Per spiegare quanto sia attesa e importante l’uscita in Italia, in questi giorni, di Nel mondo là fuori di Maurice Sendak, cercherò di raccontare qualcosa di questo libro.
Innanzitutto è considerato l’ultimo capitolo di una trilogia (la trilogia delle cadute) che si apre con Nel paese dei mostri selvaggi e prosegue con La cucina della notte e, contemporaneamente, è il primo capitolo di una seconda trilogia che continua con Cara Mili e finisce con un libro ancora inedito in Italia, We are all in the dumps with Jack and Guy.
Due trilogie che si intrecciano, con al centro proprio questo libro.
Nel mondo là fuori esce nel 1981, un anno chiave per Sendak, che è reduce da un attacco di cuore che lo ha molto spaventato e che lo ha portato a riflettere sul suo lavoro. Sendak, inspiegabilmente, temeva di aver perso il suo talento si sentiva come dentro una tempesta che, non a caso, si ritrova nitidamente rappresentata nel cuore e alle spalle della protagonista di Nel mondo là fuori.
Questo libro, a differenza degli altri di Sendak, per i quali il lavoro di realizzazione non aveva mai superato l’anno, richiede cinque anni per essere concluso (1975-1980). Sendak, scrive, riscrive, fotografa, disegna: è un periodo di grandi ripensamenti che segna distintamente una svolta e un punto di non ritorno nella sua illustrazione.
Se non bastassero queste ragioni, a spiegare l’importanza di questo libro, occorrerà leggere le parole del diretto interessato:
«Nel mondo là fuori è il mio libro preferito e anche il più personale. In gran parte si basa su ciò che mi spaventava di più quando ero bambino» Caldecott e Co.
Il libro racconta di Ida, di sua sorella minore e della loro mamma che vivono insieme, a terra, mentre il padre è per mare. La madre è rappresentata triste, quasi assorta sotto un pergolato, dimentica delle figlie. Ida, di fatto, deve prendersi cura della sorella, anche se questa responsabilità la appesantisce e la inchioda. Una sera, mentre si dedica a suonare il suo corno, dei goblin malvagi rapiscono la sorellina, sostituendola con un pupazzo di ghiaccio; quando Ida si accorgerà della scomparsa, si abbandonerà alla rabbia. Quello che era nato solo come una fantasia cattiva e segreta, frutto della frustrazione e della stanchezza, si è trasformato in una realtà dal potere liberatorio. Tuttavia Ida, come ogni bambino, riconosce la bontà delle cose e torna in sé, lanciandosi in un’avventura risolutrice: indossa l’impermeabile giallo di sua madre e parte – o meglio salta «dalla finestra lanciandosi all’indietro nel mondo là fuori».
Il passaggio necessario perché il salvataggio abbia successo è una caduta, un rischio che Ida, come tutti i bambini, deve correre e che ha la forza di affrontare. La tavola della caduta, come tutte quelle del libro, è ricchissima di riferimenti psicoanalitici e simbolici: Ida cade, cade in un sogno, cade in un pensiero, Ida si abbandona alla sua rabbia, si immerge in un sogno… tutto è possibile.
Anche nel buio della notte, tra goblin malvagi, Ida non è sola (come non è solo Max, quando trova in camera la cena preparata per lui): è il suo papà ad aiutarla, non sostituendosi a lei, ma offrendole un suggerimento attraverso un eco (un parallelo con il «buon profumo di cose da mangiare che raggiunge Max»):
«Se la mia Ida, sotto la pioggia,
potesse girarsi una buona volta,
con il suo corno stregherebbe il demonio
guastando la festa di matrimonio!»
Come spesso accade nei libri di Sendak, è la musica a offrire la soluzione al grande guaio in cui Ida e sua sorella sono incappate: la melodia del corno incanta i goblin che, rivelandosi bambini, si dissolvono nella spuma del mare e questo permette a Ida di riabbracciare sua sorella.
Si concentrano in queste pagine innumerevoli riferimenti autobiografici che potrebbero essere invisibili agli occhi di chi non abbia letto gli scritti o abbia studiato la vita di Sendak. L’impermeabile giallo, il caso Lindberg, la scala a pioli, il ruolo della sorella maggiore che si prende cura della sorellina più piccola sono tutti elementi che pescano dall’infanzia dell’autore.
A questo si intreccia un ordito di citazioni coltissime che vanno dall’archeologia alla storia dell’arte, dal cinema alla fotografia e alla storia della musica, e anche se i critici hanno scritto volumi interi dedicati alla mappatura delle fonti presenti in esso (penso al libro di Jonathan Cott), Nel mondo là fuori rimane ancora oggi una delle opere più misteriose di Sendak.
Le illustrazioni sono quasi iperreali, ricche, densamente colorate, misteriose, stratificate: ogni anfratto, ogni dettaglio racconta qualcosa in un dialogo costante tra i piani, simbolico e reale, ma anche interno ed esterno.
La trama, lo stile molto realistico ma anche molto onirico e la sua ricchezza di contenuti lo rendono uno tra i libri più perturbanti nella produzione per bambini di Sendak ed è per questo che, spesso, è stato ed è allontanato dal pubblico infantile, diventando il feticcio di appassionati lettori adulti.
«Compared to these volcanically emotional, deeply disconcerting pictures, Max’s trip to the land of the Wild Things seems a backyard picnic, and Mickey’s sojourn in an oven and flight to the top of a milk bottle seem, well, a piece of cake. […] Outside is an entire concert of disconcert; it never lets up» scrive Kushner
[A confronto con queste immagini che sono un vulcano di emozioni profondamente sconcertanti, il viaggio di Max nel paese dei mostri selvaggi sembra un picnic in giardino, e il soggiorno di Mickey in un forno e il suo volo verso la cima di una bottiglia di latte sembrano un semplice gioco da ragazzi. […] Nel mondo là fuori è un intero concerto di sconcerto; non si ferma mai]
Ancora una volta il mio invito è quello di non allontanare i bambini da questo libro, ma di accompagnarli in questo viaggio terribile però pieno di speranza.
Certamente ciò che caratterizza in modo più spiccato questo volume, rispetto ai precedenti, è l’affrontare e il trovarsi faccia a faccia con la paura e la morte, tema assai caro a Sendak, per cui l’infanzia testimonia anche il miracolo di una sopravvivenza.
Quello che fa Ida, in questa storia, rappresenta infatti il coraggio dei bambini: di fronte alla possibilità dell’ineluttabile perdita della sorella, si rimbocca le maniche e fa quello che deve fare, anche se si tratta di qualcosa di pauroso e inquietante.
Contrariamente all’aspetto cupo e spesso spaesante delle immagini, la storia è un’epopea di coraggio e di speranza.
I bambini ce la fanno, nel mondo là fuori.