Io non ho grandi doti culinarie, soprattutto non ho l’estro, ve lo avevo già raccontato, tuttavia l’incontro con mio marito è stato per me la scoperta di un mondo: ad esempio ho capito che in cucina si può fare anche qualcos’altro oltre a sedersi a tavola!

Lui infatti ama i dolci, non può alzarsi da tavola se non mangia una torta, un pasticcino, foss’anche una caramella, così io, in preda ad un amore folle, ho iniziato a cimentarmi con budini, quattro quarti, cake, crostate, muffin, madeleines, biscotti e poi con Kugelhupf, macaron, clafoutis, cheesecake, mousse, charlotte…

Ho scoperto che cucinare dolci è rilassante, può dare soddisfazioni e profuma la casa :)

Il piacere, per me, sta proprio nella preparazione, nell’impegno “intellettuale” e nel godimento estetico, perché poi io i dolci non li mangio, e non perché sia allergica, ma perché non li amo.

Quando Saverio ha compiuto 2 anni l’ho iniziato ai grandi “misteri della pasticceria”: in realtà la vera scoperta è stata che impastare, azionare il robot da cucina e pesare gli ingredienti lo divertivano e soprattutto impegnavano i lunghi pomeriggi piovosi. Dopo mesi e mesi di allenamenti, la passione di Saverio non è scemata, anzi diventa sempre più autonomo: un vero chef!

Così un giorno, quando mi sono imbattuta telematicamente nella La pasticceria Zitti, leggendone recensioni entusiaste ma poco approfondite, ho pensato di farci un regalo e così l’ho ordinato.

Il testo non poteva essere più differente da quello che immaginavo, innanzitutto perché nasce e parla di un grande dolore: «La vita delle persone svantaggiate è silenziosa, fatte di piccole cose…». Un dolore che, nonostante sia risolto positivamente, pervade e incupisce la storia. La trama infatti racconta di una città triste ed inquietante dove i rumori sovrastano e riempiono ogni spazio e pertugio, come una coltre grigia e indifferenziata: specchio fratello del paese della grande fabbrica delle parole, dove però al contrario tutti stanno zitti. Paradossalmente in una città dove tutti parlano e chiaccherano, tuttavia nessuno «riusciva a raccontare i propri [sogni]. Tutti i pensieri rimanevano sotto una coperta di polvere», tutti erano tristi, imbronciati, scontenti. «I giorni trascorrevano sempre uguali e sotto un cielo quasi sempre piovoso»: la situazione è opprimente. Poi un giorno apre un negozio, la pasticceria Zitti, appunto, e il profumo intenso dei dolci che tanto amo in casa mia, inizia ad invadere anche la città grigia.

«Chi è l’autore di questi pasticcini buonissimi?» si chiedono gli esterrefatti cittadini, eccolo è il signor Zitti che sorridente fa capolino e saluta, ma non dice niente, non può dire niente perché non sente e non parla: il signor Zitti è sordomuto.

I pasticcini guidano la rivoluzione, tutti li vogliono, tutti li mangiano: ma qual è il loro segreto? Zucchero esotico? Spezie particolari? Bravura? «No il signor Zitti mescolava semplicemente un po’ del suo silenzio con la farina e, solo dopo, aggiungeva il resto». Le parole, in questo modo, riacquistavano il loro peso: il silenzio permetteva a tutti di guardare all’altro, faceva gustare le cose. I rapporti rinascevano, il cielo si schiariva, le persone tornavano umane, tanto che una sera un bambino aspetta il pasticcere silenzioso per ringraziarlo, per ringraziare il motore di questa rivoluzione.

La storia di per sé l’ho trovata molto particolare e curiosa: l’idea del silenzio come valore, la rivoluzione pacifica e inconsapevole attraverso il buono della farina e dello zucchero, il lavoro come creazione di bello, ma anche l’idea molto pratica di godere dei sensi mentre si prepara un dolce, regalando un po’ di silenzio anche alle nostre tortine… Saverio ne era entusiasta.

E vi dirò che mi terrò stretta questa sensazione di spontaneità, perché poi, approfondendo sull’autrice, Rosa Tiziana Bruno, ho invece avuto l’impressione che il testo fosse nato a tavolino per parlare di un tema in particolare, il che, secondo me, non funziona mai e anzi rischia di essere posticcio. Che da un libro possano nascere attività o riflessioni da proporre ai piccoli è una grande ricchezza, ma partire dalle attività per arrivare ad un testo può essere pesante.

Corredano questa storia le illustrazioni di Ambra Garlaschelli che non ho amato molto. La città, poggiata su un pavimento a scacchi neri e bianchi veramente imponente e pervasivo, è muta e immobile. Le figure caricaturali e scure sono molto paurose a tratti grottesche e poco comprensibili, anche nelle loro espressioni di gioia, ad un pubblico di piccoli (o almeno a Saverio). La tecnica del collage e gli inserimenti di grafica computerizzata, forse complice una non ottima resa della stampa, fanno sì che le tavole risultino sfocate, assemblate e accostate senza ordine e fastidiose da guardare, per l’impressione di non riuscire a mettere a fuoco. Anche quando il vento di novità del signor Zitti irrompe sulla scena, questo non è segnalato da alcun cambio nella narrazione visiva: i colori, appena più accesi, rimangono gli stessi sui toni del marrone e soprattutto tutto è sempre immobile e fermo: l’unica tavola mossa e piacevole è quella del pasticcere con gli ingredienti pieni di silenzio. Anche i fumetti delle parole, seppur sbiaditi, rimangono costanti come a non lasciare spazio al silenzio.

Un libro che ci ha offerto una piccola storia sul silenzio e che ci ha permesso di pensare alle nostre torte pomeridiane come ad una piccola rivoluzione di bellezza, stringiamoci a questo.

La pasticceria Zitti

Rosa Tiziana Bruno-Ambra Garlaschelli

32 pagine
Anno: 2011

Prezzo: 14,00 €
ISBN: 9788865320242

La Margherita editore
Anobii

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