Leo Timmers - Scaffale Basso

Leo Timmers – Scaffale Basso

Il gioco che sfida lo sguardo del bambino, illudendolo, ingannandolo o rendendolo complice di un ben progettato fraintendimento fa parte di quei meccanismi narrativi capaci, più di molti altri, di sorprendere e divertire i lettori. Ancora una volta, però, non è la semplice identificazione di un meccanismo vincente a fare un buon libro, ma l’unione di questo con una struttura narrativa ragionata e con illustrazioni ben pensate che inseriscano questo invito alla sorpresa dentro un significato, in vista di un coinvolgimento del lettore.

Sono usciti recentemente due libri Leo Timmers, amatissimo illustratore belga, a cui avevo dedicato alcune tre le prime recensioni su Scaffale Basso, che con uno stile unico (i suoi personaggi sembrano tridimensionali, quasi scolpiti con la plastilina!) gioca con intelligenza e fascino con gli occhi dei lettori bambini.

Dove sono i miei occhiali? nasce da un’esperienza quotidiana probabilmente conosciuta dai bambini, anche se tipicamente vissuta dell’adulto: c’è un orso che non trova i suoi occhiali.. che in realtà sono semplicemente appoggiati sulla testa!

Il testo si rivolge al lettore attraverso la voce dell’orso che interlocutoriamente e con uno sguardo sgranato e diretto esclama: 

«“Non riesco a trovare i miei occhiali da nessuna parte. E senza occhiali non ci vedo tanto bene”»

Questa dichiarazione crea immediatamente una contrapposizione: da una parte l’orso (l’adulto, magari il nonno che non trova mai gli occhiali, dentro il libro) e dall’altra il lettore (bambino, fuori dal libro) che è a conoscenza di dove siano gli occhiali, ma non ha nessuna possibilità di avvertire l’orso e che altro non può fare se non seguirlo nella sua ricerca.

La grande idea di orso è quella di chiedere aiuto al suo amico Giraffa. Durante il breve cammino verso casa sua, tuttavia, gli incontri non mancano: 

«“Ehi, questo cervo non l’avevo mai visto”»

Dichiara Orso indicando evidentemente un albero secco. Lo scollamento tra ciò che è descritto dalla parole di Orso e ciò che è rappresentato dalle immagini scatenerà le risate dei bambini che  – non è peregrino immaginare – con acceso e ironico disappunto vorranno sottolineare che quell’albero è tutto tranne che un cervo! La miopia gioca altri brutti scherzi: ecco che un cespuglio si trasforma in un coccodrillo, un masso in un elefante e un bellissimo fiore rosa in un fenicottero…

L’arrivo dall’amico Giraffa sembra rimettere le cose in sesto, perché gli occhiali vengono prontamente trovati. In realtà il movimento ascendente che abbiamo percorso in un crescendo di risate non si ferma perché Orso insiste per mostrare a Giraffa tutti i suoi nuovi amici, ma – come potete immaginare – ripercorrendo il percorso a ritroso con gli occhiali, il cervo, l’elefante, il coccodrillo e il fenicottero “spariscono”.

«“Forse i miei occhiali non funzionano?”»

E mentre l’orso si dà da fare per guardare se qualcosa è stato manomesso nei suoi occhiali…ecco apparire tre leoni! Li vedete anche voi?

Gli sfondi bianchi permettono al bambino di entrare nella storia con chiarezza e i fraintendimenti sono assicurati anche dall’esplicitazione di ciò che si immagina Orso abbia visto.

Le risate sono assicurate.

Un gioco simile ma differente lo ritroviamo anche in Dov’è il drago?. Il contesto in questo caso è medieval-fiabesco: è una notte buia e il re, che si appresta a riposare, è preoccupato dalla presenza di un drago e invia tre delle sue guardie a cercarlo e catturarlo.

Così tre nasuti personaggi con alabarda, scudo, spada e… una candela si addentrano nel bosco alla ricerca del drago.

A differenza del contesto chiaro del primo libro, qui il gioco con lo sguardo fa leva sul buio e sugli equivoci interpretativi causati dalle ombre.

«“I draghi hanno tutti strane punte sulla schiena.

Attenzione, quello è il drago pronti a metterlo in catena!”»

Il profilo nero bordato da un tenue bagliore blu che appare all’orizzonte è evidentemente quello di un drago, ma quando le tre guardie si avvicinano con la candela quello che si rivela agli occhi di cavalieri e lettori è qualcosa di totalmente inaspettato: un carretto pieno di carote e di conigli?!

Il gioco è chiaro: diverse sono le ombre nel buio che, di volta in volta, fanno pensare a terrificanti draghi e che, poi, si rivelano agli occhi dei lettori e degli instancabili cavalieri tutt’altro: uccelli che dormono con i becchi aperti, orsi che riposano accoccolati con pipistrelli, vichinghi che riposano in fila uno vicino all’altro…

Com’è prevedibile i tre protagonisti perdono ogni speranza di trovare il drago:

«“Siamo stufi di cercare questo drago spaventato

chissà poi dov’è finito, se va bene è già scappato!»

Il lettore non può che concordare, perché la sequenza tondeggiante di massi appena appoggiati nel prato tutto ricorda tranne che un drago. Ma è veramente così? 

La costruzione del contesto medievaleggiante e l’alternanza buio/colori ha un effetto sorprendente per i bambini che sono abituati a scorgere nel cupo muoversi della notte, creature, mostri e draghi tra i più terribili.

È proprio il mix tra paura, sollievo e aspettative disattese a creare in questo libro le condizioni ideali perché le risate non manchino.

Lo svelamento che, di volta in volta, mostra una scena illuminata assolutamente sorprendente e rassicurante, smentisce le previsioni e quindi ottiene il suo effetto di risata liberatoria con facilità.

Lo stile di Timmers è originale, spiritoso e capace di arricchire la narrazione lineare, che conduce con chiarezza, con piccoli dettagli contestuali e movimenti che animano la narrazione: l’orso miope divelle con le zampe tutto ciò che calpesta, le due guardie senza candela inciampano e ne subiscono di tutti i colori alle spalle del compagno…

Le illustrazioni, dunque, nonostante permettano la focalizzazione del piccolo lettore sull’azione, accompagnandolo nella comprensione, mostrano anche un corredo d’intorno esilarante.

Due bei libri per ridere, giocare, divertirsi.

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