Abbiamo stentato a riprendere in mano il gruppo di lettura: a dicembre l’influenza aveva falcidiato la metà di noi e in fondo eravamo molto preoccupate dall’incapacità di riuscire a coinvolgere nuove leve, ma si sa, il nuovo anno porta con sé anche improbabili propositi per il futuro. E così nuove giovani amiche si sono aggiunte e tutto si è rimesso in pista, merito anche probabilmente della torta della nostra nuova e preferita foodblogger :D
Abbiamo provato a cambiare sede, non per abbandonare le nostre ospiti perfette e libraie di Aribac, ma abbiamo cercato di girare per raggiungere nuove persone e così siamo giunte a Corraini spazio 121+ accanto ai navigli di Milano, in uno dei quartieri più Soho del momento. Marina la libraia è stata deliziosa (ma devo ancora trovarlo un libraio che non lo sia, almeno nelle piccole realtà!) ci ha accolte con dolcezza, attenzione e allegria. Il gruppetto è arrivato alla spicciolata: una torta, tanti libri, quaderni, tovaglioli a quadretti, tazze di thè caldo e caffè. Il clima si è subito riscaldato e ancora una volta ci siamo trovate affiatate pur essendoci incontrate, per lo più, da pochi minuti. Ognuno ha dato il suo contributo e come al solito io riporterò solo un’ombra sbiadita…
Nel prepararmi mi ero chiesta: ma i silent book nascono senza parole? O vengono sottratte? Il cuore di questi libri è sempre una storia o c’è qualcos’altro? Avevo anche cercato di darmi qualche risposta: ci sono testi “tecnici” che forse preferiscono mettere al centro qualcosa di diverso dalla storia, Flashlight e Flora vogliono forse coinvolgere prevalentemente i sensi, come l’occhio, il tatto, l’udito (penso a Flora). Poi ci sono i testi che cercano di descrivere la mente e i suoi vagabondaggi e, naturalmente, rimangono senza parole per farlo (Il mare, Il grande viaggio della piccola Angelica), quelli con prevalenti finalità ludiche (Dov’è Wally e in generale tutti i libri di ricerca Il bosco. Il mio primo grande libro) infine quelli che hanno delle storia ben evidenti, ma che preferiscono non “dirle” per lasciare che ogni lettore se la racconti (Fox garden, El arenque rojo). Virginia ci ha parlato dei libri amati dalla sua piccola: ancora si gioca con Vicino lontano e Oh, no: vedere, non vedere, cambiare punto di vista. E poi L’onda: poteva mancare?! Marina ci ha guidato attraverso la teoria dei colori e le inquadrature cinematografiche nella trilogia fantasy (ancora incompiuta) di Aaron Becker con i gessetti rossi e fenici viola. Ci ha raccontato della sua esperienza nella selezione dei silent per la mostra del Muba e ci ha parlato della mediazione e dell’importanza di raccontare e far raccontare i bambini stranieri. Chiara ci ha parlato della necessità di imparare a vedere le cose e ci ha mostrato l’intimità e la semplicità dei disegni del Ladro di polli. Lorella ci ha preso in contropiede e ci ha portato un libro con le parole, che però ha una un filo narrativo silenzioso (Il desiderio).
Insomma tante pagine tra cui perdersi.
Un elemento, però, è emerso tra tutti e le ha accomunate: i silent book permettono di fare una esperienza che va oltre la lettura, coinvolge più dimensioni della persona ed è capace di parlare a tutti.
Io sono andata via entusiasta, nel buio piovoso di una Milano meravigliosa come sempre.
Non vedo l’ora di rivedere tutte!
[…] selvaggio e variegato dei libri senza parole avevo già identificato qualche mese prima – in occasione di un altro appuntamento sul tema – una serie di categorie e quindi pensavo che avrei probabilmente trovato altri esempi, ma […]