La raccolta di Nicola Cinquetti, Quando la sera la luna ci parla, è una raccolta di poesie dedicate a tutte le esperienze di rumore (e, di riflesso, di ascolto) che costellano la vita quotidiana.
In realtà, questo si rivela come una sorta di doppio gioco perché la poesia, per la sua natura originariamente orale, fa risuonare le parole, fa “rumore” e in questa raccolta, quindi, c’è un doppio risuonare: delle parole poetiche e del rumore-suono evocato.
Non solo, perché con una scelta particolarmente calzante, l’editore ha scelto per queste poesie le illustrazioni di Alessandro Sanna che, attraverso i suoi acquarelli dai confini frastagliati che cadono sulla pagina proprio come se fossero gocce d’acqua colorata, crea una vibrazione dell’immagine, una sorta di tracciato acustico che emana dalle figure.
«La vedi quella macchia?
È un maschio di cornacchia
che gracchia senza grazia
e i timpani mi strazia»
Non pensate però a una raccolta “rumorosa” perché Cinquetti non è poeta dai suoni disturbanti e dalle rime roboanti, anzi la tessitura poetica, che sfrutta spesso il sottile strumento delle allitterazioni, invita spesso al silenzio, all’ascolto, perché la rievocazione di rumori spesso impercettibili che accompagnano la nostra esistenza possano emergere dalla zona di rumori bianchi:
«Il mattino tinto di luce
il viso intontito del bambino
i biscotti intinti nel latte
il tintinnio del cucchiaino»
Lo sentite il tin tin?
Il legame tra suono, suono della poesia e immagini è ribadito da frequenti sinestesie testi che intrecciano i colori alle parole:
«Giallo strillo del gallo
verde fruscio della serpe
bianco silenzio del lampo
nero frastuono del tuono
grigio brusio della pioggia
squillo di sole amarena
blu ribollio di balena»
Le esperienze ricamate finemente tra i versi raccontano la vita che si muove e che quindi produce suoni e rumori, consciamente e inconsapevolmente: le voci delle persone, i versi degli animali, i colpi della pallina da tennis, il bubolare del gufo, i passi sul marciapiede, il mescolìo del cucchiaio nella pentola e poi la centrifuga della lavatrice, le ventole del forno, l’acqua dello sciacquone, il gocciolio del rubinetto, lo sfrigolio del cibo che cuoce, lo scricchiolare del letto, le travi di legno che si distendono, la pioggia e tutti i rumori naturali del vento, del mare…
«Bello lo scroscio dell’onda
quando si sfascia sulla sponda
ma io preferisco la voce segreta
dell’onda che scorre mansueta
sul liscio velluto del mare
e mi suggerisce di riposare»
Tutto questo concerto sonoro si riflette e dialoga con il poeta e l’uomo, in termini emotivi e sensitivi, seguendo impercettibilmente un alternarsi delle stagioni e del giorno e della notte che crea una cornice narrativa che compie il libro.
Rumori fastidiosi, ma anche silenzio improvviso della conclusione del ciclo della lavatrice o della ventola del forno o della parola poetica che, ad un tratto, fanno godere alle orecchie il rumore piacevole del silenzio.
«Il silenzio del pulcino dentro l’uovo
il silenzio quando torni e mi commuovo
il silenzio quando scarto il tuo regalo
il silenzio a denti stretti dello squalo
il silenzio di Pinocchio tra i gendarmi
il silenzio quando cerco di scusarmi
[…]
il silenzio che non sai che cosa sia
dell’istante in cui finisce una poesia»
Una sottile raccolta di poesia che gioca a sussurrare e a giocare con i suoi ascoltatori e che ha il sorprendente esito di far sentire il mondo che ci circonda e di far percepire il riflesso che si riverbera sull’uomo.
«Se c’è chiasso
ci vedo di meno
se c’è buio
ci sento di più»