Quando si intraprende la strada dell’adozione internazionale, si compila una lista di disponibilità sanitarie perché i bambini sono tutti “special needs”. Un termine ‘bambini con bisogni speciali’ che mi fatto sempre sorridere, perché nella mia esperienza ogni bambino ha bisogni speciali, anche se arriva tra le braccia di genitori amorosi nello splendore della sua perfezione. E dico questo perché il rischio di etichettare Prima che sia notte di Silvia Vecchini come la storia di una disabilità è una tentazione molto svilente per questo romanzo, un prosimetro in realtà, vivido e intenso che dà voce alla fratellanza con la schiettezza e il rispetto che l’autrice mostra sempre nell’accostarsi ai ragazzi. Ve lo dico subito: non regalate questo libro a ragazzi che hanno fratelli o sorelle disabili, regalatelo a chi ha un fratello o una sorella che ama, perché le avventure e le sfide della vita accadono in tutte le famiglie, non tiratevene fuori.
Arriviamo dunque al libro. Prima che sia notte, appunto, è un prosimetro, ovvero una narrazione che alterna prosa e poesia: nella parte in prosa un narratore esterno racconta la vicenda focalizzando l’attenzione su uno o un altro dei protagonisti della storia (l’amico, la bidella, il commesso, il papà…), nella parte in poesia Emma, la figlia-sorella esprime con doloroso e vigoroso impeto tutti i sommovimenti di felicità e dolore che la vita le dona.
Al centro c’è Emma che ha un fratello, Carlo, un fratello con tanti “bisogni speciali”, ma soprattutto c’è Emma. Questo vuol dire che al centro non c’è - lo ripeto - la disabilità di suo fratello ma l’amore di Emma per la vita, per i suoi genitori, per suo fratello e tutti i pensieri che fioriscono nell’animo di questa ragazzine che vive la sua vita: c’è l’amore, le prime cotte, la rabbia, il dolore, la preoccupazione, la consapevolezza di poter essere incompresa e ferita, i tradimenti, le redenzioni.
Il breve tratto che percorriamo nella vita di Emma è un tratto cruciale e doloroso: suo fratello Carlo è sordo e quasi cieco e in quei giorni si teme che stia perdendo completamente la vista, diventando completamente cieco. Il suo linguaggio, la LIS (lingua dei segni italiana), sembra perdersi nei meandri di questa cecità, rendendolo incapace di comunicare.
Emma racconta tutta la sua rabbia, la sua preoccupazione, la sua non comprensione della situazione e contemporaneamente testimonia un amore naturale - come non potrebbe essere così! - per un fratello, che non è altro che un fratello.
«Perché alla fine anche quest’anno
la notizia è arrivata
la scuola per Carlo
sarà chiusa
non c’è nessun maestro
in grado di
parlare
pensare
fare
inventare
imparare
stare con
lui»
«L’aereo attraversa di nuovo il mare
povero fratello
non sai neppure d volare
non abbiamo modo di dirtelo
(forse lo immagini)
ti devi
fidare»
Il dolore che si coglie in alcune di queste pagine è un dolore viscerale, di quello che la finzione narrativa non può attenuare, perché in fondo comprendiamo in modo cristallino che le vicende narrate non sono semplicemente frutto dell’invenzione dell’autrice. Tutta la lotta della famiglia di Emma è verissima e dolorosa, ma anche in questa sterile e frustrante ottusità delle circostanze che, a volte (tante volte!), sembrano ignorare la ricchezza della diversità e dell’unicità degli individui, anche in questa situazione splendono fulgidi accadimenti che testimoniano indiscutibilmente che esiste un destino buono per tutti.
Non un “andrà tutto bene” teorico, ma la palese manifestazione che l’amore reale cambia il volto delle cose, anche quelle nere che sembrano inghiottire tutto.
«È stato il compleanno
del mio amico
gli ho regalato un braccialetto
preso al mercatino
mi sembrava carino
era solo un filo
e c’era un’àncora
mi sembrava adatto ad un pirata
mi sembrava ora
di dirgli grazie
e
ancora»
Il viaggio attraverso il travaglio e il nero (anche delle pagine), attraverso il silenzio, l’attesa e la pazienza, attraverso le domande e la speranza è necessario e duro, ma poi arriva un maestro, sordo pure lui, insomma un maestro pieno di bisogni speciali, e tutto viene investito da questa “specialità”.
«Caro dio
grazie di tutto
soprattutto per Carlo»
La scelta di dar voce ad una bambina, ad una sorella fa sì che la storia perda tutto il tono buonista e accomodante che alcune voci adulte mostrano di avere su temi delicati e lancia con forza una provocazione interessante ai giovani lettori sul rapporto passionale che la fratellanza istituisce.
Chi ringrazia davvero per i fratelli che ha accanto?
Un romanzo che celebra i fratelli quelli veri, quelli tosti, quelli speciali. Dai 10 anni.