Uscita qualche mese fa per Topipittori, la storia di Filemone e Bauci ha subito attirato la mia attenzione di passata latinista, perché il latino è la lingua che ha scatenato in me il grande amore per la traduzione.
Diciamo subito che i Topipittori hanno compiuto un’operazione culturale interessante nel presentare questo albo ai giovani lettori e alle giovani lettrici (loro lo consigliano dai 10 anni). Si tratta nello specifico della traduzione, a cura di Cristiana Pezzetta, dei versi 620-724 del libro ottavo delle Metamorfosi, una traduzione integrale della porzione riguardante Filemone e Bauci (tralasciando l’introduzione del personaggio narrante). L’episodio viene dunque presentato come storia a sé stante, senza riferimento al “contenitore” narrativo dell’opera ovidiana, peraltro con un incipit immediato e poetico (un settenario in incognito) che ci catapulta subito in luogo e in un tempo mitici: «C’è sui colli di Frigia…».
L’estrapolazione di singoli miti da opere classiche per un pubblico di bambine e bambini, e in particolare dalle Metamorfosi di Ovidio, non è un fatto nuovo. Raccolte di miti e adattamenti pensati nello specifico per giovani lettori, episodi come quelli di Eco e Narciso, Re Mida, Apollo e Dafne, circolano già dal diciannovesimo secolo. Nell’articolo The Metamorphosis of Ovid in Retellings of Myth for Children (La metamorfosi di Ovidio nelle ri-narrazioni del mito per i bambini), Deborah H. Roberts analizza un corpus di libri di miti per bambini. Le sue osservazioni sono basate su libri in lingua inglese, ma valgono sostanzialmente anche per quelli in lingua italiana.
Roberts analizza le modifiche apportate dagli autori di questi adattamenti: prima ancora che nella lingua o nei contenuti, avviene una selezione a monte dei miti e delle storie considerate adatte a bambine a bambini (vengono quindi rimossi miti che contengano incesto, violenza eccessiva, etc.). In seguito, gli autori o le autrici apportano di volta in volta dei veri e propri cambiamenti anche al contenuto, dettati probabilmente dalle aspettative morali dell’epoca e/o dall’assunto che tali modifiche avrebbero reso le storie più accettabili al lettore bambino. Ad esempio, il vino offerto da Filemone e Bauci si trasforma, in alcune versioni, in latte, oppure, nella storia di Narciso, vengono rimossi i riferimenti all’amore omosessuale. In altre parole, nella storia della narrazione dei miti classici alle bambine, i miti stessi vengono spesso epurati e/o semplificati. In molti casi, viene a cadere completamente anche il riferimento a Ovidio, considerato forse uno scomodo intermediario romano alla fruizione diretta di miti che volevano essere presentati come prettamente greci, nonostante sia proprio grazie a Ovidio e alle sue Metamorfosi che moltissimi di questi miti sono giunti fino a noi.
Cristiana Pezzetta, che oltre che traduttrice è anche archeologa e scrittrice, si confronta esplicitamente con queste tendenze: «A volte […] [le proposte] sembrano più orientate a ripercorrere un sentiero interpretativo neoclassico, prediligendo una lettura dei miti per quello che a noi moderni è utile trovare in essi e forse rifondare. Ecco, questa penso sia la prima cosa da fare quando un mito classico giunge tra le mani di un giovane lettore […]: non sovraimporre una idea di morale alla storia mitica narrata, ma aprire lo spazio della lettura alla condivisione di domande, che i bambini e i ragazzi, come ben sa chi lavora con loro, sono maestri nel proporre» (in Perché leggere i miti ai bambini).
E io credo che Pezzetta riesca molto bene a lasciare aperto lo spazio della lettura, in vari modi. Prima di tutto, come accennato sopra, non propone una rielaborazione o un riassunto della storia ovidiana, ma traduce integralmente verso per verso. Pur non mantenendo la struttura in versi, la traduzione di Pezzetta mantiene un ritmo regolare che si apre ogni tanto su scorci descrittivi dettagliati, indugiando sui particolari quasi per il gusto di raccontare.
In secondo luogo, Pezzetta non ha timore di utilizzare alcuni termini desueti e forse ormai lontani dall’universo lessicale dei lettori (nell’uso ad esempio di caduceo, il bastone portato da Mercurio, o di cratere nel senso di vaso, brocca per il vino). Ho apprezzato la fiducia accordata alle capacità del lettore di risalire al significato dei termini specifici, invece di parafrasarli o di sostituirli con termini d’uso più comune (mi ha fatto sorridere che le due edizioni delle Metamorfosi che possiedo, “per adulti”, presentino entrambe “bacchetta magica” per caduceo, espressione che più che in Frigia sembra portarci a Hogwarts…).
Infine, per i più curiosi, il testo è seguito da un’accessibile postfazione in cui si racconta chi era Ovidio, si spiega il contesto letterario in cui è inserita la storia e anche il contesto socioculturale della storia narrata. Una lettrice curiosa troverà senz’altro pane per i propri denti e materiale per approfondire.
Ottimo lavoro, quindi, e l’augurio che a questo primo albo ne seguano altri dello stesso calibro.
P.S. Un’unica nota su un punto della traduzione che mi ha lasciata perplessa: al verso 718, nel momento in cui la metamorfosi in alberi è quasi completa, Bauci e Filemone si chiamano l’un l’altra per un’ultima volta, all’unisono (simul), con il grido di «o coniunx!». Un termine unisex in latino che permette che entrambi, donna e uomo, lo urlino uguale nello stesso momento. Altri traduttori hanno optato per termini altrettanto unisex quali «Amore mio» o «Mia dolce metà», mentre Pezzetta ha optato per «mio sposo», che resta più vicino all’idea di coniuge ma perde il gioco della simultaneità, in quanto è irrealistico che Filemone chiami Bauci «sposo» e non «sposa» e potrebbe confondere il lettore.
Ringrazio Irene Peirano Garrison, docente di lingua e letteratura latina presso la Harvard University, per il prezioso aiuto nella stesura di questo articolo.
*Anna Aresi è traduttrice, insegnante e mamma di figli trilingui. Per Scaffale Basso cura Parole in ridda, una rubrica dedicata alla traduzione dei libri per l’infanzia. Residente da tempo negli Stati Uniti, lavora da anni con famiglie plurilingui e segue bambine e bambini
nell’apprendimento dell’italiano fuori dall’Italia.