C’è una sapienza che appartiene alla natura da migliaia d’anni, una sapienza che passa all’uomo quando diventa sapienza delle mani. Ne Le mani di Anna questo è evidente: è come se le erbe, i fiori, le foglie… avessero bisogno del gesto capace delle mani di qualcuno per poter esprimere tutta la loro forza.
Anna è una bambina che potrebbe essere la vostra vicina di casa, è una bimbetta che abita in un palazzo cittadino, che ha una certa personalità e anche la fortuna di un giardino, ma che in fondo rimane in città. Eppure Anna vive in un mondo che sembra quasi magico e invece è solo un mondo dimenticato e quasi invisibile agli altri.
«“Perché non viene qui a giocare?” “Perché è strana non vedi?” Dicono i bambini del palazzo guardandola da lontano».
Potrebbe sembrare un mondo a sé, dicevo, ma invece Anna vive in un mondo gorgogliante ed è capace di maneggiarlo con cura per fare del bene agli altri.
«Anna ha un segreto: guarisce i pensieri».
«Le basta un attimo per accorgersi del pensiero appiccicoso che a volte accartoccia la fronte del signore del quinto piano. Anna si mette alla ricerca dell’iperico. Coglie con cura i suoi fiori gialli e glieli infila nelle tasche, di nascosto».
Ci sono i fiori per il bambino «giù di sotto» che ha gli incubi, i pensieri «acuminati” della portinaia hanno bisogno di una sventolata di erba pennina…
Gli odori, ma anche il tatto sono la trama di giornate che riescono ad acquistare il loro sapore: ricordate l’ultima volta che avete goduto del profumo della vostra casa? Che profumo si sente nella vostra cucina? E appena fuori dalla porta di casa, che odore c’era stamattina?
Annusare gli odori, godersi le sensazioni quando si tocca qualcosa…accorgersi. Accorgersi che (anche in città) c’è un mondo naturale e vivo non è più automatico, ricordarsi di essere parte di un’equilibrio che c’entra con le piante, gli animali e il cielo non è più scontato, è una sapienza appunto, un sapere che si tramanda attraverso le generazioni. E infatti Anna, al calar del sole, si rifugia al settimo piano, da una vecchina che «ha gli occhi che sorridono, perché tutti i pensieri che le passano per la testa, anche quelli più selvatici, sono per lei preziose possibilità di assaggiare».
Daniela Iride Murgia racconta la storia di Anna proprio a partire dalle mani e innerva le sue illustrazioni di fasci di fili colorati che sembrano arterie palpitanti. Focalizzando lo sguardo solo sulle mani, le proporzioni cambiano e anche i fili d’erba sembrano foreste inestricabili: le cose più piccole e dimenticate mostrano una grazia incantevole.
La storia di bambina davvero ribelle e talmente libera da rifugiarsi in una cucina dove sobbolle un minestrone che riscalderà il cuore di quei bambini (dai 6 anni) capaci di vedere il mondo reale, quello che oggi sfugge agli occhi dei più.
Unica nota: non mi è piaciuta particolarmente la copertina che ho trovato poco leggibile.