«ero venuta per vivere, vivere, come gli uccelli e le bestie con la felicità di vivere ancora un poco su questa terra. […] gioia e tristezza ne sono pieni, in ogni tinta, alberi, bestie, uccelli… persone» [dal film La principessa Splendente]
Amo profondamente la fiaba della Principessa Splendente che ho incontrato attraverso la versione cinematografica di Hayao Miyazaki, una fiaba di amore, libertà e armonia del creato.
Questa fiaba che presenta tanti tratti ricorrenti nelle fiabe occidentali spicca però per alcuni dettagli che la rendono profondamente diversa.
Il canovaccio narrativo è noto e intreccia i racconti di nascite miracolose o i ritrovamenti miracolosi di un bambino da parte di un’anziana coppia in cui rivediamo gli echi di Pollicino, Mignolina, Raperonzolo… a tutta la narrazione mitologica che declina il mito di Proserpina, Euridice… una donna che condivide la natura divina e umana nell’esperienza dell’amore.
A differenza, però, dello stereotipo di principessa occidentale in attesa del principe ricco e valoroso che la salvi, la Principessa Splendente (come moltissime figure orientali!) è invece una creatura lunare, di un’aristocrazia aldilà di ogni concezione umana e alla ricerca di qualcosa di ben diverso dal riscatto sociale.
La storia racconta di una bambina miracolosamente trovata da un vecchio tagliatore di bambù all’interno di un magico albero e cresciuta amorevolmeente dalla vecchia coppia.
La bambina dalla bellezza portentosa non appena cresciuta diventa oggetto del desiderio di moltissimi uomini che riconoscono in questa umile ragazza, chiamata Principessa Splendente per la sua bellezza, un fascino ineguagliato.
Molti saranno i giovani principi che si accosteranno alla ragazza, tuttavia tutti saranno respinti o scoraggiati dalle prove impossibili che Principessa Splendente richiederà loro di superare.
Il finale vede i maggior numero di varianti: alcuni raccontano di un grande amore che sboccia, altri raccontano di un amore irrealizzato, altri invece raccontano di un amaro abbandono della Principessa Splendente che, rivelando la sua natura di creatura lunare, torna nessun regno violata e disgustata.
Le narrazioni orali che si accavallano intorno a questa celeberrima fiaba giapponese sono moltissime, oggi ve ne propongo due che mi hanno colpito in modo diverso, ma ugualmente intenso.
La versione di Philip Giordano per WOM edizioni, Kagayahime, Principessa Splendente, pesca direttamente dall’immaginario tradizionale giapponese – che l’autore-illustratore conosce alla perfezione -, dagli Yokai e dal mondo fiabesco e folkloristico orientale, molto lontano visivamente dal nostro.
Giganteschi spiriti si alternano, in queste pagine, a figure umane quasi trasfigurate, le dimensioni dello spazio e dei luoghi trascendono in simboli e segni, grazie anche ad un stile illustrativo sintetico e geometrico.
La narrazione è semplice e scorre riccamente tra draghi, rondini e creature fantastiche: la stessa Kaguyahime, Principessa Splendente rifulge per un bagliore lunare così delicato da baluginare tra le pagine.
Philip Giordano sottolinea l’appartenenza di questa storia ad un altro mondo. Il finale sceglie di raccontarci lo sbocciare di un amore della Principessa Splendente per l’imperatore, un amore però prematuramente interrotto. Kaguyahime infatti, strappata al mondo dalla sua famiglia lunare, che non può concepire l’amore di questa ragazza per un essere umano, riesce solo a lasciare in dono al suo amato l’elisir dell’immortalità.
«Tuttavia, l’imperatore non desiderava essere immortale se non poteva avere la sua principessa»
La conclusione di questa storia lega questa grande storia d’amore al monte Fuji sul quale l’imperatore – si dice – versò l’elisir dell’immortalità sperando che il profumo giungesse lì dove Kaguyahime si trovava.
«Da allora, tutte le notti, la luna bacia col suo splendore e tinge di bianco la cima di questo monte sacro, un monte che i giapponesi chiamano Fuji, che significa «fuoco immortale”»
La seconda versione di questa fiaba di cui vi parlo è un meraviglioso romanzo, firmato da un autore e un illustratore olandesi che colgono con maestria il cuore di questa narrazione, facendone un romanzo fittamente illustrato che è una meraviglia per gli occhi: La ragazza bambù.
Difficile parlare di romanzo, quando le illustrazioni di Mattias Dee Leeuw riempiono pagina dopo pagina la storia come se fosse un albo illustrato, anche se invece le pagine sono 240!
Il canovaccio fiabesco è rispettato, viene qui però introdotta una cornice più ampia che alterna la narrazione delle vicende di una ragazza, di verde vestita, che abita sulla luna e di quelle della nostra Principessa Splendente sulla Terra.
«Eri sulla luna, perché tu vivevi lì. Sulla luna»
La ragazza lunare osserva con interesse e partecipazione ciò che succede a Oi, un piccolo paese, dove l’anziano tagliatore di bambù incontra per la prima volta una bambina magica, di azzurro vestita: Jie.
«A diciott’anni Jie era talmente bella che gli uomini del villaggio – tutti – quando pensavano a una ragazza pensavano solo a lei. […] Quando passava Jie, gli uomini rimanevano a bocca aperta, e non riuscivano più a richiuderla. Loro non la chiamavano Jie. Per loro quella ragazza era La Principessa splendente del flessuoso bambù: Nayotake no Kaguya-hime»
La storia è perfettamente raccontata e resa “flessuosa” anche attraverso le immagini: ne emerge, vivido, il profondo legame della protagonista con la natura e il profondo legame di affetto che la stringe alla sua famiglia umana.
La bellezza del mondo, la sua bellezza, la bellezza degli affetti, dei dolori, delle gioie intessono la storia di questa ragazza che questa stessa bellezza ricerca nell’amore: può forse desiderare di meno? Nelle proposte dei ricchi spasimanti che le si accostano lei cerca qualcosa di unico, qualcosa di vero, qualcosa di bello… qualcosa di diverso e che nella luna – da dove lei proviene- non esiste.
Eppure cosa vogliono questi principi che desiderano la sua mano?
Dopo aver svelato con astuzia il desiderio di possesso sterile e freddo dei suoi spasimanti, il romanzo ci racconta dell’arrivo di un giovane senza lignaggio e senza nome.
«Il giovane disse che aveva sentito parlare di Nayotake no Kaguya-hime e che era rimasto prigioniero del suo nome, e che aveva voluto conoscere chi si nascondeva dietro un nome così bello.Lui era lì per quello, per la Principessa splendente del flessuoso bambù. Chi era lui, ora non aveva importanza, perché di fronte a lei lui era pallido, annientato e cancellato. Disse proprio così. Poi il giovane tacque. Ma guardava. E Nayotake no Kaguya-hime guardava lui. E quando i loro occhi timidi cominciarono a brillare un pochino, a un tratto si sentì un cinguettio. Gli uccelli che volavano avanti e indietro tra gli alberi avevano capito che era finalmente arrivato qualcuno per cui cantare?“» p. 87
In quell’attimo la Principessa splendente scopre che cosa sia l’amore: un dolore viscerale, un desiderio di stare e la minaccia di dover tornare ad una realtà lontana e atarassica (la luna) che la chiama sempre più insistentemente.
La prova che la Principessa splendente affida a questo giovane senza nome sembra semplice eppure, nell’atto di recuperare dal nido delle rondini il tesoro nascosto, il giovane cade e rimane in fin di vita. Da quell’attimo Nayotake no Kaguya-hime si chiude in un dolore muto.
Alla fine, le voci sulla bellezza di questa ragazza giungono fino all’imperatore che arriva per incontrarla e nel romanzo avviene la svolta, perché quel giovane senza volto si rivela essere l’imperatore in persona, vivo.
«Il suo sguardo… Non solo le faceva volare il cuore, ma lo lanciava in aria, gli faceva fare una serie di capriole, per poi riprenderlo con mani soffici e delicate. Jie sapeva di non potere. Sapeva di averlo rifiutato per quello, provava dolore ogni respiro. Non poteva. Ciònonostante corse da lui e si rifugiò tra le sue braccia. Il giovane era raggiante. L’avvolse nella sua luce. E disse: “Ti aiuto io. Sei con me. Ti aiuto io.” “Liberami”, disse lei. E lui disse: “Ti libero”».
Da quell’attimo incomincia una storia d’amore rigogliosa e viva: Nayotake no Kaguya-hime deve fare i conti tra la libertà, il suo amore e il legame lunare che pende come una minaccia sopra la sua testa.
Il principe scrive una lettera al giorno alla sua innamorata, esprimendole costantemente il suo amore:
«Resto in attesa di ciò che mi vorrei chiedere»
Il finale è unico e per una volta finalmente pieno di amore di felicità: la Principessa splendente tornerà, sì, sulla luna dalla sorella lunare, che ci ha accompagnato per tutto il romanzo, ma con una grande promessa, quella di tornare come nuova figlia e moglie.
Il romanzo è unico, arricchito in modo superbo da queste illustrazioni che riprendono lo stile tradizionale orientale negli acquarelli e nei tratti neri e colorati del pennello, ma con una piglio narrativo moderno descrittivo e dinamico.
Il romanzo scorre con piacevolezza, parola dopo parola, dialogo dopo dialogo.
Una fiaba stupenda che in modo inusuale originale ci fa riflettere sull’amore e la libertà.
«cielo e terra accettatemi in voi». L’amore sta nel mezzo, non solo quello romantico, anche quello filiale.