Ogni volta che ascolto la prosa di Laura Orvieto, mi viene in mente immediatamente Mary Poppins. Credo che questa autrice, pioniera nella scrittura per ragazzi nell’Italia primonovecentesca, avesse un piglio piuttosto autorevole e mi immagino che, con un’occhiata, sapesse eloquentemente mettere in riga qualsiasi adulto o bambino le si accostasse. Ugualmente non si può non riconoscere che questa autrice condivida con la Tata più famosa del mondo anche il dono di ammaliare con la sua voce e di guardare con profondo rispetto all’infanzia.
L’immagine narrativa del narratore è fondamentale nelle opere della Orvieto che prevedono sempre una cornice in cui riconosciamo una madre amorevole e i suoi due figli, Leo e Lia, protagonisti del suo primo romanzo (Leo e Lia) dato alle stampe nel 1909.
Questi stessi personaggi tornano in quello che probabilmente è il suo libro più famoso: Storie della storia del mondo (1911).
«Leo era nel piazzale e aveva in mano una pallina. La buttava per aria e l’acchiappava, e poi la ributtava e la riacchiappava. Lia stava a vedere e la mamma leggeva. “Se sei capace di pigliare la palla ti do diecimila lire” disse Leo a Lia. La mamma alzò la testa dal libro. “Ma se non le hai, diecimila lire!” “No, ma io sono sicuro che Lia non riesce a prendere la palla!” “E se per caso riuscisse, che cosa faresti tu? Dovresti fare come Laomedonte.” “Chi era Laomedonte?” “Era un re.” “E che cosa faceva?” “Prometteva senza mantenere.” “Mi racconti la storia di Laomedonte?” domandò Leo. E la mamma la raccontò»
Il romanzo è scandito da questi episodi quotidiani durante i quali Leo e Lia interloquiscono con la madre, chiedendole di raccontare una storia o di riprendere il filo della storia interrotta. Ogni storia, infatti, si chiude con la promessa che ci sarà un altro giorno:
«“Poi c’è un’altra storia, ma ve la racconterò un altro giorno»
«“Domani te lo dirò” rispose la mamma. “Per oggi basta.” E Leo, che aveva voglia di sentire un altro po’ di storia, si dovette accontentare»
«“Me la dici allora quest’altra storia?” “Oggi no, ma un altro giorno ”»
Non è trascurabile questa impostazione, perché il contenuto del libro è la mitologia, in una riscrittura puntigliosa e precisa, che non ha come fine quello della semplificazione, essa invece trova il suo valore nella dimensione orale che appartiene alla natura stessa del mito e che non trova in queste pagine nulla di semplificato o di banalizzato. Abbiamo tra le mani un romanzo da leggere ad alta voce, da condividere idealmente così come si condividevano i miti, le fiabe e le leggende, quando la notte incombeva e il sonno tardava ad arrivare.
I racconti mitici che costituiscono il fertile humus culturale del pensiero occidentale, si dipanano in queste pagine in capitoli brevi, idealmente scanditi in singoli momenti di un racconto quotidiano, quasi autoconclusivi.
Ogni capitolo è dedicato, infatti, a un particolare episodio o a un particolare protagonista della grande epopea eroica del ciclo troiano. Il romanzo si apre proprio a Troia, sulle vicende del re Laomedonte e poi segue tutti i protagonisti: Paride, Menelao, Agamennone, Esiodo, Pandaro, Elena, Achille, Enea, Ettore … fino alla fuga precipitosa di Enea accolto a Cartagine da Didone.
La prosa della Orvieto è preziosa, precisa, puntuale, esatta nel suo incedere. Nonostante le storie siano state scritte più di un secolo fa e quindi riproducano un andamento sintattico e un lessico che oggi considereremo “ricercato”, le storie si fanno seguire in modo appassionato grazie anche a una ricca aggettivazione e un talento narrativo indubitabile. La Orvieto crea dei ricami eleganti che non risparmiano immagini letterarie e retorica: si percepisce chiaramente il piacere del racconto che anima l’autrice in queste pagine e la si ascolta rapiti, anche se di fatto si stanno leggendo le sue parole.
«Così disse Paride. I principi e le principesse guardarono intenti la bellissima donna, e il cuore nel loro petto batté forte per la gioia, perché nessuno poteva vedere Elena senza che la sua anima si rallegrasse. Alta e sottile, vestita di bianco, con gli occhi color del mare e i capelli color del sole, pareva che Elena portasse con sé il sole, dovunque appariva»
«Fra i monti e il mare correvano i cavalli impazienti, attaccati ai carri ornati d'oro. Ondeggiavano al vento le criniere bianche e nere; ondeggiavano i lunghi veli bianchi della regina Clitennestra e della principessa Ifigenia. Correvano i cavalli giovani e impazienti: passaron la città di Corinto, passaron la città di Megara, passaron la città di Tebe e videro la città di Aulide, ma si fermarono prima di arrivare, perché soldati e tende occupavano un grande spazio davanti alla città»
«Quand'ebbero finito di mangiare e di bere, gli Elleni si prepararono alla battaglia. Come fiocchi di neve ghiacciata e spessa che cadono dal cielo in una giornata d’inverno, così dalle navi uscivano gli elmi e le corazze, le lance e gli scudi: lo splendore delle armi saliva al cielo e la terra brillava tutta»
Le descrizioni, le metafore e le similitudini ripescano dall’ampia tradizione epica, seppur vestendosi di nuove parole: rifulge ad esempio l’inflessibilità di Achille come tratto caratterizzate del suo essere.
«“Oh figlio di Peleo, il più forte di noi tutti” rispose Patroclo, “un dolore immenso mi fa piangere. I migliori fra noi son feriti e non si possono muovere; nessuno più resta a salvare la patria e tu non cedi, oh terribilmente forte [..] tu non ti muovi, oh inflessibile!”»
La riscrittura sa essere anche mimetica con la riproduzione di dialoghi che coinvolgono i lettori-ascoltatori fittizi e reali, animando ancor più la lettura con pathos e attesa:
«“Che cosa c’è?” “Perché ci hanno chiamati?” “È bruciato il tempio!” “Sono affondate le navi!” “È morta la regina!” “Sono entrati nella città i nemici!” “Chi li ha visti?” “Sono nel tempio!” “Cacciamoli via!” “No, no, non c'è nessuno!” “Sono scappati tutti!” “Chi è scappato?”»
Tuttavia, sebbene avvolti da questo fiume di parole, la Orvieto tiene i lettori ancorati al presente e lascia che i personaggi della cornice facciano capolino, attraverso domande, richieste di anticipazioni, ma anche per lasciar spazio a giudizi e reazioni:
«Il sole splendeva sulle cime dei monti, i boschi fremevano nel risveglio mattutino… “In che senso fremevano?” domandò Leo. “I boschi si svegliano tutte le mattine, come noi. Le piante e i fiori e i fili d'erba e gli uccelletti sentono il piacere della luce e il caldo del sole, e siccome non possono dire: "Ti ringrazio luce! Ti ringrazio, sole!", salutano il giorno in un altro modo. I fiori si aprono, i fili d'erba si rizzano, le foglie degli alberi fanno mille inchini, gli uccelletti cantano e volano; tutta la foresta freme nel sole. Così fa tutte le mattine e così faceva in quella lontana mattina d'autunno per salutare il sole che ritornava. E i muggiti che si udivano ogni tanto, portati dal vento leggero, sembravano anch’essi saluti di pace”»
In questi intermezzi è evidente un fine educativo che, all’epoca, necessariamente veniva associato alla lettura ad alta voce, è però interessante che l’autrice scelga lo stesso di inserire nella trama testuale parole preziose o scene intense, preferendo una spiegazione con un inserimento dialogico, piuttosto che impoverire il dettato in vista di un lettore bambino. Questo testimonia la potente portata degli scritti di questa autrice che, pur figli del loro tempo, preferiscono un confronto con il proprio lettore, una spiegazione che rispetti il bambino nella sua curiosità e nella sua intelligenza.
Se le storie del mondo compongono un affresco armonico ed unitario de “la storia del mondo”, Storie di bambini molto antichi è invece una galleria di biografie di dei, dee ed eroi raccontati attraverso il periodo della loro infanzia. Sebbene scritte quasi vent’anni dopo, le caratteristiche della scrittura e l’atteggiamento dell’autrice rimangono invariate, regalando ai lettori un altro appuntamento con questa autrice così compìta e affascinante.
Le illustrazioni di Alessandra Vitelli accompagnano l’edizione Mondadori con dei capolettera che fanno il verso ai manoscritti antichi e con illustrazioni semplici e puntuali delle vicende. Lo stesso accade con quelle di Rita Petruccioli capaci di cogliere quella sottile inquietudine che percorre tutte le figure mitiche.
Due proposte affascinanti per la lettura condivisa ad alta voce, fin dai 5 anni e per le prime letture.
P.S. aggiungo che per Feltrinelli esiste una versione in brossura senza illustrazioni, ma con una bella introduzione di Grazia Gotti.