L’albo illustrato Madrina Morte, scritto da Sally Nicholls con i disegni di Júlia Sardà, riprende esattamente una delle fiabe dei fratelli Grimm, intitolata Comare Morte.
La fiaba è probabilmente ritenuta marginale rispetto a quelle più note, poiché tratta di un tema - quello dell’ineluttabilità della morte - che non è tra i più amati.
Il memento mori, invece, declinato nel vessillo in copertina in nemini parco (non risparmio nessuno) credo sia un punto di riflessione necessario anche nella contemporaneità e questa fiaba, con le sue illustrazioni magnifiche, lo riporta in evidenza.
A differenza della fiaba dei Grimm, la narrazione dell’autrice inglese abbellisce il canovaccio fiabesco, introducendo descrizioni - che naturalmente mancano nella bidimensionalità della fiaba - e modificando alcuni dettagli che amplificano la dimensione emotiva e drammatica che invece nella narrazione orale non è mai così carica di pathos proprio per la consapevolezza (oggi perduta) della portata universale del suo dettato.
«C’era una volta un povero pescatore. Così povero che, quando nacque suo figlio, non aveva nulla da offrirgli in dono per il battesimo»
L’incipit si pone già in modo differente, poiché nella fiaba originale il figlio nato era il tredicesimo, mentre qui la dimensione è molto più moderna e il figlio unico.
La scrittura della Nicholls è teatrale e le descrizioni creano un’atmosfera molto chiara che fortunatamente la Sardà non si è sentita in dovere di riprodurre esattamente. Sebbene infatti la narrazione si soffermi sui colori del cielo, del mare e del sole l’illustratrice catalana sceglie una gamma cromatica ben definita tra il verde, il giallo, il nero, il rosso e il bianco che vogliono riprodurre delle ipotetiche illustrazioni manoscritte senza cedere al ricatto del realismo.
Gli incontri che seguono alla nascita sono tre e ricalcano esattamente la narrazione orale: il povero pescatore si imbatte in Dio in persona, nel diavolo presentato dall’autrice con fare molto seducente:
«Era un giovane, alto e di bell’aspetto, con i capelli neri e gli occhi verdi. Portava un mantello di rosso acceso e delle scarpe da ballo gialle. Aveva il mento a punta e una barbetta scura simile a quella di una capra»
Rifiutato l’aiuto di Dio, rifiutato l’aiuto del diavolo, la scelta del padrino cadrà sulla Morte:
«“Io sono la morte. Sono l’unica brava persona al mondo. Porto la morte ai ricchi. Porto la morte ai poveri. A tutti gli uomini, le donne i bambini del mondo, agli animali del cielo della terra, ai minuscoli insetti e alle enormi balene, io porto la morte. Non puoi contrattare con me, non puoi corrompermi.Non puoi rubare quel che mi appartiene. Nessuno riesce a sfuggirmi. E sarò la madrina di tuo figlio” […] “Hai ragione! Tu sei una brava persona! L’unica brava persona al mondo”»
Il patto è stretto tra volute minacciose del cielo, papaveri rossi sferzati dal vento e cornacchie nere sfilano tra l’erba.
È molto bizzarra e ironica l’illustrazione del battesimo con le espressioni esterefatte dei partecipanti e la serenità del piccolo in braccio alla morte e dei genitori, ben compiti in prima fila.
A seguito del battesimo, si nota un altro spostamento rispetto la fiaba originale: la morte regala al figlioccio la ricchezza, rivelando al padre (mentre nella fiaba originale essa faceva questo dono al giovane figlioccio cresciuto) un trucco per diventare il miglior medico al mondo.
«“Devi fare esattamente quello che ti dico” spiegò la Morte. “Quando entri nella stanza di un malato, mi troverai lì. Se sono i piedi del letto, vuol dire che guarirà. Dagli l’acqua alle more e digli una stupidaggine qualsiasi. Penseranno che hai compiuto un miracolo. Ma se, quando arrivi, mi trovi al capezzale del letto, allora vuol dire che il malato è mio, e morirà. Quindi scuoti la testa e di che non c’è niente da fare. Segui con precisione le mie istruzioni e farai fortuna, a beneficio del mio figlioccio”»
Così accade. Il vecchio povero pescatore in poco tempo diventa un rinomatissimo medico, anche se l’inciampo è dietro l’angolo. Quando infatti è il re impersona stare male, il protagonista, chiamato a curarlo e vedendo la morte al suo capezzale, non trova altra alternativa al perdere la vita (per l’incapacità di salvare il re) che cercare di imbrogliare la morte. E così fa. Egli infatti gira il letto in modo che la morte si trovi ai piedi del letto e guarisce il re.
La morte verrà, infuriata, a chiedere conto di questa palese sfida e condurrà il vecchio pescatore in uno spazio suggestivo e inquietante, descritto anche nella fiaba dei Grimm, buio e pieno candele che rappresentano le vite di tutti gli uomini. A questo punto si compie uno spostamento evidente - e a mio avviso improprio - dalla fiaba originale che, secondo una sapienza eterna punisce il traditore, togliendogli la vita in cambio di quella sottrattale.
Nella versione moderna della Nicholls, invece, il povero pescatore nel tentativo di salvarsi la vita sostituisce il moccolo ormai sgocciolante della sua esistenza con una candela ben più vigorosa, nel farlo, tuttavia, non farà altro che uccidere suo figlio.
Questo tradimento della fiaba è legato a una concezione più emotiva e più terrorizzante delle fiabe, che invece nella loro originalità erano molto più democratiche: nelle fiabe non esiste il crudele trasferimento della colpa, chi sbaglia, paga.
La bidimensionalità delle illustrazioni della Sardà sono perfette per rappresentare la fiaba: la rendono modernissima, animandola con linee di movimento, tavole suggestive, ed espressioni caricate, ma non tradiscono il suo valore iconico ed eterno.
Il testo rimane una bellissima occasione per scoprire una fiaba dei Grimm attualissima.
Nemini parco, non risparmio nessuno.