Ciò che è ignoto, celato, taciuto è assai più spaventoso di ciò che, pur malefico e cattivo, si vede.
La casa di un altro mondo di Małgorzata Strękowska-Zaremba ne è un esempio ben scritto e coinvolgente.
L’incipit in medias res ci catapulta nei pensieri di una bambina e nel suo nascondiglio, scovati entrambi all’improvviso da un altro bambino, Daniel: «il cuore della bambina si mise a tremare come un cagnolino lasciato fuori al gelo. Eppure era una giornata abbastanza calda. “Mi ha vista a scuola! Conosce il mio nascondiglio!”»
L’autrice polacca agita il cuore della bambina e della storia creando una spirale di inquietudine, costruita sapientemente grazie ad una focalizzazione che rimbalza tra una voce che sa non vuole parlare e un’altra che non sa e cerca faticosamente di capire. Il lettore si trova in mezzo, in balia degli eventi taciuti e che comprende essere immensamente più sfaccettati e complessi, c’è una casa che Marysia spia, è una casa cattiva, si trova in via della Gioia, ma una magia oscura l’ha fatta crescere senz’acqua e continua a spargere male e malefici nascondendoli dietro un’affascinante facciata giallo canarino.
Il suo amico Daniel inizialmente non le crede, ma progressivamente la magia, o meglio l’aguzzarsi della vista mostra ciò che i più non vogliono vedere: è possibile che una casa non proietti ombra? È possibile che dentro una casa nevichi mentre fuori splende il sole? Perché una casa dovrebbe avere dei vetri dipinti tutti uguali?
«Per raccontare tutti i segreti della Casa ci sarebbe voluto un cuore protetto da una dura corazza, e non uno così comune, in un guscio fragile come un uovo».
Il sottile tendersi della tensione non dà tregua, infilandosi tra gli appostamenti quotidiani dei due bambini e le attività normali, fatte di scuola e casa; è una climax che fa leva anche su piccole inserzioni del narratore che esplicita inquietanti ipotesi che non hanno luogo.
«Se si fosse girato un’altra volta, forse si sarebbe accorto di essere seguito»
«Ma se avesse abbassato lo sguardo avrebbe visto le occhiate rabbiose degli gnomi»
«Se si fosse guardato alle spalle avrebbe visto che il rubinetto argentato lo osservava con gli occhi immobili di un serpente»
Cosa accade? Cosa si nasconde? Cosa c’è dentro quella casa? Cosa si nasconde tra le sue camere? E cosa nasconde?
Abbiamo paura, una paura folle eppure controllata come quella di Marysia, e intuiamo che abbiamo a che fare con qualcosa di magico, che proprio perché magico, non è prevedibile.
La magia cattiva tocca e contamina, si attacca e non molla e i lettori ne sono ammorbati nel sentire quel che sentono i protagonisti, nei sogni, nei pensieri, negli occhi: la casa ti si attacca dentro.
Eppure l’apparenza dice di una deliziosa casa gialla abitata da una famiglia che sembra deliziosamente perfetta. Saranno loro i cattivi? Una famiglia del “Mulino bianco”, come facciata per un segreto oscuro?
Appostamento dopo appostamento capiamo che gli abitanti della casa cattiva sono in realtà vittime: Marysia lo sa e lotta per liberare la casa dalla magia cattiva.
«Avrebbe tolto la magia alla casa e liberato tutti dalla paura. Avrebbe liberato i bambini e la mamma, e anche il papà»
In ritmo narrativo breve e modulare sembra seguire il soffio del cuore dei due protagonisti, due cuori che battono, vivi e incalzati dagli eventi.
Il legame tra i bambini è negoziato, non è assoluto e immediato: i bambini si studiano, si domandano si arrabbiano si immaginano traditi (è veramente così?), la casa, infido essere incantato dalla magia nera, sembra a tratti indebolire il loro legame, però allo stringere dei fatto la risposta di schianto è una sola: «“Sei amico della piccola” suggerì il cuore. “È vero!” ammise con energia».
La paura quella incontrollabile si scatena in scene terrorizzanti soprattutto perché toccano e trasfigurano le solite cose buone, quotidiane come il papà che toccando inavvertitamente una parete, la pelle della casa, si trasforma in un spaventoso leone. L’idea della punizione, di un dolore o un male futuro e preannunciato è un’ulteriore strategia che l’autrice utilizza per far crescere il terrore: il panico si insinua malignamente e contribuisce a creare un clima di allarme.
«Il secchiello rotolò sul prato. “Oh, no!” gridò d’impulso Marysia. Aveva osservato la Casa abbastanza a lungo da sapere che non sopportava il disordine e che avrebbe punito il bambino».
Il punto di non ritorno è proprio la terrorizzante scena del leone: Marysia e Daniel decidono di andare di nascosto alle radici della casa, nelle cantine nere della casa per svelare il segreto (di sé) che nasconde, solo così la casa si libererà dal male. Il viaggio è per coraggiosi e impavidi, ma i ragazzi sono insieme e si fanno coraggio: il nero è più nero del nero, la casa si ribella cerca di farli perdere, e poi di sotterrarli vivi e poi di dividerli…
La ricerca della verità su di sé è un viaggio incredibilmente interessante, anche se si tratta di una casa, ma nel più terrorizzante dei viaggi quando l’unico oggetto rifulgente è un diario vuoto, il lettore quasi si ferma e si domanda.
Ma tutto questo dolore, questa paura, questo coraggio… perché?
Perché coinvolgersi nel destino di una casa, se non è la tua casa?
E lì, in un letto di ospedale, al capezzale di Marysia mentre ancora il lettore brancola nel buio scopriamo che la mamma di Daniel sembra sapere molto più di Daniel, molto più di tutti noi lettori della casa e di Marysia.
«La tua mamma è ricoverata al piano di sopra. Se solo i medici le permetteranno di alzarsi verrà a trovarti»
È in quel momento che capiamo la verità. Capiamo che quella casa per cui tanto dolore si è scatenato è proprio la casa di Marysia. Non avevamo capito niente.
Rileggere tutta la storia alla luce di questa verità, quella di una violenza domestica, è forse più straziante e pauroso: tutta la magia è sparita, ogni appiglio al sovrannaturale scompare sotto la luce inclemente della verità.
O forse no?
«[Daniel] capì che la Casa non aveva nascosto un diario per celare delle formule capaci di togliere la magia. L’aveva nascosto per impedire di scrivere la verità. […] La casa con i muri gialli … è la mia casa. … Questa notte ho difeso Ola, Lukasz e la mamma dal leone. Ma il leone ha spinto la mamma giù dalle scale e mi ha picchiata».
Non ho un cuore fatto per battere, ma per amare.