Alla fine del mio corso di formazione dedicato alla scoperta della poesia “per bambini”, mi soffermo sull’argomento della poesia a scuola, ragionando sui libri che possono accompagnare in una prassi di scrittura della poesia in classe. Sulla necessità di uno spazio “obbligatorio” di scrittura poetica in classe ho molti pensieri e anche qualche perplessità, perché per me la poesia non deve essere ridotta ad un’altra modalità di scrivere testi, ma deve essere offerta come una possibilità.
Infatti un libro che ritengo perfetto per raccontare la poesia in classe è un albo illustrato firmato da Silvia Vecchini e intitolato E invece di volare via.
Questo libro, denso di testo tra prosa e poesia, è quasi un prosimetro e racconta la storia di una bambina che, in particolari circostanze, prende letteralmente il volo.
«La prima volta andò così. Stava tornando a casa quando sulla strada improvvisamente non ci fu nessun altro se non lei. […] Nessuno davanti, nessuno dietro, nessuno a fianco. Sentì il rumore dei suoi passi sulla ghiaia e il ticchettio della fibbia slacciata del sandalo e un poco di vento soffiò tra i pioppi.
E le foglie divennero centomila farfalle
e dagli alberi piovvero piume bianche
e la neve turbinò in primavera
e nel petto sentì arrivare una piena
ma senza aver visto il fiume.
[…] le si staccarono i piedi da terra. Si sollevò»
Da quell’istante ogni momento fortemente emotivo, ogni momento bello, ogni momento semplicemente unico la solleva da terra, per un attimo o un po’ di più. È capitato mentre nuotava nel lago, quando è stata velocemente sfiorata da luccio lucente: un istante solo, eppure la sorpresa e lo stupore sono stati tali che ha preso il volo, sollevandosi sulla superficie dell’acqua, su, su. Chissà cosa sarebbe accaduto, se non fosse stata legata al barchino del papà con una cordicella!
È capitato anche quella volta che avevano raccolto un uccellino piccolissimo, caduto dal nido, la bambina e la sua amica avevano provato a nutrirlo, ma il piccino non ce l’aveva fatta. Che mistero la morte! O anche quella volta che aveva trovato una lettera proprio scritta per lei ed era entrata in casa dalla finestra o ancora quella notte, con il suo amico, quando per la prima volta avevano osservato le stelle con il telescopio.
Quando questo accade, il testo è come se si interrompesse: la prosa descrittiva in terza persona lascia spazio a dei versi che immaginiamo nascere nell’animo di questa bambina, anzi forse proprio in quello spazio che si crea tra i piedi della bambina e il suolo!
Poi i piedi riconquistano la terra e la storia riprende, lì dove si era fermata.
«Ridiscese soltanto quando fu il turno del suo amico, e mentre lui guardava, lei sedette come sfinita e sentì l’erba umida del prato la terra sotto di lei. Ed era grata alla terra e al cielo alla stessa maniera»
Accade però che un giorno, mentre è seduta al suo banco, la maestra legge «una pagina che era diversa dalle altre perché finì subito. Aveva qualcosa in più qualcosa in meno delle storie che la maestra leggeva ad alta voce. Era breve, aveva parole scelte e suoni che dentro si chiamavano l’un l’altro»
E proprio lì, in quel preciso momento, accade che di nuovo la bambina prende il volo, questa volta però davanti agli occhi attoniti dei suoi compagni spaventati e scandalizzati: si può prendere il volo dentro una classe, a scuola?
La bambina è sconvolta, spaventata, lei stessa non riesce o non ricorda più come si fa a scendere ed è allora che la sua maestra chiude quel libro strambo che stava leggendo, un libro di poesie, sale sulla sedia e cerca di raggiungerla, ma non ci arriva. Allora ridiscende, prende una matita, risale sul banco e si allunga tutta di nuovo ed è allora che la matita fa da ponte tra quella bambina su nel cielo e la maestra con i piedi ben piantati in classe.
Ridiscesa a terra, la maestra si accosta alla bambina e le sussurra all’«orecchio la parola magica che insieme la liberò dall’incantesimo e ne fece uno più grande».
Sì perché quella matita permette alla piccola protagonista di guardare a quel mondo nuovo, quello che vedeva mentre si alzava in volo, e di intrecciarlo alla terra, alla carta, alla vita attraverso quell’oggetto magico chiamato matita, chiamata parola: la poesia dà a questa bambina una nuova possibilità, quella di continuare a volare, rimanendo con i piedi ben saldi a terra e trasformando il suo dono solitario in un dono per tutti.
La poesia, dunque, come possibilità, una possibilità offerta ai bambini e ai ragazzi, non un esercizio di scrittura, non l’ennesimo esercizio su cui misurarsi, ma una possibilità, magari anche solo da accogliere attraverso l’ascolto di qualcun altro.
Le illustrazioni di Beatrice Bandiera sono impregnate di luce e sogno, eppure animate da un realismo paesaggistico e naturale toccante, che rende la protagonista parte della natura, da cui si lascia profondamente sfiorare. Le immagini ci fanno intuire quale travaso onirico e magico avvenga in attimi speciali in cui l’occhio si intreccia all’accadente. Che bello il cielo del frontespizio!
Invece di volare via, stai qui con noi!