Scrivere un libro, incentrato sul tema adottivo, è impegnativo, lo è sempre, ma quando i libri nascono su temi specifici si rischia sempre di “voler insegnare qualcosa”. Il viaggio di Kiran di Nicola Cinquetti e Maria Girón, invece, riesce, grazie ad una stratificazione di elementi semplici intessuti con la massima attenzione, a raccontarci qualcosa di bello.
La storia vuole narrare il viaggio verso casa di un bambino adottato in un Paese lontano.
Tutto è raccontato da un punto di vista esterno, ma incentrato sul piccolo Kiran e questo è amplificato dalla saggia scelta dell’illustratrice di mostrare, durante tutto il libro, il bambino e il suo punto di vista.
«La notte è cominciata da un pezzo, ma Kiran non riesce a dormire. Domani è il grande giorno, e il suo cuore è come una barca che salta sulle onde del mare»
Gli elementi belli, positivi e inaspettati sono diversi e defilati, ma molto importanti.
Innanzitutto la rappresentazione del luogo di origine in cui il bambino adottato vive, prima di arrivare nella sua casa, è connotato positivamente e in modo neutrale: il bambino è ben vestito, in un bel letto e la finestra alla quale si affaccia dà su un quartiere ordinato… Questo è un elemento assolutamente non scontato e che spesso reitera una narrazione dei luoghi di origine dei bambini imperniato sulla povertà, l’indigenza…
Kiran guarda dalla finestra e - in quello che diventerà un profondo riferimento che lega il “prima” e il “doop” - vede un cane che annusa in giro, un gatto che passeggia sui tetti, una civetta che squittisce su un albero e poi, miracolo dei miracoli, intravede tra le strade un elefante che passeggia.
Questa visione incredibile spinge il piccolo Kiran a svegliare gli amici che dormono con lui e ci dà uno scorcio più ampio sull’interno della camera dove vediamo dei letti a castello ordinati e colorati e bambini diversi che dormono sereni.
Il giorno successivo e la doppia pagina successiva segnano un salto: Kiran è in un aereo, si addormenta e sogna. Tornano nel suo sogno il gatto, il cane e perfino l’elefante che sembravano averlo salutato la notte precedente.
Con la doppia pagina successiva c’è un ulteriore passaggio temporale, che ci porta alla notte successiva, ad una finestra nuova, su una città diversa.
Il testo riassume tutto quello che è accaduto tra l’aereo e questa finestra nella penombra.
«È stato un viaggio lungo. E stancante. E ancora più stancante è stato l’arrivo, con tutte quelle facce sconosciute e con i nomi strani e quelle parole straniere. Ad un certo punto, Kiran non ci ha capito più niente. La sua testa si è messa a girare e non voleva più fermarsi»
In quel momento sospeso, privato e intimo dentro ad una nuova notte fa intuire a Kiran che nulla è strappato, nulla è dimenticato, nulla è cancellato: fuori dalla finestra della nuova casa i cani abbaiano allo stesso modo, così come le civette e persino i gatti sembrano gli stessi in tutto il mondo… ci sono perfino gli elefanti seduti sulla poltrona.
Quello che è nuovo è il “verso” che Kiran scopre il giorno dopo: un verso nuovo, un verso bello e totalmente corrispondente ai propri desideri.
«È la prima volta che lo sveglia la voce di una mamma. È bello, sentire il verso della mamma»
Le illustrazioni di Maria Girón sono sospese, rispettose eppure sempre coinvolte con la voce dell’autore. Viene rappresentato un bimbo dai tratti somatici non occidentali, assorto e impegnato nei suoi pensieri. Le illustrazioni si avvicinano in punta di piedi, empaticamente, al mistero che è questo bambino e rendono l’idea della grandezza di ciò che sta compiendo.
La rappresentazione dei luoghi è positiva e non stereotipata, ma anche simbolica come nell’ultima tavola che spegne idealmente ciò che si vede fuori dalla finestra per concentrarsi su ciò che è contenuto dentro la finestra e quindi sul rapporto con la mamma.
Ben pensati tutti i riferimenti interni: gli animali che tornano simili ma diversi, ripresi poi dai pupazzi e che nella vastità di collegamenti reali, parlano in fondo di casa, di attesa, di legami, di continuità. L’adozione non è spezzare quello che c’è stato prima, la storia di ciascuno è un filo continuo, unico.
Le parole di Nicola Cinquetti riescono in una vastità di significati resi sintetici a raccontare molto, pur lasciando molto silenzio.
Il libro naturalmente è una narrazione particolare e per certi versi rassicurante di quello che potrebbe essere il primo incontro di una famiglia, anche se chi ha già vissuto questa esperienza sa che in realtà l’intrecciarsi di grandi emozioni, paura, aspettative, felicità non rende le cose sempre così lineari, tuttavia questo libro può essere un bel auto-augurio (non regalatelo se non siete i genitori coinvolti!).
Quali sono i punti di forza di questa storia?
- Si accenna alla difficoltà e all’importanza della lingua che spesso è uno scoglio che, certo l’affetto e il desiderio di comprendersi abbatte velocemente, ma che comunque segna per il bambino uno strappo frastornante rispetto alla sua origine. Nel racconto questo elemento è rielaborato attraverso la continuità che gli animali segnano tra il “prima” e il “dopo” e trova una sintesi nel suggerimento interessante nella lingua universale che fa capire il figlio e la mamma: la lingua dell’affetto.
- È interessante che venga raccontato il viaggio che è un altro elemento che accomuna l’esperienza di tanti bambini nati lontani e che rappresenta ancora una volta una preoccupazione grande per dei bambini, il cui orizzonte di vita spesso è stato limitato a poche stanze e che, di botto, devono affrontare un aeroporto, un aereo…che qui viene raccontato con molta semplicità, pur con dettagli precisi.
- La focalizzazione illustrativa e sulla voce del protagonista permette di esplicitare, anche se in modo semplice, tanti piccoli dettagli che sono comunque passi di difficoltà che si pongono al bambino: la notte dell’attesa, gli amici che restano, la confusione affettuosa e frastornante dell’arrivo a casa…
Credo che questo sia un bel libro sull’adozione che se non piegato alla pretesa di rappresentare quello che “dovrebbe” essere, ma ciò che “potrebbe” essere, può diventare un punto di partenza interessante per mettersi nei panni dei nostri figli adottivi.