Parlare di adozione e parlarne con un bambino, anzi parlarne al proprio figlio.
Usciti da una trafila di fuoco di psicologi, assistenti sociali, giudici, specialisti dell’ente, quello che ho compreso è che la narrazione della storia di ognuno può e deve prendere mille strade diverse: non esiste una formula magica che risponda esattamente al cuore dolorante di ogni bambino allo stesso modo.
I libri possono essere un aiuto, per i genitori, ma non sostituiranno mai la rielaborazione personale del figlio adottato e dei suoi genitori.
Vi propongo alcuni libri sul tema e alcune domande che sono sorte in me. Mi auguro che possiate trovare l’accento che fa per voi, per poter cucire su di voi, la VOSTRA storia.
Mamma di pancia, mamma di cuore
Descrizione
Il libro racconta di un dialogo tra una mamma e la figlia adottiva. Il narratore sceglie il tempo estivo e l’intimità e la calma di alcuni momenti in cui le due sono sole: è un racconto a due voci paritetiche, dove l’una domanda e l’altra risponde. Ma è la figlia a raccontare e il punto di vista narrativo è dunque il bambino. La posizione della bambina indiana, che avrà sì e no 8-9 anni, è diretta: «A Sheffali piace molto la sua mamma e vorrebbe tanto somigliarle. “Mamma io sono stata nelle tua pancia?” Sotto la doccia si può chiacchierare, è un posto tranquillo. Tutto il mondo è fuori, e dentro solo noi due. “No. Tu, amore, sei stata nella pancia della tua mamma di nascita. Ma sei stata sempre anche nel mio cuore”». Il racconto ritorna all’India e alle notizie sulla madre biologica, all’orfanotrofio, all’incontro con i genitori: è la mamma a raccontare, perché la piccola Sheffali è stata adottata in fasce. «Talvolta sono anche pensieri tristi… “Sai mamma, io penso spesso alla mia mamma indiana. Tu credi che anche lei pensi a me, ogni tanto?” “Credo proprio che lei pensi a te, e sia un po’ triste, come te talvolta”». Mamma e figlia allora decidono di affidare al mare un messaggio per la mamma indiana: «Sheffali prende una penna e scrive: “Cara mamma Rajata, sono Sheffali. Ti voglio dire che ti voglio bene, e mi dispiace che non mi hai potuto tenere. Voglio anche dirti che io qui sto bene con la mia mamma Cristina. E sono felice”.
Riflessioni
In questo libro il fulcro è rappresentato dalla distinzione tra mamma di pancia e mamma di cuore e quindi sul discernimento intorno alla figura materna. La valorizzazione della figura materna biologica («mamma di nascita») è molto accurata e netta e il fatto che la narrazione sia imperniata sul dialogo fa sì che questo libro offra parole chiare per rispondere alle domande dolorose e dirette che ogni genitore adottivo si sente fare. La rappresentazione dell’orfanotrofio è positiva – anche se i ricordi sono riportati dalla madre perché la piccola si dice adottata in fasce – non particolarmente accurata la descrizione del primo incontro e completamente assente il ricordo della vita prima dell’adozione.
Un’unica domanda mi sono rivolta: presumere che la madre biologica possa star pensando al figlio, che possa essere triste pensando di averlo abbandonato non lascia spazio a dolorosi pertugi nella mente del bambino? Il confine tra l’offrire al figlio la sicurezza di essere amato fin dall’inizio della propria storia e la chiarezza sull’ineluttabilità della scelta dei genitori biologici va segnato pian piano e in modo personale.
Autori
In calce alla storia affronta in modo teorico e molto diretto la natura dei bisogni dei bambini adottati nei confronti della madre biologica.
Dai 7 anni, quando si cerca una voce personale e risposte dirette.
Mamma di pancia, mamma di cuore
Anna Genni Milioti - Cinzia Ghigliano
32 pagine
Anno: 2009
Prezzo: 12,90 €
ISBN: 9788873072706
C’è sempre un nido per me
Descrizione
Il libro – cartonato e di piccole dimensioni – è pensato per raccontare l’esperienza dell’adozione nazionale e parte addirittura dal concepimento: «C’era una volta un seme che incontra un uovo, si abbracciarono e inizia la vita. La piccola vita sta al caldo in posto sicuro». Tuttavia «il bambino appena nato per crescere ha bisogno di tante cure e la donna che lo teneva al sicuro non può dargliele e per amore lo affida a persone che si possono prendere cura di lui». Il piccino cresce dunque felice in «mani esperte», intanto «la mamma e il papà adottivi stanno preparando con amore la cameretta che accoglierà il bambino nella sua nuova casa». È un giudice che fa sì che l’incontro possa avvenire e che la nuova famiglia possa conoscersi. Nel tempo il bambino cresce, come un albero, e «mette foglie e fiori», intorno ci sono i suoi genitori, ma anche tutto il confortante e accogliente ambiente familiare fatto da nonni, zii e cugini.
Riflessioni
Le figure dei genitori biologici sono pressoché assenti: all’inizio ridotti a “seme” e “uovo”, la madre viene definita come «la donna che lo teneva al sicuro» e il suo unico ruolo sembra quello di lasciare un’impronta genetica «la donna lascia al bambino in dono qualcosa di sé: il colore della pelle, degli occhi, dei capelli». La narrazione esterna si focalizza sulla parabola positiva della vita del bambino, giocando sulla continuità lessicale e semantica del seme iniziale che diventa fiore e poi albero («l’albero della famiglia»). Nello stesso tempo i diversi passaggi “tecnici” sono spiegati chiaramente (il giudice, “la casa dei bambini”, il tempo di “prova”). Il tono illustrativo e descrittivo è sempre (irrealmente?) positivo («il bambino è felice di essere nato e di crescere») e mi sono chiesta dove trovi spazio il dolore. Ben accennato invece il percorso dei genitori adottivi: l’amore, l’attesa e la felicità nell’incontro. Bello l’accenno all’accoglienza familiare che è dei genitori, ma che è di tutta una famiglia e quindi di nonni, amici, zii…
Autori
In calce al libro le autrici dedicano 7 pagine a definire e raccontare l’importanza della narrazione.
Dai 3 anni per soddisfare le prime domande.
C’è sempre un nido per me
M. Teresa De Camillis - Teresa Zaccariello - Nicoletta Costa
24 pagine
Anno: 2015
Prezzo: 4,50 €
ISBN: 9788809991866