Ospitiamo oggi con molta gioia Satoe Tone, un’illustratrice e autrice giapponese, che ho avuto modo di intervistare di persona davanti ad un chinotto e ad una spremuta. La ringrazio per la pazienza e il tempo che mi ha dedicato: è stata gentilissima, cercando di mostrarmi il fondo del suo pensiero su tante cose. Abbiamo riso e ci siamo divertite: è una persona splendida. Come vedrete il dialogo si è esteso: ero partita con 5 domande, ma poi non ho saputo trattenermi.
Grazie!
Hai detto che per te non c’è molta distanza tra Occidente e Oriente nel tuo lavoro perché guardi dentro di te, ma cosa c’è del Giappone nelle tue illustrazioni a livello iconografico?
Me lo chiedono in molti, ma io non vedo molto Giappone nelle mie illustrazioni, anzi in Giappone mi dicono il contrario, ovvero che il mio lavoro è molto europeo. Per esempio Questo posso farlo è arrivato dall’Italia al Giappone ed è stato tradotto lì. Lo stile è europeo, molto diverso dai libri giapponesi che spesso privilegiano soggetti dai tratti ben definiti e storie educative. Quando dieci anni fa facevo vedere i miei lavori, gli editori giapponesi mi dicevano che lo stile non avrebbe funzionato, perché era troppo distante da quello orientale. Io però non ci ho fatto mai caso. In molti me lo fate notare, ma soprattutto è il mio modo di esprimermi, è il mio modo di disegnare.
Forse questa impressione è data dal fatto che noi europei non conosciamo a fondo la cultura e il libro illustrato giapponese.
Credo che sia così. Anche perché qui in Italia non arrivano quasi mai edizioni illustrate giapponesi.
Il tuo è un lavoro certosino, dai particolari minutissimi e lievi… immagino tu trascorra moltissimo tempo su una tavola: a cosa pensi mentre lavori?
Trascorro davvero moltissimo tempo sulle tavole! In particolare il lavoro su Pippo è stato molto intenso e faticoso. Ho dovuto lavorare ininterrottamente per due mesi, quasi senza staccare mai, ogni tavola mi impegnava per due giorni interi e poi ricominciavo. Mentre disegno non penso a niente di particolare.
Devi essere molto paziente…
Mi rilasso mentre dipingo. Il mio lavoro mi piace e, anche se è impegnativo dipingere tutti i minuscoli particolari, sono contenta mentre lo faccio. Per me non è faticoso dipingere, lo è di più pensare alla storia e creare lo storyboard. Nella fase dell’ideazione devo essere concentrata, disegnare invece è un’espressione quasi spontanea.
Come nascono le tue storie?
Così, anche adesso. Nascono da ciò che mi rimane in mente di un incontro, di una giornata: quello che è importante rimane in testa, il resto vuol dire che non è stato utile.
Tutti i protagonisti delle tue storie sono animali, è una scelta voluta? Perché?
In realtà io all’inizio disegnavo molte persone, ma mi dicevano che come soggetto non andavano bene. Mi dicevano che il mio stile si perdeva nelle rappresentazioni umane, mentre i miei disegni degli animali erano molto più riconoscibili. Così mi sono messa a disegnare animali, amaramente, perché mi piaceva disegnare le persone.
Cosa vorresti comunicare di te nei tuoi lavori?
Questa è una domanda molto difficile per me. Io non sono brava con le parole, mi piace disegnare. Quando mi chiedono perché disegno così, che intenzione avevo quando ho disegnato quel particolare… io non so cosa dire. Io non riesco a spiegarlo. Per me è automatico, è un’espressione di me, dei sentimenti che non riesco a spiegare. È così. A volte mi sento imbarazzata, perché molti artisti sanno parlare in modo approfondito del loro lavoro, io riesco a farlo solo col lavoro stesso.
Però le parole le metti nei tuoi libri.
Sì, è vero, le parole le metto, ma è molto faticoso e quando le ho messe poi vorrei cancellare tutto.
Dovresti fare un silent-book.
È una buona idea! Potrebbe essere interessante!
Il dolore e la tristezza sono temi che ricorrono spesso nelle tue opere, eppure la tristezza non intacca mai le immagini.
Sì, è vero. La ragione sono sempre io. A me piaceva disegnare fin da piccola, e non è che avessi già in mente di diventare illustratrice, però non ero brava con le parole e non riuscivo a spiegare come mi sentivo, non riuscivo ad esprimere le mie emozioni e così le disegnavo sulla carta. E sono arrivata fino a qui. Mi esprimo sulla carta, sui fogli, con i miei disegni. Per esempio Questo posso farlo è nato mentre vivevo a Cambridge e lo spunto è stato proprio la mia vita lì. Ero lì e non riuscivo a fare niente, volevo rimanere lì, ma non trovavo lavoro, il mio inglese non migliorava: non vedevo progressi. Mi domandavo: ma se torno in Giappone cosa faccio? Niente. Non posso fare niente perché non sono capace di fare niente oltre a disegnare. Così è nato questo libro.
Esprimi molta speranza nei tuoi lavori.
Non so se è vero, però nella mia vita non mi è mai capitato che qualcosa finisse e basta.
Il cibo sembra essere un elemento cruciale nelle tue storie: cioccolato, caffè, carote… cosa rappresenta per te il cibo?
Mi piace mangiare e adoro il cioccolato fondente con nocciole e il tiramisù! Moka è nata proprio per l’Italia: ormai non riesco più a bere il caffè all’estero, l’espresso italiano è unico. Ho fatto anche un libro sui biscotti che uscirà presto, poi a questo punto farò Tiramisù per te!
Grazie!
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Opere tradotte in italiano:
Cioccolata per te, Kite edizioni, 2012
Dove batte il cuore, Kite edizioni, 2013
La carota gigante, Kite edizioni, 2013
Questo posso farlo, Kite edizioni, 2014
La terra vista da qui, Kite edizioni, 2014
Il mio migliore amico, Kite edizioni, 2015
Il viaggio di Pippo, Kite edizioni, 2015