Melvina, opera prima di Rachele Aragno, mi ha colpito per la complessità della trama, che intreccia temi poco consueti e particolari, innestandoli in un contesto fiabesco ricco e interessante. Melvina è una ragazzina dalla zazzera rossa e dai grandi occhiali tondi, si affaccia all’adolescenza e vive con vigorosa insofferenza il passo dall’infanzia alla non-più-infanzia: nella sua percezione i genitori non la considerano e non si interessano ai suoi pensieri, alle sue esigenze… a lei come persona individuale e indipendente. Per reazione lei vorrebbe diventare subito adulta, saltando tutta quella travagliata strada chiamata adolescenza. Proprio mentre è immersa nelle sue proteste, ecco che si trova catapultata in un mondo favoloso abitato da animali parlanti, compitamente gentili nei loro vestiti dalla foggia ottocentesca, libri magici che ridanno la vita e… una profezia che la identifica come la Prescelta. In poche pagine si viene travolti da una serie di informazioni e cambi di prospettiva che si fa fatica a tenere il passo. Flashback, altri mondi, profezie… non nascondo che mi è stata necessaria una seconda lettura dopo le prime 30 pagine. Melvina accetta con molta serietà la responsabilità di liberare il mondo di Aldiqua dal tiranno Malcape, che realizza i desideri altrui, rendendo però schiavo chi lo esprime: «Ti offre ciò che più desideri, ma si prende la parte più importante del tuo desiderio».
Al seguito di Otto e Benjamino, le sue dantesche guide, Melvina arriva ad Aldiqua, immaginifica cittadina popolata da personaggi incantati e resi schiavi da questo ricatto, un ricatto sottile e vero: sotto la superficie del desiderio reale, cosa c’è? Il desiderio può avere un’immagine precisa e delimitata? Queste sono domande incredibilmente interessanti in un mondo, il nostro, che si nutre della soddisfazione immediata dei desideri. Cosa c’è in ballo, veramente?
Melvina si gioca con schiettezza nel suo viaggio in Aldiqua, con la sua scontrosità, con i suoi giudizi affrettati, l’impulsività: è un personaggio molto realistico e interessante. Nel percorso di avvicinamento alle Paludi Metafisiche in cui vive Malcape, Melvina scoprirà qualcosa di sé ad ogni tappa. Il comune denominatore è unico: l’amore all’altro è ciò che rende il desiderio più vero e bello anche per sé. La regina senza testa riscoprirà l’amore materno, la Pianura dei pensieri felici racconterà il sacrificio che si può accettare per amore e la stessa Melvina intuirà che il suo desiderio di crescere in fretta senza la compagnia dei suoi amici e senza il tempo è un desiderio zoppo. Cosa significa diventare adulti? La fretta di crescere che cosa nasconde?
Nello scontro-incontro con Malcape la trama si aggroviglia come all’inizio: il ritmo è incalzante, gli eventi si susseguono così velocemente che è necessario andare con calma e soffermarsi su ogni vignetta con attenzione. La fine arriva come in medias res, stordendo, e si ha l’impressione di essersi persi qualcosa. Inoltre il finale apre numerosi altri fili narrativi che rimangono sospesi in attesa - si spera - di uno sviluppo della storia. Quello che è chiaro è che finalmente Melvina riesce a tornare nel suo mondo, con il desiderio di viverlo intensamente e fino in fondo, nonostante tutto.
Moltissime le citazioni che si intrecciano: dalle più curiose come i bambini che devono nascere e soggiornano in pigiama nel cimitero a quelle più note come l’ampio simbolismo legato alle api (sapete che santa Rita, da neonata era circondata da api che entravano e uscivano dalla sua bocca come Melvina?).
Gli acquerelli della giovane autrice toscana sono bellissimi. Uno stile sfaccettato, ricco di lui ed ombre, sempre mosso e plastico, un mondo denso di dettagli e molto dinamico.
Desiderare è sempre una cosa buona? Desiderio e schiavitù sono in qualche modo correlati?
Un fumetto complesso ed intrigante che rivolge domande dirette e serie ai propri lettori (dai 9 anni), trascinandoli in un mondo di fiaba incantevole. Seguirò con interesse Rachele!