San Giorgio, ricordato dalla chiesa cattolica il 23 aprile, è uno dei santi più popolari, venerato in epoche e in tradizioni cristiane diverse, sia in Oriente che in Occidente, sia dalla Chiesa copta che dai credenti musulmani.
La sua storia, legata all’uccisione di un drago, è conosciuta universalmente e gli agiografi moderni ritengono che possa essere scaturita dall’interpretazione di un’immagine rappresentante Costantino che sconfigge il diavolo, dipinto sotto forma di dragone.
La popolarità di questa storia è certamente da attribuirsi all’inclusione all’interno della Legenda aurea, “la” summa medievale delle storie dei santi, scritta a partire dal 1260 da Jacopo da Varazze.
Per darvi un’idea della popolarità di questo santo vi dico solo che San Giorgio è santo patrono di Venezia, Genova, dell’Inghilterra, del Portogallo e della Catalogna, è protettore degli alabardieri, dei combattenti, dei contadini, degli esploratori, degli Scouts, dei sellai e dei cavalli.
Questo personaggio ha attraversato i secoli in sella al suo cavallo ed è giunto fino a noi.
Oggi approfondiremo come questo racconto si è tramandato nel mondo anglofono, attraverso una serie di esempi che mostrano come ancora oggi san Giorgio faccia parte della cultura orale dei bambini di tradizione inglese.
Una delle prime attestazioni letterarie della storia di san Giorgio si trova nel poema in versi The Faerie Queene (1590) di Edmond Spenser che intreccia il racconto allegorico delle virtù cristiane al contesto cavalleresco del ciclo dei cavalieri di re Artù (qui potete leggerlo in open source). Il primo paladino, quello della santità («the Red Cross Knight»), è rappresentato proprio da san Giorgio, raccontato attraverso il suo scontro con il drago.
Ispirandosi a questo poema, nel 1984, Margaret Hodges (americana) scrisse Saint George and the dragon (Caldecott medal nel 1985), affidando le illustrazioni a Trina Schart Hyman. Il testo non è più in rima, ma ripercorre il racconto di Spenser a partire dal viaggio insieme alla principessa, che, come messaggera, è venuta ad implorare il suo intervento e che lo sta conducendo al suo regno, dove un drago vessa la popolazione con le sue incursioni.
Le illustrazioni di Trina Schart Hyman sono una via di mezzo tra le miniature medievali, le vetrate e le suggestioni romantiche: attraverso infatti una riquadratura che funge da cornice, le immagini finemente illustrate travalicano i bordi o ne rimangono incastonate dentro elaborati cornici di fiori, fate ed angeli.
Così come era per la narrazione di Spenser la tradizione delle fate si intreccia a quella della narrazione cristiana: San Giorgio è definito figlio delle fate, ma è chiamato a proteggere la sua stirpe umana in caso di grandi pericoli come può esserlo un drago.
«The Red Cross Knight had never yet faced a foe, and did not even know his name or where he had been born. But now he was bound on a great adventure, sent by the Queen of the Fairies to try his young strength against a deadly enemy, a dragon grim and horrible»
Il viaggio di avvicinamento crea l’attesa dello scontro: la compagnia è serena e all’alba del conflitto un eremita rivelerà al cavaliere il forte significato di ciò che sta per accadere:
«“It is time for me to tell you that you were not born of fairy folk, but of English earth. The fairies stole you away as a baby while you slept in your cradle. They hid you in a farmer’s field, where a plowman found you. He called you George, which means ‘Plow the Earth’ and ‘Fight the Good Fight.’ For you were born to be England’s friend and patron saint, Saint George of Merry England”»
San Giorgio è un eroe bidimensionale e incarna esattamente la funzione per cui è nato: senza tentennamenti, senza lunghi discorsi egli si addossa il ruolo che gli è stato affidato con coraggio e determinazione.
La descrizione del drago è avvincente, ricca di dettagli e spaventosa. La battaglia è furibonda e ogni attacco è portato avanti ardentemente: il drago combatte, schiva, ruggisce, sputa fuoco… Il primo scontro sembra voler dare la vittoria al drago:
«Faint, weary, sore burning with heat and wounds, the knight fell to the ground, ready to die, and the dragon clapped his iron wings in victory, while the lady watching from afar, fell to her knees. She thought that her champion had lost the battle. But it happened that where the knight fell, an ancient spring of silvery water bubbled from the ground. In that cool water the knight lay resting until the sun rose»
Una fonte miracolosa salva il cavaliere che il giorno successivo è pronto ad un nuovo scontro, violento ed intenso. Per la seconda volta san Giorgio sembra sconfitto e per la seconda volta un miracolo avviene (questa volta sotto un melo). Il terzo assalto è definitivo e il drago rimane morto, trafitto definitivamente da san Giorgio. La vittoria è coronata dalla gioia festante di tutta la popolazione e sancisce anche l’amore tra il Santo e la principessa.
Ciò che rende questa narrazione particolarmente efficace sono certamente le immagini, dinamiche, dettagliate, ma anche maestose che mescolano la tradizione illustrativa delle fairy tales con i suoi riferimenti naturali e i suoi decori ispirati all’art noveau ad una solida iconografia cristiana e cavalleresca delle tradizioni inglesi (appaiono anche i Vichinghi nelle cornici!) e che crea un universo affascinante, epico e movimentato, grazie anche punti di vista avvolgenti e non solo rigidamente frontali.
Un’altra versione di questa storia fu narrata dall’autore britannico Kenneth Grahame all’interno del romanzo Day dreams (1898) e poi quasi immediatamente estrapolata e resa un racconto indipendente proprio per il tema famoso e amato dai bambini. Day dreams (Giorni di sogno per i tipi Marcos y Marcos) continua idealmente il racconto de L’età d’oro e dei suoi protagonisti e proprio in una scorribanda invernale, ai giovani fratelli capita di seguire delle impronte “chiaramente” di drago fino alla villa di un signore che li accoglierà amabilmente e racconterà loro la storia di un famoso drago inglese e del santo che lo uccise.
In Italia questa storia è giunta in una bella edizione illustrata da Ernest H. Shepard, in un’edizione Salani oggi irreperibile, ma rimane a scaffale grazie ai tipi di Lindau in un’edizione però priva di illustrazioni.
La narrazione di Grahame riprender esattamente lo storico canovaccio della storia, ma introduce in modo del tutto inaspettato alcuni elementi moderni, sbaragliando alcuni stereotipi legati alla cavalleria e proponendo un modello di eroe inusuale, molto più propenso al dialogo che all’ottuso scontro frontale.
San Giorgio, in questo caso, non è un personaggio bidimensionale, ma viene costruito con insolita tridimensionalità grazie ai dialoghi di Grahame.
La storia si apre con la scoperta del drago, apparso su una collina. È un ragazzo a ad avvicinarsi per scoprire che esso non è che una creatura pacifica, per nulla interessata a razziare e colpire la popolazione, ma anzi impegnato nella composizione di poesie.
Si innesca un divertente gioco metanarrativo: il giovane protagonista, infatti, è un appassionato lettore e cerca di far presente al drago il fatto che la sua stessa natura, per come la letteratura lo ha dipinto per secoli, lo renderà oggetto della persecuzione del popolo.
«“Oh cielo! – esclamò il ragazzo. – Vorrei che tu provassi a capire davvero come stanno le cose. Se ti scoprono, verranno qui a cacciarti con le lance, le spade e chissà cos’altro. Per come la vedono loro, dovrai essere eliminato. Sei un flagello, una piaga, un mostro pericolosissimo!” […] “Oh insomma, se proprio non vuoi essere ragionevole – esclamò il ragazzo – me ne torno a casa. Mi dispiace, non ho tempo per i sonetti, mia madre mi sta aspettando. Verrò a trovarti domani, appena ho tempo, ma tu per favore cerca di capire che sei un flagello spaventoso, o finirai conciato per le feste. Buonanotte!”»
Non passa infatti molto tempo e il villaggio chiama addirittura San Giorgio a risolvere la situazione, a detta dei villici insostenibile.
Il san Giorgio che fa la sua apparizione è un santo integerrimo, ma per nulla interessato alla violenza gratuita e quando, grazie al giovane protagonista, scopre dell’innocuità del drago, i tre si accordano per una messinscena che possa soddisfare il popolo e nello stesso tempo non far male al drago (che comunque non aveva nessuna intenzione di combattere!).
Lo smantellamento dell’ideale violento (e cavalleresco) continua in dialoghi esilaranti:
«“I due erano scesi dalla collina ed erano quasi rientrati al villaggio quando san Giorgio si fermò di colpo. «Lo sapevo che avrei dimenticato qualcosa” disse. “Ci deve essere una principessa. Spaventata a morte, incatenata a una roccia e tutto il resto. Ragazzo, riusciresti a trovare una principessa?”. Il ragazzo era intento in un enorme sbadiglio. “No, sono stanco da morire – frignò – e non posso trovare nessuna principessa, né nient’altro, a quest’ora della notte. E poi mia madre mi sta aspettando, per favore non chiedetemi più di organizzare niente fino a domani!”».
Come è parte della tradizione orale di questa leggenda, il santo affronta il drago in tre momenti distinti, che servono a creare la tensione che faccia temere il peggio al pubblico. L’ultimo scontro è descritto in modo teatrale e minuzioso: i due figuranti recitano la loro parte con pathos e partecipazione.
«Mentre [il ragazzo ndr.] si avvicinava, il drago aprì un occhio, ammiccò solennemente e collassò di nuovo. La lancia lo teneva schiacciato a terra alla base del collo, ma il santo lo aveva colpito nel punto prestabilito e non sembrava nemmeno soffrire il solletico. “E adesso gli tagliate la testa, capo?” chiese qualcuno tra la folla festante. Aveva puntato sul dragone, naturalmente, si sentiva un po’ deluso. “Be’, oggi non penso” rispose cordialmente san Giorgio. “Vedete, si può fare in qualsiasi momento, non c’è nessuna fretta. Penso che prima ce ne andremo tutti giù al villaggio e faremo un bel rinfresco, dopodiché farò due chiacchiere con lui e tutti scoprirete che è un drago completamente diverso dagli altri!”. All’udire quella parola magica, rinfresco, l’intera folla si dispose in processione…»
Al di là di una narrazione piatta e a senso unico, Grahame riesce a costruire un ideale di guerriero diverso, ascoltatore, disposto al dialogo, alla mediazione anche se leale agli impegni di cui si fa carico con coraggio.
La storia è inaspettata e ribadisce la forza e lo sguardo che la letteratura sa donare ai suoi lettore – come al ragazzo protagonista-, in modo ironico e spassoso come solo Grahame sapeva fare, quando non voleva esplicitamente parlare ai ragazzi.
Vi segnalo infine, per la bellezza delle immagini, una versione ridotta (ma perché?!?) e riccamente illustrata da Inga Moore arrivata in Italia per Emme nel 2004: Il drago pacioccone