vite e vissuti diversi, uno per ogni personaggio.
Non viene levato ad Olia neppure lo scandalo della propria fragilità e della propria debolezza: più volte esprimerà la propria incertezza nell’essere catapultata e destinata a combattere qualcosa di grandissimo, mentre lei stessa non ha mai nemmeno preso un’arma in mano, ad esempio.
E infine Olia guarderà in faccia la possibilità di sbagliare e sbaglierà clamorosamente, mettendo a repentaglio la riuscita della missione.
Eppure, se non ci si muove non si sbaglia, ed è a partire da questa certezza che Olia penserà ad un suo cambiamento di posizione che si trasformerà in una nuova possibilità, sebbene con un volto completamente diverso.
Quello che sembrava il nemico in realtà si rivelerà uno dei maggiori alleati e, alla fine, Olia riuscirà a salvare la sua casa, anche se il concetto di “casa” sarà completamente mutato rispetto all’inizio.
«Ora so che non è l’edificio che conta, sono le persone…Casa mia è ovunque si trovino alla mia famiglia i miei amici, io non mi sto perdendo…E poi c’è un’ottima ragione per cui il castello deve crollare»
La scrittura di questa autrice è esuberante: è come se la storia vivesse di una vita propria. Significativo è il fatto che nell’attraversare quattro regni diversi Olia incontri numerose creature per le quali ci sarà poco spazio nella trama narrativa ma che intuiamo - appunto - essere pensati minuziosamente.
«Vedremo molti spiriti magici in questa terra e non avremo il tempo di fermarci a discutere di tutti, se vogliamo salvare il castello»
Anche i singoli passaggi narrativi sono impregnati di immagini efficaci e suggestive:
«La speranza che possa aiutarci sorge e turbina dentro di me come semi di soffione nell’aria»
Un romanzo travolgente, bello, significativo, denso di immagini, ricco di suggestioni . Dai 10 anni in su.