Prendere il volo è uno dei volumi della collana PiNO – che trovo una delle più belle in circolazione nel grande macrodipartimento dell’editoria di divulgazione – che si presta in modo più spiccato al godimento della lettura e meno all’osservazione e all’esperienza dei piccoli lettori, tratto peculiare invece dei volumi precedenti.
Leggere Prendere il volo, infatti, è un po’ come leggere L’anello di re Salomone di Konrad Lorenz in versione tematica “uccelli”: una lettura in cui ci si immerge e da cui ci si fa ispirare, una serie di racconti che ti fa venire voglia di incontrare sul serio un uccello caduto dal nido, ma che in sostanza non fornisce molti strumenti pratici, oltre allo stupore.
Marina Marinelli ci racconta sette incredibili esperienze di salvataggio e cura amorevole di uccellini caduti prematuramente dal nido e arrivati a casa sua. In ogni capitolo l’autrice ci racconta carattere, abitudini e motivazioni di razza (questi uccelli sono fatti per fare cosa?), oltre a tutto l’iter di soccorso, al periodo di accudimento e poi al rilascio in libertà. I capitoli sono storie, racconti molto specifici, anzi unici come sono unici gli uccelli, chiamati per nome, al centro di queste avventure: Tommaso, Cinci, Razzo, Sdentato, Sette…
Gli uccelli sono descritti per i loro sguardi e il loro carattere, che è unico per ciascuno, al di là delle motivazioni naturali e della morfologia. Certo sono presenti notazioni comportamentali, ma soprattutto l’autrice condivide con i lettori le sue osservazione e le deduzioni stupite che l’incontro con ogni uccello desta in lei.
Il testo fiorisce per il calore della scrittura dell’autrice – schietta e personale, intima e a tratti poetica – che si dichiara da subito un’appassionata e non una ornitologa, una campagnola, considerando il termine nel senso che mi fa più invidia possibile, ovvero quello di una donna che vive e si gode la campagna.
«La prima cosa che notai, fu un particolare mai riscontrato in altri uccelli: aveva uno sguardo riservato, saggio».
Le strategie utilizzate per salvarli sono descritte minuziosamente, ma non in modo analitico: spesso possiamo solo immaginare come si costruisca un nido adatto, come sia una cacca di un uccellino in salute o come si calcolino i tempi per regolare l’alimentazione. Le informazioni vanno dedotte e annotate proprio come si farebbe in presenza di un racconto esperienziale e non un manuale. Un punto di partenza per approfondire, altrove.
Proprio per la natura del testo, tanti termini specifici non sono spiegati (o spiegati dopo un po’ che sono stati usati), e se possono certamente essere dedotti dal flusso del racconto, tuttavia lasciano un margine interpretativo non esauriente (imbeccare, precoce, remiganti, copritrici, timoniere…). Anche alcune deduzioni rimangono sospese e il lettore si potrebbe domandare il perché di alcune considerazioni, che sembrano importanti, ma per le quali non ha gli strumenti per la comprensione:
«Essendo un nidiaceo, presentava la cavità orale gialla e i margini interni del becco molli e bianco giallastri».
«Era un uccello aereo. Per questi uccelli le penne sono sacre. Lo adagiai su un panno di cotone per visitarlo, evitando di toccarlo».
«All’interno del nido si deposita una polvere bianca, simile a forfora. […] È importante toglierla, per evitare che le penne si sporchino».
Le immagini bellissime di Silvia Molinari sono potentissime nell’amplificare la sensazione di avere per le mani un quaderno di appunti personale: i soggetti ritratti, i particolari, le piume, le uova etc. non sono infatti per forza correlati al contenuto del testo. A volte i disegni fanno un loro discorso che arricchisce il racconto di dettagli e confronti non toccati dall’autrice, altre volte gioioscono della bellezza dei soggetti, cieli o pulli che siano, senza che diano appigli scientifici per il riconoscimento dal vero (le borre, ad esempio, sembrano meravigliosi sassi screziati).
L’impressione finale su questo libro è che si tratta di uno splendido esempio di narrazione naturalistica, l’affascinante documentazione di come sia possibile relazionarsi con gli animali in modo empatico e arricchente. Una lettura coinvolgente che incuriosirà i giovani lettori dagli 8 anni. Mi sono rimaste tante domande: quando è più facile osservare un rondone? Come comportarsi per avvicinare una ghiandaia? In generale, come fare per osservare e godere della comprensione del comportamento degli uccelli?