L’enciclopedia del meraviglioso è un progetto francese, che ha coinvolto Benjamin Lacombe e che si è inaugurato con due volumi meravigliosi dedicati alle fate e alle streghe, ma che in realtà continua un piano editoriale e di riflessione che ha già toccato, per altri progetti, la tradizione folkloristica degli spiriti giapponesi e delle fiabe più note.
La collana sceglie di affidare la narrazione a Sébastien Perez e Cécile Roumiguière e le illustrazioni, magnifiche, a Bluebirdy e Benjamiin Lacombe che costruiscono la presentazione delle diverse protagoniste, streghe e fate.
L’idea è quella non tanto di allettare il pubblico più piccolo con descrizioni e costruzioni immaginifiche di luoghi, vestiti, abitudini… quanto piuttosto ricostruire una storia di fonti letterarie, folkloristiche e culturali per intessere una ideale galleria di volti che appartengono allo stesso personaggio.
In entrambi casi, ad aprire la carrellata di presentazioni, c’è una cornice narrativa con un personaggio femminile, nel caso delle streghe, e un personaggio maschile, nel caso delle fate, che aggancia idealmente le storie che stanno per essere narrate al mondo reale del lettore, ribadendo con forza il legame tra il naturale e il sovrannaturale.
I due albi sono divisi in sezioni che raccolgono sotto specifiche etichette diversi esempi e personaggi esemplificativi, scelti tra le diverse culture: fate degli elementi, fate del destino, fate innamorate, fate vendicatrici, fate protettrici, fate malefiche, fate della follia… e poi streghe delle origini, streghe seduttrici, streghe guaritrici, streghe indovine, streghe tra due mondi…
Fate malefiche: Aisha Kandisha (Marocco), Le sluagh (Irlanda), Le marte (Alta vienne, Francia), Le teugghia (Valle d’Aosta, Italia), Le meigas (Galizia, Spagna).
Una coppia di libri, quindi, prettamente al femminile e che fa sembrare i due volumi, per l’impaginazione e lo stile illustrativo, anche se opera di due artisti diversi, molto simili quasi gemelli, anche se io ho trovato i due temi molto lontani tra di loro.
Sebbene infatti l’impostazione e l’architettura narrativa siano speculari e da un certo punto di vista mostrino entrambi, come un Giano bifronte, i diversi aspetti delle donne che forse vogliamo contrapposti, ma che in realtà appartengono alla stessa figura (morte e vita, cura e veleno, accudimento e vendetta..), le protagoniste sono ontologicamente molto differenti.
Il tema delle streghe infatti affonda le sue radici in una storia reale, su cui è difficile sorvolare e che è complesso intrecciare al “meraviglioso”, mentre le fate non hanno naturalmente un background storico così vivido e dettagliato che permette una narrazioni più uniforme.
Questa sottile ma determinante differenza, secondo me, rende molto più efficace il volume sulle fate che riesce ad essere esaustivo nel narrare le diverse protagoniste delle diverse culture e forse un po’ meno efficace il volume sulle streghe che deve fare i conti con una situazione storica che deve trattare, pur con una impostazione molto lontana da quella storica.
«Altre fate della morte. Le Rusalke (Paesi Slavi). Le rusallke lasciano i loro palazzi di cristallo in fondo ai laghi solo alla fine della primavera. Allora si sparpagliano per boschi e campi alla ricerca dei doni offerti dai contadini. Se qualcuno omette di compiere quel rituale, le rusalke lo acciuffano e lo solleticano finché nn muore per il troppo ridere in preda a spaventose convulsioni. A meno che il malcapitato non abbia su di sé un po’ d’assenzio, capace di tenere lontane queste temibili creature»
«Curare, un mestiere da streghe. Streghe e fantasma (Scozia) Scozia, XIV secolo: Agnes Sampson è una levatrice e guaritrice rispettata. Quando il re Giacomo I scatena una caccia alle streghe, Agnes viene accusata e torturata; le rasano i capelli e le stringono dentro la bocca una briglia di ferro con quattro spuntoni acuminati. Al re, che la interroga personalmente, finisce per confessare qualsiasi colpa le venga attribuita. Muore strangolata e arsa sul rogo del 1591. Secondo la leggenda, il suo fantasma erra nudo ancora per le sale del palazzo di Holyrood»
I due albi che sono da considerarsi “da collezione” meritano entrambi, anche solo per la ricchezza illustrativa dei due artisti che, con accenti diversi ma ugualmente interessanti, alternano ritratti minuziosi e affascinanti carichi di sguardi e sottintesi densi, che rendono reali le singole figure, a tavole che richiedono dove si raccontano gli attributi o dettagli come capigliature o animali da compagnia.
Donne libere, donne vive, donne oltre tutti gli schemi...
Ho acquistato il libro delle streghe. Molto bello e le illustrazioni fantastiche. Peccato per il paragrafo di Greta Thumberg che non ci azzecca nulla… Paragonarla ad una strega è un offesa alle streghe…