*Resoconto a cura di Sara Furiassi.
Venerdì 28 ottobre alle 21 si è tenuto on line il secondo incontro di Scoprirsi Bambini. Il bellissimo tema consegnato alle partecipanti è stato dedicato alle “domande”. L’argomento, così sfidante e ricco di potenzialità riflessive, è stato inizialmente presentato dalla padrona di casa, Maria, che ha condotto il gruppo attraverso i passaggi della sua elaborazione: Maria ha infatti svelato che, sebbene dapprima fosse partita con un’idea ben precisa sullo sviluppo del suo percorso, è infine approdata a un altrove originale e inedito.
In prima istanza, infatti, ha individuato libri che o contenessero una domanda già nel titolo (G. Stella, Cosa ci sta in ventuno per ventotto centimetri?, ed. Margherita), oppure in cui la domanda fosse la soluzione narrativa scelta dall’autore, come nel caso de Il libro dei perché di G. Rodari o I perché - le risposte alle lettere dei bambini sul “Corriere dei Piccoli” di D. Buzzati. In effetti, come ha mostrato Maria, la modalità della domanda stimolo a cui segue la spiegazione è tipica di tutto il filone dei libri divulgativi, soprattutto di approccio scientifico.
Per esempio, in Che cos’è un fiume (M. Vaicenaviciene, ed. Topipittori), la domanda non solo entra nella storia, ma crea un gioco con il bambino protagonista e con il bambino lettore. Lo stesso si può dire per Meraviglioso (W. Gay, ed. Lapis) in cui le domande -chi corre fra le palme? Chi è che nuota fra le onde?- non hanno per niente una risposta scontata, ma consentono al bambino di prendersi la scena e attirare l’attenzione su di sé.
A maggior ragione ciò si può vedere in Che cos’è l’amore (M. Barnett e C. Ellis, ed. Terre di Mezzo), dove la domanda entra nel testo ed è pronunciata proprio dal bambino che indaga incontrando varie persone alla ricerca di una soddisfacente definizione del sentimento. Ci sono poi i libri che fanno domande più o meno esplicite e sollecitano il lettore a trovare le sue risposte, dopo però che l’autore stesso ne ha già fornita una: è il caso di Che cos’è la scuola (L. Tortolini – M. Somà, ed. Terre di Mezzo) e Che bello! (A. Capetti, ed. Topipittori). Poi ci sono libri che hanno solo domande ma non risposte: ecco che qua si apre il mondo delle possibilità che il lettore è incoraggiato a percorrere senza paura; Che cosa diventeremo? Riflessioni intorno alla natura (A. Damm, ed. Orecchio acerbo) invita chi lo legge a non fermarsi di fronte ai seppur curiosi quesiti proposti – I sassi si ricordano la propria storia? – e, insieme a Si può svuotare una pozzanghera? (K. Stangl, ed. Topipittori), motiva ad andare oltre, a non fermare il flusso dell’indagine. Infine, ecco le due proposte scelte da Maria e presentate al gruppo: La famiglia Lista (J. Sardà – K. MacLearche, ed. Rizzoli) come dice il titolo, racconta di una famiglia dedita pedissequamente alla stesura puntuale e dettagliata di liste di ogni tipo; la svolta avviene con l’arrivo di un misterioso visitatore con cui Edward, il più giovane, instaura fin da subito un vivace dialogo intessuto di curiosissime domande (La luna e il cielo sono di qualcuno? Perché non sono mancino?).
Ecco che questo atteggiamento, innescato dal porsi domande, consente al ragazzo di superare i limiti imposti dalla rigidità delle liste e aprirsi invece alla categoria del possibile, alla dimensione del “potrebbe sempre succedere qualcosa di non previsto”. Perché sì di Mac Barnett e Isabelle Arsenault invece racconta di un meraviglioso scambio di battute fra padre e figlia nel momento critico serale quando la bambina cerca in tutti i modi di allungare il tempo condiviso prima di essere costretta a rimanere sola nella sua stanza per riposare. Le domande incalzanti (perché il mare è blu? Che cos’è la pioggia? Perché le foglie cambiano colore?) mettono in moto le risposte del paziente genitore che, per soddisfare la figlia, si sviluppano in storie che arrivano dritte al cuore per fantasia e dolcezza.
Elisabetta condivide invece con il gruppo due specialissimi albi: il primo è L’omino e Dio (K. Crowther, ed. Topipittori), durante il quale il lettore assiste a uno scambio reciproco di domande fra i due personaggi (da “Come te lo immagini Dio” a “Che cos’è una frittata”) e, guidato anche dal sapiente uso dei colori (i colori seppia, l’alone arancione che circonda Dio e che alla fine passa al personaggio) entra in una dimensione che Elisabetta definisce ‘spirituale’; è un albo fatto di domande, ma che lancia e lascia anche molte domande aperte. La seconda proposta è Ciao Sasso (G. Caliceti – N. Vola, Corraini Ed.), un libro che è un’ottima sintesi tra un testo di genere ironico che non disdegna anche alcuni argomenti che tendono all’assurdo, e uno di genere più propriamente divulgativo. La protagonista in questo caso è una bambina che tempesta di domande un sasso un po' scorbutico che però non viene meno al suo compito. In questo, come nell’esempio precedente, si evidenza il ruolo fondamentale dell’interlocutore, di colui che accoglie i dubbi e i quesiti e cerca in qualche modo di rispondere o indirizzare comunque la ricerca.
A cosa serve? (J. M. Vieira Mendes – M. Matosoè, ed. Topipittori) il primo albo di Luisa, un libro ‘filosofico’, traduzione dal portoghese di un testo nato successivamente ai lavori di una conferenza tenutasi a Lisbona dal tema “A cosa serve la cultura?”. Infatti, tutto l’impianto del libro ruota attorno alla domanda “a cosa serve chiedersi a cosa serve?”. La riflessione verte inizialmente sul concetto che se un oggetto ha una sua funzione specifica, cioè una sua utilità, questa è la dimostrazione della sua esistenza. Ma alla prima domanda, che non dà una risposta soddisfacente e convincente, se ne sovrappone poi un’altra, più penetrante, che fa tirare quindi un sospiro di sollievo: il ‘cosa serve?’ si evolve in un ‘che cos’è?’, e allora ecco che alla fine risulta chiaro che una cosa non ha diritto all’esistenza solo se serve, ma in virtù di quello che è. L’esempio lampante è il tramonto, che svincolandosi dal dover rendere conto di una spiccia utilità, con la sua bellezza maestosa non lascia dubbi sulla sua esistenza. Invece Come? Cosa? (F. Negrin, ed. Orecchio acerbo) è un libro che la domanda la contiene già nel titolo e la sviluppa attraverso la dinamica del gioco; si rifà alla modalità del telefono senza fili e agli equivoci che si possono da lì generare: inizia con uno scambio tra marito e moglie, in cui quest’ultima chiede a lui cosa vuole per cena; la risposta “purè di patate” è recepita come “due grandi fittate” e da lì parte tutta una sequenza di equivoci che ha come costante spettatore un bambino, che compare di sequenza in sequenza. Il bambino, per certi versi simile all’Edward presentato da Maria, sempre più sconfortato, alla fine del racconto arriva a chiarirsi che tra lui e il mondo degli adulti c’è un abisso; i bambini colgono il significato che c’è dietro agli eventi, i grandi invece non ne sono capaci.
Chiara propone al gruppo la lettura de Il miracolo degli orsi (W. Erlbruch, ed. E/O); è una storia molto delicata, incentrata su una delle domande esistenziali che fanno muovere la vita affrontata dal punto di vista, per così dire, maschile. Si racconta infatti il percorso intrapreso da un orso alla ricerca della risposta alla sua domanda: qualcuno sa dirmi come avere un cucciolo? Coniglio, Gazza, Cicogna gli danno dei consigli, è vero, ma l’orso avverte che non sono del tutto utili al suo scopo. Troverà finalmente esaudito il suo desiderio attraverso l’incontro con un’orsa, con la quale tutto diventerà chiaro e, in ultimo, raggiungibile.
Il secondo testo che Chiara illustra è Perché? (N. Popov, ed. Nord Sud), che contiene nel titolo la domanda per antonomasia, che però sottende un completamento: perché la guerra? Il protagonista è un ranocchio che inizialmente vediamo con un fiore, un fiore comune, senza alcuna caratteristica particolare, che chiunque potrebbe facilmente trovare in un prato. Nonostante questo il topolino lo ruba e da quel momento, nonostante poi il fiore smetta di essere il vero e proprio oggetto del contendere, si assiste a una distruzione totale da entrambe le parti. Interessante, come fa notare Chiara, leggere questa storia alla luce delle informazioni biografiche sull’autore: egli era un illustratore e artista russo, vissuto durante la Seconda guerra mondiale; ecco perché ha usato la sua arte per mostrare ai bambini l’insensatezza della guerra, affinché loro diventino portatori di pace. La riflessione di Chiara dunque si chiude con l’idea che il farsi le giuste domande, aiuta anche a darsi la direzione giusta da intraprendere.
Federica propone in prima battuta un albo veramente particolare: Questa è la poesia che guarisce i pesci (J.P. Simeon, ed. Lapis). Il protagonista della storia è qui un bambino di nome Arturo che deve in tutti i modi salvare il suo pesce Leon che sta per morire; il suggerimento della madre è di regalare al povero pesciolino una poesia. Ecco che si presenta la domanda-motore della vicenda: una poesia? Arturo non sa che cos’è e si mette a cercare la risposta, prima in casa (agli spaghetti, allo straccio, alla polvere) poi fuori (al venditore di biciclette, alla panettiera, a Mahmoud che viene dal deserto), poi di nuovo in casa (al canarino, alla nonna, al nonno). In questo caso quindi la domanda innesca la ricerca, non lascia indifferenti, sollecita una risposta, anche se non sempre univoca, non certo scontata.
Cosa sanno le nuvole? Un viaggio per scoprire insieme che tempo fa (P. Sottocorona, ed. Feltrinelli) è l’altra proposta di Federica, che ha ragionato sul perché talvolta (spesso) le domande dei bambini mandino in crisi gli adulti a cui tali domande sono rivolte. Questa è la storia del viaggio di nonno Paolo e di sua nipote Artemisia, durante il quale la bambina pone all’uomo numerose domande legate alla meteorologia. Il nonno non si sottrae, anzi, ma va oltre le mere spiegazioni fisiche e matematiche dei vari fenomeni, ci aggiunge altro, un po' di arte se così si può dire, per rendere comprensibile anche il più astruso dei concetti. Questa è la risposta alla domanda iniziale di Federica: le domande del bambino hanno bisogno di risposte che si modulino sulla visione del mondo del bambino stesso, attingendo quindi linguaggio e immagini alla sfera del conosciuto, rassicurante e comprensibile.
Sara invece mostra al gruppo due albi molto diversi fra loro. Il primo è lo spassosissimo Hai visto la mia coda? (A. Liot, ed. Minibombo), nel quale una tartaruga e un cane, visti sempre, pagina dopo pagina, solo di profilo e solo in primo piano, l’una di fronte all’altro, sono gli unici personaggi della storia. La domanda, posta già nel titolo, innesca un esilarante scambio di battute fra i due, che si concluderà in modo divertente e inaspettato. Il secondo albo è Chiedimi cosa mi piace (S. Lee – B. Warner, ed. Terre di Mezzo). Durante il testo si trovano numerose domande che un padre e una figlia si scambiano reciprocamente perché entrambi mossi dalla curiosità di conoscere l’altro e, anche, dal desiderio di farsi conoscere. Bello osservare che la domanda, la domanda che scopre e che ci fa scoprire all’altro, trova facilità di espressione preferibilmente in un contesto di serenità e di fiducia, in cui non si ha paura del giudizio e si ripone una grande speranza nell’onestà di coloro che rispondono.
A che pensi? e Cric Croc (A. Crahay, ed. Lapis) sono le due bellissime proposte dell’altra Federica del gruppo; il primo è un albo in cui la domanda, che è rivolta al lettore, trova anche una risposta esplicitata dal testo nella pagina di sinistra: Annetta ha desideri zuccherati; sulla pagina di destra si trova il disegno di Annetta, a mezzo busto; in corrispondenza del volto, si apre una finestra che fa vedere ciò che pensa in effetti il personaggio: i capelli della ragazza si sono trasformati in un delizioso cupcake. Interessante vedere che, anche in questo caso, alla medesima domanda si può rispondere in molteplici e differenti modi. Cric Crok è una piccola storia da leccarsi i baffi, come recita l’integrazione del titolo; ed è proprio così: a partire da Cappuccetto Rosso che chiede chi abbia mangiato la sua mela, la vicenda si sviluppa per accumulo di personaggi (coniglio, topolino, orso, maialino, lupo) e domande, fino all’esito finale che tutti si aspettano ma che nessuno pensa che accadrà davvero. Ecco, in questo caso, la domanda è proprio il felice espediente per tenere ancorato fino in fondo il piccolo lettore alla narrazione.
Le scelte di Clara, motivate da una riflessione sul senso delle domande e sulla constatazione che i bambini vivono di domande, perché proiettati verso la scoperta e quindi verso il futuro, sono Quando sarò grande (A. Desbordes, P. Martin, ed. Margherita) e il curiosissimo Una balena va in montagna. Nel primo albo, Ettore, un bambino, rivolge al padre numerose domande che, a tratti, rivelano un po' di preoccupazione nel tuffarsi nella vita e affrontare ciò che essa propone; le risposte del genitore sono sempre invece incoraggianti, fiduciose nel futuro e nella possibilità del figlio di viverlo serenamente: e se c’è il fango? Se c’è il fango, guarda le stelle; e se cado? Se cadi non nascondere le lacrime e prosegui il tuo cammino. Una balena va in montagna (E. Armanino - N. Magrin, ed. Salani) è un albo che racconta l’incrocio di desideri di una balena che sogna le montagne e di un bambino mai stato al mare; in questo caso le domande nascono dalla curiosità e dal coraggio, il coraggio di conoscere mondi sconosciuti.
Maria Grazia pone al gruppo, attraverso le sue proposte, una riflessione originale: lei non è andata in cerca di più o meno esplicite domande contenute negli albi, ma ha scelto degli albi la cui lettura l’ha indotta a porsi in prima persona delle domande. Il primo, Storia piccola (C. Bellemo – A. Baladan, ed. Topipittori), ha per protagonista un bambino, Beniamino, che ha reso felici il suo babbo e la sua mamma fin dal momento della sua nascita. È il racconto dello stupore dei due genitori di fronte alle esternazioni e ai progressi del figlio. Maria Grazia quindi, immedesimandosi nel ruolo della mamma, si è chiesta, rilanciando poi la questione al gruppo, se questa serenità nel dire poi un domani “arrivederci” al figlio la sentirà anche lei oppure no. Ovviamente la domanda rimane in sospeso, ma è ricca di spunti di riflessione. Il secondo testo è Il sentiero (M. Dubuc, ed. Orecchio acerbo), che è la storia di una anziana signora Tasso che insegna con saggezza a un gattino il suo sapere attraverso le risposte alle domande che il piccolo le rivolge di continuo. Ecco, questo testo, ci aiuta a comprendere che vale sempre la pena dedicare del tempo a rispondere alle domande che ci vengono rivolte dai più piccoli, perché in questo modo lasciamo a chi viene dopo quello che per noi è stato importante.
Le ultime proposte arrivano da Valentina, che condivide con il gruppo le sue scelte: Il paradiso di Anna (S. Hole, ed. Donzelli) racconta di una bambina a cui è appena morta la mamma; sebbene l’atmosfera sia triste e intrisa di dolore, Anna riesce, attraverso le domande che pone al padre, affranto dalla perdita, a intessere un dialogo e quindi una relazione con lui. Le domande della bambina sono del tutto slegate dal contesto contingente vissuto dai due personaggi e, forse, proprio per questo, riescono piano piano a rasserenare il padre e a fargli vedere la situazione dagli occhi e con la prospettiva di Anna. Ancora una volta, a conferma di quanto già detto, anche in questo caso vediamo una bambina che mette in dubbio la capacità dell’adulto di vedere le cose correttamente e dalla visuale giusta.
Infine, per chiudere davvero con una bella risata, Valentina legge Il bambino pisciolino (S. Yoshitake, ed. Salani) dove un bambino, in maniera molto seria, si pone una vera e propria domanda esistenziale: succede solo a me? Insomma, scoprire com’è il mondo può partire da una domanda piccolina, addirittura (ma solo agli occhi dell’adulto) anche apparentemente senza senso!
Grazie a tutti e tutte! Serata ricchissima!
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