«Jane. Devo avervi per me, tutta per me. Volete essere mia?» Sentirsi sussurrare queste parole da Edward Fairfax Rochester deve essere stato parecchio emozionante, direi quasi da infarto-colpo apoplettico- svenimento- ti-prego-certo-che-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì-sì
Ma quando poi Edward te lo ritrovi a casa, sebbene Charlotte Brontë ci dipinga un quadro idilliaco, non è che siano proprio tutte rose e fiori, almeno così non è stato a casa mia. E tutto molto semplicemente perché io e mio marito siamo diversi. Io avevo in mente come avrebbe dovuto essere il mio matrimonio, la vita insieme, come sarebbe stato lui, ma tutto quello che avevo in mente è stato sfondato dalla realtà, dalle cose come sono veramente. La lotta per vincere i progetti e le proiezioni sul mondo e suo mio marito è un lavoro faticoso e quotidiano, ma ricco di scoperte inaspettate e nuove.
Il mio adorato marito, in particolare, è la copia spiccicata di Alfredo, protagonista del libro di Oliver Jeffers Quest’alce è mio! , infatti quando mi è capitato di sfogliarlo in libreria ho dovuto fargli un regalo, anche se lui non lo ha capito! :D Per la serie: ci intendiamo al volo, eh sì siamo sposati da 6 anni!
Quest’albo racconta di Alfredo, un bambino dal piglio deciso e autonomo (che è proprio di molti personaggi di Jeffers), che trova un alce e capisce subito che quell’alce «ERA SUO!». Impossessatosi del grosso animale, Alfredo inizia ad elencargli le minuziose regole che vigeranno nella loro amicizia: per esempio la regola 4 prevede di «non fare troppa confusione mentre Alfredo ascolta i suoi dischi in vinile». Marcello – così è stato chiamato l’alce – con impassibile pazienza sopporta Alfredo il regolizzatore e in certi casi sembra quasi rispettare le regole, come nel caso della regola 11 «offrire riparo dalla pioggia». L’amicizia sembra ben avviata: insomma Marcello sta imparando le regole, tra poco sarà in grado di rispettarle tutte! Poi l’irreparabile: una vecchia signora incontra l’alce e ne rivendica la proprietà. OOOOOOHHHH NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO «quest’alce è MIO!». E il dramma vero è che Marcello, mantenendo il suo aplomb, non si ribella affatto alla nuova proprietaria: il mondo crolla addosso ad Alfredo, i suoi sogni di un’amicizia perfetta si accartocciano in nuvolette di rabbia e in intrichi di lana, in cui lui si ritrova intrappolato, fisicamente. Intrappolato in un gomitolo di lana Alfredo comincia preoccuparsi e pensa alle possibili soluzioni (qui, alla vista della nuvoletta rosa che raccoglie citazioni dagli altri libri di Oliver, Saverio attacca a ridere come un matto… :)), sembra tutto perduto «quand’ecco arrivare l’alce» in esatto compimento della regola 73, tra l’altro… Marcello con la solita inconsapevole noncuranza salva Alfredo e torna con lui a casa. Tutto sembra tornato alla normalità ma tutto è cambiato, perché Alfredo ha capito che «non sarebbe davvero mai stato proprietario dell’alce» e così si giunge al compromesso che «L’alce avrebbe rispettato tutte le regole di Alfredo… ogni volta che gli andava».
La vicenda alquanto strampalata e assurda è invece, come al solito, a mio parere, profondissima: più uno cerca di incasellare, etichettare, regolamentare, prevedere l’altro, soprattutto l’amato, rischia solo di ingarbugliarsi, arrabbiarsi e frustarsi… grazie al Cielo di solito a questo punto la tua alce torna e ti libera!
Le tavole di questo albo sono davvero inaspettate. La penna di Oliver è conosciuta: le scritte espressive e brillanti guidano il lettore e ne modulano la voce e il tono. Le figure, con i loro modi, le espressioni, le smorfie i gesti e le posture sono riconoscibili e godibili come sempre: l’arrabbiatura e il cruccio, l’entusiasmo e il compiacimento sono dosati grazie a gesti morbidi, energici e vitali. Tutto sommato anche l’alce con la sua barbetta e le pennellate evidenti che ne dipingono il dorso e le corna è riconducibile alla mano dell’illustratore australiano. Ciò che non mi aspettavo sono gli sfondi: un mix di incisioni antiche (?), fotografie ingrandite e sgranate, dipinti materici, a tutta pagina, tagliati al vivo: uno spettacolo. Un’ambientazione profondamente americana o canadese, delle grandi e verdi foreste, in autunno: i colori e gli alberi letteralmente sembrano espandersi fuori dalla pagina e circondare il lettore. L’alternanza con pagine a sfondo bianco alleggerisce lo sviluppo della storia e, forse, rende ancora più calamitanti e ricche le pagine piene e le linee e la mano dell’autore.
Avrei detto che Saverio non avrebbe mai amato questo libro “troppo da grande” e invece il livello di storia ironica e sorridente di disguidi e incomprensioni, la strana amicizia di Alfredo e Marcello e soprattutto le corna di Marcello «che sembra un cervo!» e il pinguino, il pesce sega a la sega (del balloon rosa!), lo divertono, lo divertono, lo divertono immensamente.
Un’ulteriore testimonianza che i bambini sono ben più profondi di quel che pensiamo e che riconoscono le cose belle, e che Oliver possiede davvero il dono di far ridere dicendo in fondo cose profondissime (o forse io continuo a vedere cose che non esistono!).
P.S. senza fare supposizioni indebite sul mondo dell’autore, io ho proprio pensato che Oliver sia stato l’alce della sua situazione: sapete cosa ha studiato sua moglie? Ingegneria! L’ho scoperto qui!