«Ho letto per la prima volta La collina dei conigli quando avevo dodici anni, durante un viaggio in macchina con la mia famiglia. Soffrivo di una terribile cinetosi e di solito non leggevo in macchina, ma una volta iniziato il libro, ho scoperto che non riuscivo a smettere. Ho continuato a leggere per centinaia di miglia, nauseata ma non volendo distogliere lo sguardo nemmeno per un momento da Moscardo, Quintilio, Parruccone e gli altri. Stavo ancora leggendo quando siamo scesi dalla macchina e siamo entrati nella hall dell’hotel. L’impiegato ha detto: “Sembra un bel libro. Di cosa parla?” L’ho guardato, intontita. Parlava di tutto, ecco cosa volevo dire, di traumi, ingiustizie, speranza e coraggio, di amicizia, leadership, comunità, di cosa rende bella la vita. Ma non avevo le parole per tutto questo. Quindi ho detto: “Parla di conigli”. Lui ha sbattuto le palpebre. “Huh”, ha detto»

Nell’introduzione all’ultima edizione in commercio de La collina dei conigli di Richard Adams, troviamo queste parole di Madeleine Miller, studiosa statunitense di letteratura greco-romana, che sintetizzano uno dei grandi fraintendimenti che ha lasciato e lascia un grande romanzo come questo ai margini dell’empireo dei classici.

Molti sono, infatti, coloro che si allontanano e nemmeno si avvicinano a questo romanzo incredibile, presupponendo che dei conigli, in fondo, non abbiano molto da raccontare e sicuramente niente di affascinante da regalare ai loro lettori.

La collina dei conigli invece, romanzo scritto da Richard Adams nel 1972 come trascrizione dei racconti immaginati e raccontati alle figlie nei lunghi viaggi in auto, merita davvero di essere incontrata.

Adams scrittore per caso, appassionato di ambiente e innamorato delle colline inglesi del Berkshire in cui trascorse la sua intera vita, ebbe l’intuizione geniale di scrivere un romanzo epico al cui centro troviamo una comunità di conigli.

I conigli non sono trattati né trasformati antropomorficamente, ma l’autore attribuisce a ciascun personaggio una dignità, nella consapevolezza che ogni creatura vivente possa avere una vita che sfugge al controllo e alla consapevolezza umana.

Moscardo, Quintilio, Parruccone, Mirtillo e tutti gli altri conigli che incontriamo in quella che è una vera propria saga, si comportano come dei conigli ma nello stesso tempo permettono ai lettori di sostare davanti al mistero, come accade nella buona letteratura: il mistero di qualcosa che accade senza che l’uomo ne abbia coscienza.

Questi conigli, nell’esiguità della loro vita (più volte viene ribadito che l’orizzonte della loro esistenza non supera i 3-5 anni) vivono avventure paragonabili a quelle dei grandi cicli mitologici. La collina dei conigli è un romanzo esistenziale che tocca i temi più profondi: la ricerca di una casa, la fuga, il dramma, l’amore, la persecuzione, l’amicizia, la fiducia, la dimensione spirituale, la morte…. e poi ancora il coraggio, la dignità, l’onore, la libertà … tratti che appartengono all’epos.

Adams, infatti, accanto alla sua passione naturalistica possiede una profonda conoscenza della storia antica e mitologica che in questo romanzo hanno largo spazio. Ogni capitolo si apre con un’epigrafe scelta dalle grandi tragedie greche, ma anche da Shakespeare, Yeats, Campbell…

E se inizialmente il lettore può rimanere spiazzato dal fatto che la celeberrima Cassandra venga messa accanto ad uno sparuto coniglio che sembra avere le visioni, con il procedere del racconto questa separazione viene meno e non si potrà che riconoscere lo strettissimo legame tra il sottotesto epico e la vicenda narrata.

«CORO Perché gridi così, se non per qualche orrida visione?
CASSANDRA Manda un lezzo di morte la casa, e il sangue cola.
CORO Che mai! quest’odore proviene dall'altare del sacrificio.
CASSANDRA Un alito che sfiata dalla tomba, è quel che sento»

Eschilo, Agamennone

Accanto ad ampie e impressionanti descrizioni della campagna inglese, la vicenda prende immediatamente un ritmo costante, seguendo Moscardo e Quintilio che decidono di lasciare la loro conigliera sull’onda della percezione che qualcosa sta per cambiare in peggio: una partenza inaspettata e il crearsi di una compagnia di conigli ardimentosi che da lì in avanti lotterà per trovare il proprio posto nel mondo, la propria casa.

La vicenda sarà un crescendo: la compagnia dovrà affrontare pericoli d’ogni sorta, dovrà imparare a fidarsi dei talenti di ciascuno, dovrà scappare, affrontare nemici, attraversare fiumi, sfidare le leggi della natura, lottare per i propri ideali, ripensare ai propri ruoli (i conigli maschi non scavano le tane eppure…), dovrà scommettere nelle alleanze infraspecie da cui nasceranno amicizie e collaborazioni di valore impagabile.

Quello che si innesta è una vera e propria epopea che non ha nulla da invidiare all’Eneide ma neanche a Il signore degli anelli di Tolkien fonte diretta per l’autore inglese.

L’autore ci accompagna in un’immedesimazione sottile: iniziamo ad intuire come i conigli guardino il mondo, quale valore attribuiscano a piccole cose e questo esercizio ci permette di tornare bambini: l’infanzia vede valori infiniti in oggetti che agli occhi adulti non hanno nessun valore!

Per farlo Adams idea una lingua ad hoc, il lapino. La lingua nasce per riferirsi a cose che vengono ritenute importanti dalla comunità dei parlanti e così accade esattamente anche tra i conigli, che hanno bisogno di indicare i predatori elil, il levar della luna fu-inlé, lo stato di atterrimento che congela i conigli di fronte a un grande spavento tzarn o l’odore della volpe emblir. 

L’esistenza della lingua si amplia per diventare narrazione di un folklore. I conigli pregano, hanno una dimensione spirituale, hanno una narrazione della nascita del mondo, dei loro dei e dei loro eroi e più volte i racconti della loro tradizione occupano capitoli indipendenti, offrendo ai lettori scorci di un altro modo di abitare il mondo. La letteratura, le leggende e le storie vivono nei racconti comunitari sussurrati al caldo, nel sottosuolo, e diventano gli occhi per leggere la realtà, i suoi significati, i suoi misteri, il suo destino. Una cartina al tornasole della bontà delle società che Moscardo e i suoi incontreranno.

Nel corso del viaggio, infatti, la compagnia di conigli incontrerà diversi modelli comunitari che hanno fatto sì che numerosi studiosi associassero questo romanzo al notissimo capolavoro di Orwell La fattoria degli animali (1945). Tuttavia in questo caso i modelli di società sono raccontati e criticati soprattutto per la loro dimensione esistenziale: può chiamarsi comunità un gruppo che in nome del benessere sacrifica i suoi membri? Può essere giusta una società che priva della libertà i suoi membri? Ad Efrafa conigliera che tanto ricorda la struttura delle grandi ideologie novecentesce appare uno dei personaggi più perturbanti delle storie di animali novecentesce: Vulneraria, un comandante coraggiosissimo, integerrimo e ugualmente spietato e senza scrupoli. Il suo lottare fino alla morte, la sua sete di vendetta, il suo finale misterioso dona a questo romanzo uno dei passaggi più intensi e perturbanti.

Sebbene la scrittura sia poderosa e ricalchi un tempo passato (in questo, non ha aiutato l’assenza di traduzioni recenti, poiché il primo traduttore degli ani ’70 è anche l’ultimo!) e sebbene l’immedesimazione nel tempo dei conigli crei delle dilatazioni che possono sorprendere i lettori (i conigli, ad esempio, avanzano molto lentamente e la loro percezione del tempo è distorta tanto che attraversare un prato per loro è un’impresa assai lunga), d’altro canto Adams riesce a costruire una tensione narrativa che non abbandona il lettore. I lettori non possono fare a meno di immedesimarsi nel gruppo dei conigli, soprattutto non possono smettere di temere che, ad ogni svolta, ad ogni prova, ad ogni scontro, possano tragicamente perdere la vita, come commenta l’autore stesso:

«Il coraggio è ancora più emozionante quando non sei mezzo immortale, quando sei una preda che ha mille nemici che cercano di mangiarti ogni ora di ogni giorno»

Abbiamo davvero bisogno di  questa storie di conigli? Sì.

«Uscì per primo e, con la pioggia che gli grondava sugli occhi e sotto la coda, nella luce declinante del tardo pomeriggio, attese che gli altri lo raggiungessero, Mirtillo, sempre all’erta e intelligente, guardò nei due sensi del fosso, prima di saltarlo, Parruccone, tutto contento che si passasse all’azione, Argento, saldo e fido, Dente di Leone, il novelliere della compagnia, tanto ardito e impaziente che, saltato il fosso, corse via per un bel tratto, prima di fermarsi e aspettare gli altri. Ramolaccio, forse il più sensato e tenace della brigata. Nicchio che subito cercò Moscardo con gli occhi e gli corse accanto, Ghianda, Smerlotto e Lampo, gregari non malvagi, purché non fossero spinti al di là dei loro limiti. Per ultimo Quintilio: riluttante e avvilito come un passero nel gelo. Mentre s’avviavano, s’apri uno squarcio fra la nuvolaglia, a ponente, e ci fu un improvviso abbacinio di luce acquosa, color oro pallido»

Posso affermare con certezza che avete bisogno di conoscere questa storia, vi si attaccherà addosso.

Dai 12 anni.

«Chi per questa battaglia non ha fegato
che parta pure: avrà un salvacondotto
e denaro pel viaggio nella borsa.
Non ci garba morire in compagnia
di chi ha paura di morir con noi»

Enrico V, Shakespeare

La collina dei conigli, Rizzoli Richard Adams - (Pier Francesco Paolini) 492 pagine Anno 1975 Editore Rizzoli
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