Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani offre l’occasione di scoprire o riscoprire questa figura chiave sia nella storia della Chiesa che nella storia dell’educazione e della scuola italiana.
La scuola più bella che c’è è un bel romanzo biografico nato dall’esperienza di un lavoro teatrale Cammelli a Barbiana scritto da Francesco Nicolini e Luigi d’Elia e poi trasformato in romanzo, grazie anche ai ricordi, affidati a Sandra Gesualdi, della grande esperienza che fu la scuola di don Lorenzo Milani, .
Il romanzo, organizzato in brevi capitoli, ripercorre cronologicamente la vita di don Lorenzo dalla sua nascita fino alla morte, intervallando episodi e racconti a testi epistolari e autobiografici che sono una parte importante e preziosa della storia documentaria di questo sacerdote e autore.
Io sono molto affezionata a don Lorenzo e di lui ho letto e amato sia le raccolte epistolari che molti dei testi che ha scritto e sono stata felice di ritrovare una biografia rivolta ai ragazzi che finalmente rendesse accessibile la vita straordinaria di quest’uomo non solo agli adulti.
La scrittura è scorrevole, molto chiara, piena di riferimenti precisi sia alla Storia che al contesto culturale, creatosi in seguito alla Seconda guerra mondiale. Ne emerge il ritratto di un prete «spigoloso irritante, dinamitardo, rivoluzionario e rompiscatole», un uomo, tuttavia, che nell’incontro con Cristo riplasmò il suo entusiasmo, orientandolo in una prospettiva cattolica appassionata all’uomo e in particolare i bambini e alla loro educazione. Come un novello san Francesco, Lorenzo, figlio di una ricca famiglia di imprenditori e finissimi studiosi, gode del privilegio di essere ricco per tutta la sua infanzia e la sua giovinezza fino ad un incontro che lo rivoluzionò. Nel 1947 don Lorenzo viene consacrato sacerdote e già in seminario intuisce che il suo spirito indomito, la sua testardaggine e il fuoco che gli brucia dentro non sono ben accolti da tutti coloro che lo incontrano: don Lorenzo o lo si ama o lo si odia e questa sarà una costante della sua vita, accompagnata - ed è bello che in questo romanzo emerga - dalla fedeltà assoluta che questo sacerdote avrà alla Chiesa. Isolato ed esiliato dal circuito delle chiese più rinomate per la sua schiettezza, il suo modo esplicito e duro di prendere posizione e domandare su qualsiasi cosa accadeva, don Lorenzo fu mandato nell’isolatissima parrocchia di Barbiana con l’idea di soffocare il suo entusiasmo.
Eppure è proprio lì che, invece, darà vita ad una scuola che accoglie i figli degli ultimi che costituiscono poi la quasi totalità dei suoi parrocchiani. Nella scuola di Barbiana si insegna tutto, si impara insieme e nasce un’idea di scuola cooperativa che farà “scuola” in tutta Italia. Esemplare è la descrizione che i ragazzi di Barbiana fanno della loro scuola, inviandola a i ragazzi di Piadena - allievi di un altro maestro che ha fatto la storia dell’Italia, Mario Lodi -:
«Cari ragazzi, [...] la nostra scuola è privata. È in due stanze della canonica più due che ci servono da officina. D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca! Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi. […] L’orario è dalle otto di mattina alle sette e mezza di sera. C’è solo una breve interruzione per mangiare. [...] Quando c’è la neve sciamo un’ora dopo mangiato e d’estate nuotiamo un’ora in una piccola piscina che abbiamo costruito noi. Queste non le chiamiamo ricreazioni ma materie scolastiche particolarmente appassionanti! […] Abbiamo 23 maestri! Perché, esclusi i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano a quelli che sono minori di loro. [...] Abbiamo scelto la scuola per lavorare meno. [...] A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare: non c’è né voti, né pagelle, né rischio di bocciare o di ripetere»
Il racconto della nascita della scuola e della passione che quest’uomo ebbe per i suoi ragazzi si intreccia la storia di una parrocchia che rimase unica nel suo genere. I ragazzi dei contadini di quella piccola zona di montagna percorrevano chilometri nei boschi per frequentare quella scuola parrocchiale, gratuita e aperta dalle 8 del mattino alle 7:30 di sera, 365 giorni l’anno.
Esemplare è l’episodio del piccolo Luciano che doveva attraversare un bosco e un fiume per raggiungere Barbiana, lo faceva con la lanterna la mattina prestissimo e nel buio della sera, ritornando a casa. Per lui i ragazzi di Barbiana protestarono e ottennero un ponte, perché non dovesse guadare il fiume! Fu uno dei primi episodi grazie al quale i ragazzi di Barbiana scoprirono che, chiedendo alla politica di fare insieme, si potevano ottenere dei risultati.
«A Luciano brillano gli occhi, un ponte tutto suo, lui che deve dividere i vestiti con i fratelli più piccoli. Un ponte tutto per sé. Col dito fa una dedica nel cemento ancora fresco. Ci scrive: “a me“. Quella dedica è ancora lì»
È una scuola unica, quella di don Lorenzo dove si costruiscono gli strumenti di cui sia bisogno, dove si parte e si va in gita alla Scala, dove si legge Il piccolo principe e si compongono mosaici con i vetri recuperati in città: Barbiana è l’esempio di una scuola che desidera costruire una didattica personalizzata per ognuno e con ognuno dei ragazzi che varca la sua soglia.
Un’opera costruita da un sacerdote spesso considerato inopportuno, un sacerdote che dice le parolacce, ma con un cuore grande che accoglie qualsiasi ragazzo considerato un nulla o rifiutato da tutti gli altri luoghi deputati all’educazione.
«Lorenzo ama i suoi figli, ha perso la testa per loro, non vive che per farli crescere, per farli aprire, per farli sbocciare: chi non farà così non farà mai vera scuola, perché le persone, i ragazzi in particolare, non credono a chi non ama. La scuola non può che essere fatta per amore»
Il racconto dell’esperienza di Barbiana si intreccia poi a tutte le lettere, agli scritti che nella scuola nacquero ed è impressionante pensare che i ragazzi - che avevano un’età spesso inferiore ai 15 anni - si ritrovavano insieme a don Lorenzo a trattare e scrivere su temi come l’obiezione di coscienza, la pace, la questione della liceità delle leggi: tutto interessava, nulla era loro estraneo!
Molto complesso e pure accennato è anche il rapporto con l’istituzione ecclesiale che in molte figure mostra l’incomprensione di questa persona unica nel suo genere. Stupenda, tuttavia, la lettera di risposta al suo vescovo con cui più di tutti ebbe incomprensioni:
«Ho badato ad accettare in silenzio perché volevo pagare i miei debiti con Dio. E Dio invece mi ha indebitato ancora di più: mi ha fatto accogliere dai poveri, mi ha avvolto nel loro affetto. Mi ha dato una famiglia grande, misericordiosa, legata a me da tenerissimi e insieme elevatissimi legami. Qualcosa che temo lei non abbia mai avuto. E per questo m’è preso pietà di lei»
Don Milani fu il precursore geniale di tanti grandi temi che interessarono e interessano la scuola e il mondo intero e merita di essere conosciuto nella sua storia.
Mi chiedo tuttavia se questa rivoluzione che avvenne a scuola sia ancora attuale: don Milani e i suoi ragazzi riconoscevano il valore dell’educazione e della scuola e ci andavano tutti i giorni, 12 ore al giorno: oggi forse non è più così e, nonostante i dati di abbandono scolastico siano provocanti, mi chiedo se oggi la scuola sia ancora tenuta nella considerazione in cui era tenuta da quelle famiglie o se invece non sia considerata un ostacolo, un passaggio al miraggio del guadagno semplice senza fatica.
P.S. mi permetto un solo appunto, su una frase che ho trovato stonata in tutto il romanzo.
«Ognuno deve essere responsabile delle proprie scelte: bisogna saper dire di no alla Chiesa, allo Stato, alla famiglia, e poi essere pronti a pagare per quelle scelte. Ma solo la propria coscienza si deve rispondere»
Questa frase estrapolata a commento dell’opera di Don Milani L’obbedienza non è più una virtù secondo me sfalsa e confonde due capisaldi del pensiero del prete toscano: uno l’obbedienza alla Chiesa che è qualcosa su cui lui non ebbe mai tentennamenti, proprio perché da cattolico conosceva perfettamente la differenza tra una legge degli uomini e gli insegnamenti di Cristo. Dall’altra la risposta alla propria coscienza non fu mai da lui considerata un atto individualista: Don Milani si confrontava sempre con i suoi ragazzi, con il suo direttore spirituale e i confratelli che sentiva vicini, perché non ci si salva mai da soli, amava ripetere.
Sì, sì ci sono parti molto chiare e complete sulla questione.
Grazie Maria. Oggi forse non si parla abbastanza di quest’esperienza…oppure, se lo si fa, la si astrae dal contesto in cui è nata e cresciuta..privandosi così di una chiave interpretativa per capire questo sacerdote e il suo amore per i ragazzi, che non può essere compreso se non con l’amore di Don Milani per Gesù e la Chiesa. Quello che hai scritto nella recensione è tutto contenuto più o meno nel libro? Per capire se quindi la parte biografica sia abbastanza completa, per chi non avesse letto altro su Don Milani.