L’atlante degli animali estinti e da salvare di Nikola Kucharska è un libro che ho trovato particolarmente interessante, perché imposta il discorso storico sull’estinzione delle specie viventi nella prospettiva dell’evoluzione, dei cambiamenti climatici e della coesistenza tra specie senza toni militanti o indirizzati a colpevolizzare i lettori, ma invece cercando di mostrare cause, avvenimenti, ricostruzioni, studi, ma soprattutto la bellezza e il fascino di tante, moltissime creature oggi scomparse.
Larga parte del volume è dedicato all’epoca preistorica: agli anfibi, ai grandi rettili, ai dinosauri e ai primi uccelli e mammiferi.
Le notizie sono molto aggiornate e mostrano con doviziosa accuratezza, seppur succinta, le novità e le scoperte che la paleontologia e la paleozoologia hanno fatto anche in questi ultimi anni.
I dinosauri sono presentati brevemente, ma con precisione in peculiarità, specificità e in relazione al loro habitat e alle specie concorrenti.
Si parla di Animali del Giurassico, Animali del Cretaceo, Animali dell’Eocene, Animali del Pleistocene…
Per ogni breve capitolo sono presentati alcuni soggetti particolarmente significativi a esemplificare il mondo in cui si muovevano e vivevano.
Fornire ai lettori notizie come le riflessioni relative alla eterotermia dei dinosauri o alla capacità di adattamento a particolari condizioni climatiche, mostrare le forme differenti di denti o parlare della proliferazione di alcuni tipi di piante rende evidenti e chiarifica le successive ipotesi che gli studiosi hanno avanzato o stanno avanzando sulla scomparsa delle diverse specie.
Il viaggio lungo la scomparsa dei dinosauri, in questo modo, diventa un viaggio dentro un mondo incredibile così diverso dal nostro e dentro miriadi di modi differenti di vivere.
Tra le pagine ci si addentra incantati tra ipotesi e studi di fossili, ritrovamenti e ricostruzioni minuziose: «gli studiosi pensano che [gli smilodonti] cacciassero in branco. Esaminando le ossa degli smilodonti, i ricercatori hanno scoperto che esemplari gravemente malati e feriti spesso guarivano e vivevano ancora a lungo. Ciò significa che potevano contare sugli altri membri del branco, che dividevano con loro le prede».
Certamente l’avvento dell’uomo segnò un radicale cambiamento nelle cause che determinarono la sparizione di alcuni animali: la caccia e la modifica del paesaggio, adattato alla coltivazione e alla sedentarietà hanno avuto un impatto notevole sulla vita delle altre creature. In tutto il periodo storico, infatti, consapevolmente o meno l’uomo ha sempre avuto un ruolo cruciale nel decretare la fine di una specie, vuoi con l’inserimento di specie animali differenti e aggressive, vuoi con la caccia diretta, vuoi con l’uccisione per difesa…
Le ricostruzioni delle abitudini di singoli animali ci mostrano chiaramente come alcune dinamiche abbiano portato ad esiti fatali, ma nello stesso tempo non ci negano una descrizione interessante e accattivante di quelle che erano specie viventi oggi estinte: l’aquila di Haast si pensa che fosse antropofaga, ma quando la sua preda principale (i Moa) scomparve, si estinse. Gli Uri che comparivano in moltissime pitture rupestri (le più famose sono quelle di Lascaux) e che trapuntano la tradizione orale e i modi di dire polacchi scomparvero all’inizio del 1600, cacciati e scacciati dalla necessità di campi per l’agricoltura. Gli uccelli incapaci di volare sono tra le vittime più numerose, ma compaiono anche molti predatori (tigri e lupi, ad esempio) cacciati per paura di essere cacciati, molti mammiferi acquatici intossicati dallo sfruttamento delle acque o falcidiati per il grasso e le pelli. Stupefacente la storia del piccione migratore, probabilmente «l’uccello più diffuso» sull’intera Terra, perseguitato per imbottire trapunte e per essere cucinato, i cui ultimi esemplari si fecero morire di tristezza nel 1914 nello zoo di Cincinnati. Si estinguono anche gli insetti, anche se le cause sono per più sconosciute!
L’impressione, come vi anticipavo prima, non è però di un libro di scomparsi che lascia amarezza, anzi molte volte le descrizioni e gli avvistamenti fanno percepire come la natura non sia un essere inerte davanti ai cambiamenti anche radicali che il mondo, il tempo e l’uomo determinano, la vita sembra essere infinitamente più ricca (pensate che moltissime specie mai conosciute vengono scoperte ogni anno e che alcuni animali estinti sono considerati tali sulla base di un unico avvistamento che ne ha determinato la registrazione) e che - certo- abbiamo perso meraviglie incredibili, ma molto possiamo imparare e possiamo ancora fare per preservare la ricchezza multiforme di una vita dai mille volti.
Un volume ricco e appassionante, ben illustrato e onesto. Un’ottima proposta dagli 8 anni.