Marzo è il mese tradizionalmente dedicato alla preparazione della Bologna Children’s book fair. Questo significa che, tra poche settimane, avrò l’occasione di incontrare e di sfogliare libri che magari non arriveranno mai sugli scaffali italiani, come quello di oggi. The blue: bench di Mia è un libro menzionato nel 2023 al BRAW tra le opere prime più significative e che solo l’anno scorso sono riuscita ad accaparrarmi nella libreria internazionale della fiera.

Il libro è un’edizione limitata prodotto da un’illustratrice della Corea del sud, Mia, di cui si conosce il nome, ma di cui è difficile reperire qualsiasi altra notizia.

Il libro è pensato in modo originale e si apre come se fosse una vetrinetta, animandosi grazie a quelli che apparentemente sono due libri che si specchiano e che compongono insieme le immagini come un melìmelò.

Il soggetto che unisce queste pagine è appunto una panchina azzurra, blue bench, ma lo scorrere dei personaggi che, nelle diverse pagine, si accomodano sulla sua superficie si combinano in modo da dare innumerevoli combinazioni.

L’idea su cui si basa questo libro declina il concetto di luogo e bene pubblico, come può essere una panchina, sulla quale, data l’assenza di proprietà, si possono sedere persone diverse e imprevedibili.

Il gesto di sedersi, occupando una porzione della panchina diventa simbolicamente il porsi di una domanda, l’evidenziarsi di un’attesa. 

Le attese, le domande e le storie di chiunque sosti su un’estremità della panchina possono entrare in sintonia con chiunque occupi l’altra metà, ma anche rimanere intimamente estranee.

L’autrice quasi nasconde tra le sfumature cromatiche di blu delle illustrazioni alcune parole in coreano e in inglese, una per ogni pagina, come fossero suggerimenti per leggere quello che accade. Nelle pagine di sinistra ci sono dei verbi (incontrarsi, perdonare, odiare, amare invitare…) che possono combinarsi vicendevolmente con le pagine a destra dove invece appaiono pronomi o brevi sintagmi (tutti, ancora, per sempre, un momento che non verrà più).

Sfogliare le pagine dà vita a numerose storie che i toni del blu, in modo molto democratico, rendono equivalenti le une alle altre, e che continuano nelle pagine esterne.

L’impressione generale che questo libro è di profonda malinconia, impressione confermata dal breve testo introduttivo che l’autrice allega nel confezionamento del libro: 

«Tutto quello che volevo fare era guardare i volti delle persone nei vecchi album. Ho disegnato i volti dei miei parenti, dei miei amici d'infanzia e i volti anonimi che non ricordavo più, e ho riflettuto sul fatto che non c’era una ragione particolare per cui apparivano e scomparivano nella mia vita. Pensavo che l’essenza della tristezza fosse la mancanza di una ragione. Il motivo, per essere precisi, va oltre la mia comprensione. Il modo in cui utilizziamo la tristezza come mezzo per superare un momento di dolore intenso è simile all’atto di conservare le foto una per una in un album. Guarda il presente così com'è, accetta ogni momento e, se non riesci a dimenticarlo, apprezzalo»

Un libro uno azzurro e malinconico sullo struggimento malinconico di chi attende, disposto a che qualsiasi cosa accada.

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