I nonni sono una ricchezza, l’ho raccontato in molte occasioni. Non è tanto la quantità o l’originalità di ciò che si fa insieme a rimanere nel cuore - ad esempio io non ho molti ricordi di posti memorabili visitati insieme e nemmeno, paradossalmente, di giochi fatti insieme ai miei nonni - ma è il clima intimo e rilassato di chi, scevro da ogni preoccupazione educativa, riesce a godere della semplice gioia di stare insieme a te. Quando passavamo l’estate dai nonni in campagna io e mia sorella potevamo vestirci come volevamo (passavamo giornate con minigonne improponibili o vestite da principessa), giocavamo con le statuette del presepe e andavamo alla ricerca di topi nel garage. La mattina la nonna ci preparava la cioccolata calda, il nonno ci faceva mangiare le pesche con il vino, facevamo le granite con il caffè e stendevamo i pomodori sulle lenzuola per farli maturare. Erano tempo magici sospesi e nello stesso tempo unici irripetibili momenti nostri e loro. Il nuovo libro di Benji Davies, scritto e illustrato da lui medesimo, racconta proprio di attimi come questi tra un bimbo, Syd, e il suo nonno.
Il nonno abita in una casa che spicca con personalità tra il grigiore del quartiere, una casa di mare, con un faro alla finestra e un salvagente sulla porta, è una casa sempre aperta ai nipoti, come capita sempre. Oggi però è un giorno strano perché Syd non trova il nonno: non c’è in sala, non è tra le sue piante e nemmeno in giardino… «Then, just as he was about to leave, Syd heard Grandad calling “Ah, there you are!”». Il nonno è lì, in soffitta, - luogo che io trovo quanto mai evocativo anche nei mie ricordi personali - ed è circondato da tutti quei magici oggetti misteriosi e avventurosi che abbondano nelle soffitte dei nonni: quadri, barche, grammofoni, bauli, teiere-tartaruga, timoni, scimmiette di peluches… Oggi il nonno è strano e ad un certo punto «At the far end of the attic, Grandad pulled a sheet down from the wall to reveal a big metal door». È l’inizio di un’altra avventura, basta un clunk e come per magia Syd e il nonno si trovano a bordo di una «very tall ship». «BOOOOOOOOP!…“Steady as she goes!” Grandad boomed». E così nonno e nipote partono e navigano, navigano, navigano per mari tropicali verso un’isola che forse conoscono già, ma che sicuramente riconoscono «LAND AHOY!».
Sbarcati l’avventura non è che all’inizio e i due si danno da fare costruendo capanne di palma e facendosi servire il thè da gentili orango-tango, saltando nelle cascate, dipingendo nella luce nitida della sera. Sono momenti personali, che appartengono a loro e che noi quasi spiamo, nascosti nel rigoglìo della giungla (ben pensati gli scorci da dietro!). «But Syd knew that it would soon be time for them to leave». La preziosità del tempo con i nonni è amplificata proprio forse perché si sa che questi momenti non sono eterni, sono quasi … contati.
Il nonno di Syd però se ne esce con un’idea strana davvero «“I’m thinking of staying”», non è contento nel dire quello che sta per dire (l’espressione corrucciata che Benji ci regala è eloquente), ma lo dice.
«“Oh” said Syd. “But won’t you be lonely?” “No…no, I don’t tjink I will”, said Grandad smiling» circondato da una giungla lussureggiante e pullulante di vita e colori.
«Syd hugged Grandad one last time. He would miss him very much». Il viaggio di ritorno è infatti cupo, nel grigiore del mare e della tempesta: è il percorso necessario, solitario e personale della coscienza.
«Next morning, Syd went back round to Grandad’s house.». Questa volta però nessuna voce squillante lo chiama dalla soffitta, è tutto solamente polveroso e silenzioso se non fosse che «Syd heard something tapping at the window»…
Con delicatezza, ma senza risparmiarci la commozione Benji Davies ci racconta della morte, del distacco, del dolore. Lo fa, aiutandoci a vedere quanto le persone care ci donano nella vita, quanto lo stare insieme a persone che ci amano determini il nostro essere. I momenti vissuti insieme non si perdono: non è solo una questione di ricordi e di passato è un’esperienza presente.
Alla seconda lettura, se ci farete caso, noterete che il peluches, la teiera, i tubetti di colore, il grammofono, l’isola disegnata… quegli oggetti trasfigurati che hanno permesso il passaggio alla giungla- paradiso terrestre non ci sono più in soffitta: rimane solo la tristezza dunque? No, assolutamente! Quegli oggetti appartengono al nonno e con il nonno rimangono, ma è lui in persona a far compagnia al suo nipotino, in modo diverso certo, ma comunque presente.
Noi lo chiamiamo Paradiso, Benji Davies lo ha rappresentato come un paradiso terrestre: è comunque un luogo bello dove ci aspettano tante persone care.
Non mi dilungherò sulla tecnica illustrativa, sulla capacità impressionante di rappresentare la luce, vi dico solo che se possibile la brillantezza dei colori è, in quest’ultimo lavoro, ancora più stupefacente. Gli spazi diventano un’espansione emotiva, che non nega né tristezza né sconforto ma che permette di vedere i dettagli, improbabili tucani che ogni tanto ci ricordano che non siamo soli.
L'isola del nonno
Benji Davies
36 pagine
Anno: 2016
Prezzo: 15,00 €
ISBN: 9788859232810
Grandad’s Island
Benji Davies
32 pagine
Anno: 2015
Prezzo: 10,11 €
ISBN: 9781471119958
Simon & Schuster editore
Anobii
Sì struggente a tratti!
Adoro le illustrazioni di Benji Davies, mi ha definitivamente conquistato per i disegni dell’isola con tutta quella flora lussureggiante ma la storia è tanto triste.
Sì lascia stare, e immagino gatti in ogni dove!!
Aggiungerei anche esiste un paese. Parliamone ma che paesello meraviglioso deve essere quello della balena?!?
Mi sono commossa. E per stemperare… è possibile che non esista una casa creata da Benji in cui non vorrei vivere?!