La neve, il ghiaccio, il freddo hanno la capacità di creare un mondo che è contemporaneamente nel mondo e al di fuori del mondo. Accade spesso, in inverno, che i bambini attraversino soglie magiche per approdare a un mondo diverso: ci si perde, per ritrovarsi. La neve, infatti, con la sua capacità di ridisegnare il paesaggio e inghiottire i rumori isola, sperde, travolge le regole dell’orientamento… è in questi momenti che possono avvenire miracoli che diversamente non accadrebbero mai.

Dal pupazzo di neve, al regno di neve incantato, d’inverno succedono grandi prodigi.

La prima coppia di libri che desidero raccontarvi mostra due volti molto diversi dei pupazzi di neve.

Il cappello è il terzo libro di Paolo Ventura, notissimo fotografo, che scrive e progetta un silentbook dallo spiccato accento pittorico per i Topipittori, al cui centro si trova appunto un pupazzo di neve e il suo elegantissimo cilindro.

Davanti ad una camera fissa il lettore si accoda in poltrona, è costretto a guardare, davanti a lui un palcoscenico fermo, silenzioso, azzurro. La neve irregolare e gentile danza sull’azzurro, sgranato dalla trama della carta e dal pastello che inciampa sulla ruvidità del supporto, un sereno pupazzo sorride, noi attendiamo qual che sta per succedere.

Le noci che fungono da occhi gli attribuiscono uno sguardo raccolto, riflessivo, il protagonista sembra abbandonato serenamente al proprio destino, felice di quell’attimo e di quel luogo.

Nel silenzio della notte azzurra e grigia diversi personaggi faranno visita al pupazzo di neve e, come era stato per l’albero di Silverstein, ognuno sottrae, quasi senza chiedere (perché mai bisognerebbe chiedere a un essere inanimato?), un pezzo del suo essere: la cicogna con le braccia del pupazzo potrà rimpolpare il nido sopra il camino, il coniglio con la carota del suo naso potrà forse resistere qualche giorno al freddo pungente, le noci fanno la gioia del topino di campagna, i chicchi del caffè riscalderanno borbottando la vecchina che se ne appropria…

Il pupazzo di neve dà tutto, si consuma nel dono. Rimane il suo sorriso solcato nella neve e il suo cilindro. Il cielo, la notte, le stelle i fiocchi di neve si confondono… è impercettibile il cambio di paesaggio: è come se il sole non sorgesse mai, eppure a ben guardare quell’azzurro era già solcato da un leggero tremolio bianco e giallo di un altro cielo. Il tremore della morte è impercettibile e umano, il destino del pupazzo di neve si compie: è sciolto, ha dato tutto quello che aveva. Non tutto è finito, però.

Rimane il suo cappello che diventa la promessa compiuta di come dando tutto, non si perde niente.

E con l’ultima tavola la storia ricomincia, perché il donarsi permette alla vita di rinnovarsi.

Il mostro di neve di Gillian Cross scardina la poesia incantata che spesso emana il personaggio del pupazzo di neve e vira decisamente per lande inaspettate.

L’autore inglese infatti costruisce una breve storia piena di tensione che possiamo definire quasi un piccolo horror.

Tre amici, un’epica nevicata, una casa abbandonata, un telefonino che scrive da solo e un pupazzo di neve costruito nel modo più orripilante possibile.

«Vieni al pupazzo di neve. Ti sfido. S.»

Come un novello Frankenstein il mostro di neve prende vita e attraverso un invito misterioso, in una notte gelata, cercherà di assalire (ma ne siamo certi!?) i tre amici protagonisti.

Il ritmo incalzante emerge con sapienza e brevità in una scrittura che dà un assaggio della scrittura dell’orrore, in un piccolo incubo che si apre si chiude con mistero e brividi (non  solo per il freddo). Un  racconto particolare e originale.

Vi racconto invece di tre incontri magici, ognuno con il suo accento e la sua unicità che avvengono appunto nel mondo ghiacciato della neve.

Un lupo della neve di Matthew Cordell è un libro premiatissimo (Caldecott medal del 2018!), un silentbook che racconta la vicenda parallela di due “cuccioli” una bambina e un lupo, che in una tormenta di neve si smarriscono e si incontrano, come ci anticipa l’autore, con il suo solito modo di fare, già dalla copertina.

La protagonista è una moderna Cappuccetto Rosso; nella sua giacca a vento ben calzata sta tornando a casa da scuola, il lupo arranca invece dietro il suo branco a caccia,  ma la tormenta di neve lascia entrambi smarriti e incapaci di orientarsi.

I fiocchi di neve sono talmente fitti che i due protagonisti perdono l’orientamento e tra un lamento, un latrato e un singhiozzo per il freddo (a mio avviso l’autore avrebbe potuto esimersi dal segnalarci queste onomatopee…) si ritrovano una di fronte all’altro.

La solitudine e lo spaesamento sono tali che i due protagonisti non immaginano neppure di avere paura l’una dell’altra, insieme avanzano chissà verso dove…

La narrazione, inizialmente focalizzata attraverso cinematografici medaglioni circolari, imbastisce il parallelismo tra le due storie, ma poi il campo si allarga e grandi doppie pagine avvolgono il lettore nel turbinio della bufera per mostrarci la piccolezza di protagonisti nell’immensità del mondo innevato.

L’incontro sulla neve con la madre del lupetto è sospeso e ha tutto il peso dell’imponenza di quell’attimo in cui ognuno prende una decisione, che scorre negli occhi di entrambe e che cerca di leggere nelle intenzioni altrui. Il lupo torna al suo branco, la bambina invece rimane isolata, ancora più sola, forse spacciata. Ma la famiglia dei lupi sembra accorgersene, la madre sembra accorgersene e compie un gesto impensabile, ma forse poi non così tanto: ulula, chiama la famiglia umana.

Accadono grandi miracoli, quando le condizioni sono estreme e il lavoro dell’artista americano che è abituato a riflettere sul rapporto tra umani e animali riesce  perfettamente a comunicarcelo.

La più bella storia dei miracoli che avvengono nelle tempeste di neve è, secondo me, Zlateh la capra, del premio nobel per la Letteratura Isaac Bashevis Singer e illustrato da Maurice Sendak nel 1966 e riprodotto oggi all’interno della collana I cavoli a merenda di Adelphi.

Il volume è una raccolta di diversi racconti ispirati alla tradizione yiddish, ma non a caso è proprio l’ultimo racconto a dare il titolo a al volume

In questo racconto Aaron, il figlio maggiore, viene inviato dal padre, un pellicciaio in difficoltà per un inverno insolitamente mite, a vendere la vecchia capra di famiglia Zlateh al macellaio.

Allora, ai bambini non passava neanche per l’anticamera del cervello di opporsi alle volontà paterne e, nonostante la capra rappresentasse per i bambini e per Aaron in particolare qualcosa di più di un animale domestico, Aaron prende il suo cappello e il suo bastone e si incammina.

Quello che succede durante questo viaggio è un miracolo anche se all’inizio sembra piuttosto una sciagura.

Il cielo si fa cupo e metallico, incomprensibile da leggere, e poi incomincia nevicare.

Zlateh e Aaron sono coetanei, sebbene 12 anni rappresenti per uno la giovinezza e per l’altra la vecchiaia, si ritrovano veramente compagni in una situazione estrema.

«Nei suoi 12 anni Aaron aveva visto ogni tipo di tempo, ma non gli era mai capitato una nevicata come quella. La neve cadeva così fitta che non lasciava penetrare la luce del giorno. In breve il sentiero ne fu interamente coperto. Aaron non sapeva più dov’era, non riusciva a vedere attraverso la neve. Il freddo cominciò a penetrare nella sua giacchetta imbottita. Dapprima Zlateh non sembrò preoccuparsi. Anche lei aveva 12 anni e sapeva cosa significava l’inverno. Ma quando le sue zampe cominciarono ad affondare sempre più nella neve, voltò la testa verso Aaron e lo guardò con stupore. I suoi occhi miti sembravano domandare: “Perché siamo qui fuori con questa tempesta?”».

Singer dà voce a entrambi i protagonisti di questa traversata e Zlateh mostra il volto umanissimo di un animale completamente affidato alle cure degli umani, ma nello stesso tempo il volto saggio, come solo la natura sa essere.

Insieme la capra e il bambino si fanno coraggio, cercano un rifugio e lo trovano: è  un buco nel fieno, ma ad una capra e al suo bambino, basta. Riescono a sopravvivere. Come?

Il fieno è cibo per Zlateh che con la tranquillità di chi ha visto il mondo si accuccia attendendo che il tormento del mondo passi. Il calore dei due corpi fa coraggio a entrambi e la capra amorevolmente nutre il bambino con il suo latte.

«Zlateh mangiava spesso: sbocconcellava ora sopra, ora sotto, a sinistra e a destra. Il suo corpo emanava un calore animale e Aaron le si accoccolò accanto. Aveva sempre amato Zalteh, ma adesso per lui era come una sorella. Era solo, lontano dalla sua famiglia, e aveva voglia di chiacchierare. Cominciò a parlare alla capretta. “Zlateh, che cosa pensi di quello che c’è successo?” le chiese. “Beee” rispose Zlateh»

Per tre giorni Aaron e la capretta sopravvivono nel fienile raccontandosi storie, riconoscenti della presenza l’uno dell’altra. È un miracolo di comprensione reciproca.

«Il linguaggio di Zlateh consisteva in una sola parola, è vero, ma esprimeva molte cose. Adesso stava dicendo: «Dobbiamo accettare tutto ciò che viene da Dio: il caldo, il freddo, la fame, la soddisfazione, la luce e il buio”».

Quanta ricchezza nel rapporto con una capra, che bellezza poter vedere guardare il mondo attraverso gli occhi l’uno dell’altro, potendo contare sulla cura di chi ti sta accanto.

Una volta esauritasi la furia della tempesta tutti e due tornano a casa. Ricorderanno per sempre quel momento che ha permesso entrambi di guardare il mondo con occhi diversi.

Singer ha una scrittura ricca, precisa, puntuale ma mai arzigogolata, limpida e profondissima nell’esprimere ciò che vuole raccontare, con una disinvoltura che rende queste storie quasi delle fiabe, eterne.

Le tavole che Sendak tratteggia per questa raccolta sono perfette: l’umanità della capra, i gesti sapienti e simbolici del bambino parlano e rendono esattamente il dialogo tra queste due anime.

Spiazzante, perturbante e disturbante è invece il piccolo grande miracolo che avviene in una tempesta di neve in Morris, il cui autore non poteva che essere Bart Moeyaert, le cui storie lasciano sempre nel cuore l’ombra di qualcosa di incomprensibile.

Le storie dell’autore belga si espandono molto oltre le poche parole sintetiche che spesso raccoglie nei suoi racconti ed è il caso anche di questo racconto illustrato, al cui centro troviamo Morris un bambino che intuiamo essere appena uscito da una tragedia. Orfano, Morris si è trasferito a vivere dalla sua nonna. Lui odia le parole di compassione, la sua nonna lo sa e lo ascolta piangere sommessamente di notte, sa che la compagnia più grande è lasciarlo solo a sospirare e poi fargli notare qualcosa di bello:

«Che le lenzuola avevano un profumo buono. O che era ancora notte fonda, meno male, così potevano dormire ancora un paio d’ore. “sogni d’oro, Superman”»

La vita che scorre con la nonna sembra essere dolorosa, ma amorevolmente abbracciata dalla cura, dall’accudimento, dalle cioccolate e dalle torte di pere.

La nonna per vivere – significativamente – cuce delle trapunte con i ritagli di tessuto. Una vocazione, quella di ricucire, rattoppare, comporre e ricomporre, che sembra perfetta per abbracciare un bambino fatto a pezzi.

L’unico altro adulto che si affaccia in questa vita è un personaggio strano, Randy Pek, inquietante di cui si dice solo che non muoveva un dito.

Ma che uomo è un uomo un uomo gentile che non ti guarda mai in faccia? Sarà la neve ancora una volta a raccontarcelo.

La nonna di Morris ha in  fatti un cane che si chiama Houdini e che, nomen omen, scappa nei momenti più improbabili, inerpicandosi sulla montagna dietro casa. Morris ha il compito di recuperarla. Parte così in un pomeriggio metallico che sembra bello ma che si scatena in una tempesta di neve.

Gli incontri che Morris farà in questo mondo sembrano surreali e l’adulto che arriverà a salvarlo, Randy, mostrerà il suo vero volto diabolico, violento nell’avvicinarsi a lui. È un attimo a cui l’autore non dà che un accenno, basta quello. Ma poi il  finale sarà tra le mura di casa… con un fratello in più?

Un libro misterioso, perturbante, unico, costruito su un intrecciarsi di pensieri e discorsi diretti spesso disarmonici eppure così affascinante nella sua unicità.

 

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Il cappello Paolo Ventura 36 pagine Anno 2022 Prezzo 14,00€ ISBN 9788833701059 Editore Topipittori
Il mostro di neve Gillian Cross - Ross Collins -Francesco Piperno (traduttore) 64 pagine Anno 2021 Prezzo 8,50€ ISBN 9791280011152 Editore Biancoenero
Un lupo nella neve Matthew Cordell 52 pagine Anno 2021 Prezzo 8,90€ ISBN 9788867998463 Editore Clichy
Zlateh la capra Isaac Bashevis Singer - Maurice Sendak - Elisabetta Zevi (traduttrice) 102 pagine Anno 2021 Prezzo 18,00€ ISBN 9788845936418 Editore Adelphi
Morris, Sinnos Bart Moeyaert - Sebastiaan Van Doninck - Laura Pignatti (traduttrice) 64 pagine Anno 2022 Prezzo 15,00€ ISBN 9788876095351 Editore Sinnos
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