«Che vale la vita se non per essere donata?» scriveva Paul Claudel.
Può la felicità essere stretta, legata, afferrata? Sembra replicare Lisa Biggi nel suo ultimo lavoro, il cui titolo, neanche a farlo apposto, è una domanda: Felicità ne avete?
«Sul limitare di un bosco molto lontano da qui, viveva un tempo una strega potentissima. Abitava in una vecchia casa, fatta di assi e terra nera, ed era sempre di pessimo umore».
Una strega, la cui principale occupazione consiste nel legare tra i suoi lunghi capelli, la felicità strappata agli altri: «con i suoi artigli affilati la catturava in un lampo e la intrecciava stretta tra i suoi capelli».
Temi, luoghi e figure delle fiabe si intrecciano in modo inedito e affascinante.
Gli animali del bosco, stanchi di vivere nella tristezza, decidono che l’unica soluzione sia sbarazzarsi della strega: «Le avrebbero reso la vita impossibile. In mezzo a loro il tasso, pensieroso, taceva».
Il piano di riconquistare la felicità personale passa, dunque, dal sottrarla agli altri? Inconsapevoli di replicare esattamente il gesto della strega, gli animali cercano, dunque, di infastidire, provocare, distruggere ciò la strega ama. Naturalmente nessuna felicità viene restituita.
Poi «al tasso venne un’idea».
Alla strega viene recapitata una lettera che «sapeva di corteccia e miele», un vero e proprio invito ad una festa nel bosco.
«Chissà come sarebbe stato andare a una festa».
Dopo pensieri e caffè, la strega decide di partecipare e per l’occasione si lava i capelli, sciogliendo quei nodi che da una vita le coronavano il capo.
Giunta alla festa, dopo un’iniziale ritrosia, la strega si lancia e l’allegria la contagia.
«Quando scese la sera non c’era più nessuno che pensasse ancora che la strega fosse cattiva»… o forse no?
La felicità si rincorre per invidia, ma se la si strappa all’altro essa muore, ammuffisce, se invece è donata essa vive: una metafora semplice e limpida.
Le ambientazioni suggestive di Monica Barengo ci accompagnano in uno spazio atemporale eppure terroso , le immagini puntigliosamente e precisamente tratteggiate vengono spezzate, nella loro perfezione, da dettagli dissonanti che colpiscono l’occhio e donano una personalità unica alle immagini: nel bosco perfetto una lepre piatta e sovradimensionata scappa, dalla finestra della casa di legno dalle assi impeccabilmente allineate, sopra un prato ordinatissimo, il volto macchiato e assorto della strega sembra grande come la casa stessa. Di Monica Barengo, io poi amo la sua capacità di fuggire dalla pagina, superare i confini con naturalezza: i suoi daini corrono fuori dalla pagine, così come il volto della strega che più volte non è contenuto dai confini del foglio... la storia si innerva fuori dalla carta.
Alcune tavole finemente chiosate con contorni netti ed effetto bidimensionale, ricordano i dipinti medievali in un intrico morbido e immobile di fiori e piante, che sono ritratti con esattezza botanica. I toni anticati della palette cromatica richiamano l’odore della terra e del sottobosco e ammorbidiscono le stellate evocative e struggenti che come squarci riempiono gli occhi dei lettori, all'improvviso, girata la pagina.
La strega ha modi, espressioni e una fisionomia di una vecchia signora ritratta con amore ma con una dovizia che la rende vera: le guance cadenti, la bocca aperta mentre concentrata si lava i capelli, la pelle macchiata… E poi quei capelli che in volute che ricordano le cortecce, legano custodiscono trifogli, foglie di nocciolo, mughetti, tarassachi...topini, chiocciole...
Una fiaba moderna, meravigliosamente scorciata sulla felicità: e quanto abbiamo bisogno di parlare di felicità!