Le storie incredibili ma vere vanno raccontate e quindi non c’è da stupirsi se, finalmente, la storia dell’orso Winnie è giunta fino a noi: dobbiamo solo ringraziare l’autrice e diretta interessata (scoprirete perché!).
Avevano già disquisito sul fatto che il vero Winnie il Puh fosse in realtà molto differente dal orsetto disneyano, ormai diventato sinonimo di mielosa tenerezza, quello che forse non sapete è che il nome di Winnie il Pooh è stato scelto in onore di un orso in carne ed ossa.
Tutto incomincia su un lettino dove il piccolo Cole accoccolato alla sua mamma, le chiede una storia: «“Che genere di storia vorresti?” “Lo sai. Una storia vera. Una storia che parli di un orso”». Voltata pagina eccoci catapultati nel Canada del primo Novecento. «Tanto tempo fa, circa cento anni prima che tu nascessi, a Winnipeg viveva un veterinario. Si chiamava Harry Colebourn». Harry cura gli animali e negli occhi ha quella calma di chi è capace di parlare lingue diverse dalla propria, un linguaggio di gesti e di intuizioni di sguardi. Eppure non era quello un periodo tranquillo, era tempo di guerra e anche Harry con la sua divisa «prese un treno che andava verso est… Si sarebbe preso cura dei cavalli dei soldati». Sembra quasi impossibile pensare ad una storia diversa da “va in guerra – torna o muore”, invece quello che succede ad Harry ad una sosta del treno ha dell’incredibile. «Su una panchina accanto ai binari era seduto un uomo con un bebè. Un’orsa bebè. Una cucciola». Il destino della piccola era segnato, forse come quello di Harry: fu forse questo ad accomunarli da subito e contro ogni razionalità, Harry spese gran parte dei miseri spiccioli per comprarla e portarla con sé sul treno verso il campo di addestramento militare.
Fu un azzardo? Probabile! Ma Winnie, questo il nome dell’orsetta in onore della casa lontana (Winnipeg), seppe mostrare una tale straordinarietà che si guadagnò subito l’amore di tutto il reggimento. Ha dell’incredibile leggere come un’orsa seppe ambientarsi a vivere con un uomo, quasi fosse il suo cane: i giochi fra le tende del campo, le notti sotto la branda… Winnie era talmente legata ad Harry ed Harry era talmente legato a Winnie che quasi non ci fu esitazione quando il reggimento partì alla volta della guerra, al di là dell’oceano, in Europa
«La sua testa diceva: “Non posso farlo”. Ma poi il suo cuore ebbe la meglio… Trenta navi salparono insieme, trasportando circa 36.000 uomini, circa 7.500 cavalli e circa… una sola orsa di nome Winnie». Arrivarono in Inghilterra, e Winnie cresceva, così come cresceva amaramente anche il conflitto mondiale. Harry con la morte del cuore scelse di accompagnare la sua Winnie allo zoo di Londra: «“Ricordati sempre di una cosa” disse Harry. “È la cosa più importante, davvero. Anche se saremo lontani, io ti vorrò sempre bene. Sarai sempre la mia ”».
«“È la fine della storia?”» interrompe bruscamente Cole.
«“Qualche volta devi permettere che una storia finisca, perché un’altra storia possa cominciare»
«C’era una volta un bambino che aveva un orso di pezza…». Un giorno quel bambino insieme al suo papà andò allo zoo di Londra e vide un’orsa. Il bimbo e l’orsa divennero grandi amici, tanto che al bambino fu concesso di giocare con lei nel suo recinto: quell’ora si chiamava Winnie e da quel giorno il bambino «seppe come chiamare il suo orso di pezza. Lo chiamò Winnie the Pooh».
Ora voi potreste pensare che l’autrice si sia abbandonata da una ingegnosa operazione creativa, creando un antefatto immaginario, ma se finite di leggere il libro scoprirete che non solo l’autrice è la nipote di quel famoso Harry, ma che ha corredato questo splendido libro con le foto del bisnonno, di Winnie e di Christopher Robin.
Come avrete capito la storia (in realtà le tre storie: quella di Cole trisnipote, di Harry e Winnie e di Winnie e Christopher Robin) ha una forza magnetica che incanta gli ascoltatori. Il mio gruppo di lettura di 7enni è rimasto a bocca aperta, senza batter ciglio per quasi 10 minuti buoni! Lo stesso è accaduto a Saverio, mentre mi ascoltava rapito. L’autrice riesce con capacità a giostrare 3 fili narrativi, grazie a dialoghi, episodi particolari e significativi e a pensieri ripetuti – che scandiscono e aiutano a defilare i personaggi. La narrazione si presta a lettori che abbiano una buona attenzione, ma può essere un bellissimo libro illustrato da regalare a chi si cimenta in letture autonome.
Sì, perché l’eccezionalità della storia è supportata da un’altrettanto eccezionale apparato illustrativo: le immagini dell’illustratrice australiana – premiatissima all’estero – colpiscono per le emozioni che riesce a regalare ai suoi personaggi (commozione o ironia che sia!), le tavole sono sfondate dall’uso della prospettiva, le persone caratterizzate quasi fossero state ritratte, i primi piani intensi e i piani larghi in movimento.
Bravissima anche lei nel giostrare i diversi piani narrativi con l’uso del bianco e nero e del colore.
Una storia vera, intensa, commovente che, come recita la dedica dell’autrice, speriamo ricordi a tutti «l’importanza che può avere un piccolo gesto d’amore».
La vera storia dell’orso Winnie
Lindsay Mattick - Sophie Blackall - Chiara Carminati (traduttrice)
56 pagine
Anno: 2016
Prezzo: 16,00 €
ISBN: 9788804664949
Mondadori editore
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