Io adoro l’intimità e la disarmante semplicità con cui Keith Negley riesce a raccontare il complesso, a volte impacciato, eppur così affascinante rapporto emotivo tra padri e figli maschi. Così dopo aver amato Tough guys non ho potuto non lasciarmi ammaliare da My dad used be so cool, che potrebbe suonare più o meno come “mio papà è stato un gran figo”.
Nella moderna cameretta di un bambino appassionato o almeno avvezzo alla musica (lo si nota dalla batteria e dalla chitarra abbandonata accanto al letto), un papà piega pazientemente i panni, raccogliendoli in una cesta.
«This is my dad. He seems pretty normal to me», ma dovete sapere che oltre l’apparenza casalinga questo papà è stato nientemeno che un frontman in una rock band: tatuaggi ovunque cresta rosso vivo, chitarra ben inforcata in spalla e moto rombante.
«My dad used to be so cool!» questo pensiero ritorna a pagine alterne, evidenziando la differenza tra la quotidianità di un papà, ancora pieno di tatuaggi, ma dalla capigliatura “normale” che in casa passa l’aspirapolvere, riordina, aiuta il figlioletto ad allacciarsi le scarpe… e “un papà che era” scatenato sul palco, e travolgente su moto rombanti e rumorose.
«So what made him stop?».
Fino a questo passaggio narrativo, il volto del padre non è mai mostrato direttamente, non sappiamo se effettivamente nel presente abbia un’espressione felice, corrucciata o mesta, certo i suoi gesti comunicano una dedizione calma e assoluta, sono gli sguardi della piccola voce narrante a stupirci, alla ricerca di una ragione da carpire, della ragione per cui il padre sembra aver smesso di essere questo gran figo!
«Something must have happened».
Appena dopo aver strutturato questo pensiero padre e figlio raggiungono il parco giochi: il testo scompare, le pagine si fanno larghe con una doppia apertura e lasciano spazio ai giochi, alle corse, agli spaventi, alle prese per le gambe, ai lanci in cielo… insomma a tutti quei giochi molto fisici che spesso i papà i loro bambini maschi amano fare. Ancora non vediamo l’espressione del papà, ma i gesti comunicano un entusiasmo e una gioia contagiosi.
«ok, so maybe he's still a tiny bit cool. Yeah - nope, he’s not».
La tavola finale con il papà ricalato nel suo spirito rock e completamente felice e il piccolo imbarazzato nel sedile posteriore sono eloquenti quanto basta, per commuovere chiunque.
Ho trovato bellissimo che qualcuno contemplasse la possibilità di un papà felice di stare con i suoi bambini, felice (e figo) nel suo essere se stesso e nel poter prendersi cura della quotidianità del proprio figlio. Nel mondo di oggi è quanto mai una rarità, ma la breve avventura potrebbe benissimo descrivere un weekend come un altro (prendersi cura non è solo una questione di quantità di tempo dedicato!) di un papà e dei suoi bambini.
Il testo allusivo e mai esplicito lascerà ai lettori bambini il compito della risposta alla grande domanda, da cercare tra le pieghe delle immagini e i dettagli delle espressioni.
Assolutamente privo di retorica, mi sembra che il testo sappia ben dosare il prima e il dopo senza che rimpianto o negazione di sé abbiano il sopravvento: il papà ha scelto evidente qualcosa o qualcuno che lo fa sentire molto più «cool», senza per questo rinnegare se stesso.
Le immagini grafiche, i volumi geometrici piatti e una palette di colori caldi donano a questo libro l’energia rock di cui ha bisogno.
Un libro per tutti i papà rock (nella vita, non necessariamente per professione) che vogliano raccontare ai propri figli, qual è la più grande avventura in cui si siano imbarcati!
My dad used to be so cool
Keith Negley
48 pagine
Anno: 2016
Prezzo: 17,95 $
ISBN: 9781909263949
Flying Eye books editore