Sono sempre stata molto allergica ai libri dedicati all’arrivo del fratellino o della sorellina. Credo che siano un celato modo, quasi giustificativo, per fare accettare ai figli una fatica oggettiva che vorremmo compissero contenti, senza turbare più di troppo l’adulto di turno. Invece l’arrivo di un fratello è una rivoluzione che chiederà ridimensionamenti di spazi (che magari si ridurranno) e di cuore (che certamente si ingigantirà!). Tu lì dentro e io qua fuori di Kristina Scharmacher-Schreiber e Thekla Ehling mi ha colpito per la serietà con cui considera le prime impressioni che il fratello maggiore ha del futuro nuovo arrivato, durante la gravidanza, trasformandole in una narrazione esperienziale molto interessante.
Il volumetto è quadrato e cartonato e fissa, grazie a foto gioiose e positive, una bimba che parte alla scoperta del suo fratellino.
«Qui troverai alcune idee per cerca di immaginare cosa succede lì dentro [la pancia della mamma ndr.]. Quindi osserva le immagini, scegli il gioco che più ti attira e prova a farlo anche tu».
Il testo si struttura infatti come una sequenza di esperienze che mirano a far comprendere al bambino cosa stia succedendo a suo fratello nei mesi in cui è custodito nel pancione della mamma. La prima proposta «Crescere» invita a riflettere sulle dimensioni: il bambino è esortato a trovare piccole cose che possano guidare un percorso dimensionale dalla briciola di pane («All’inizio il bambino è davvero piccolissimo, come una briciolina di pane») fino ad una zucca dalle medie dimensioni.
Le esperienze mirano ad un coinvolgimento sempre più stringente: cosa sente il fratello nella pancia? Battere le mani ricorderà il cuore, soffiare con una cannuccia dentro un bicchiere d’acqua il gorgoglio dello stomaco… «Adesso chiudi gli occhi e ascolta questa confusione di suoni. Non la trovi tranquillizzante anche tu?». E poi «Che sensazione sarà quella di essere sempre uniti a qualcuno? Prendi un lungo filo… Lega un capo del filo a un bottone del tuo vestito e l’altro a quello del vestito del tuo compagno di giochi».
Le domande sono incalzanti e forse complesse e si intrecciano con le proposte che sono sempre semplici, tuttavia credo interrogare il bambino sia un importante dono di fiducia che un primogenito si meriti di ricevere, qualsiasi sia la sua età. Magari non saprà rispondere, magari non saprà neanche parlare, ma perché non interrogare il bambino, anche piccolo, sulle sue sensazioni?
Il testo paradossalmente può non essere letto nella sua parte descrittiva (il bambino intuitivamente leggerà le fotografie), ma lo deve essere nelle domande che saranno ancora più chiare se il genitore si coinvolgerà nell’esperienza proposta.
Fluttuare, riempire, vedere, pesare, accoccolarsi e infine mischiare.
La narrazione che certamente a livello stilistico ricorda più le istruzioni per svolgere i giochi, nella sua complessità - a mio parere - si trasforma nella storia di una vita e delle sue sensazioni.
Un invito rivolto a genitori e figli ad empatizzare con il futuro figlio, basandosi su una conoscenza di quello che il bambino non ancora nato percepisce, ma anche e soprattutto dentro il richiamo esperienziale che unisce tutti in un comune destino iniziato in una pancia. La fratellanza si basa, in questo caso, sull’essere come te, ma diversamente.
Le foto sono perfette, nel loro non essere piatte: sfuocate dove basta intuire e a fuoco dove l’occhio si deve posare. I soggetti lasciano al centro il bambino e anzi lo affiancano al papà, in alcuni esperimenti, offrendo lo spunto di un cammino condiviso tra padre e figlio.
Un interessante tentativo i mettersi nei panni dell’altro, imparando a guardare le cose da entrambi i punti di vista: conoscere è sempre il punto di partenza per accettare (dai 2 anni).