Kate Di Camillo è una delle autrici che più ha saputo entrarmi nel cuore per una scrittura che ho sentito sempre molto affine a me e per una capacità di rendere vivo il fiabesco, che si traduce in un dettato narrativo che sembra fatto apposta per essere raccontato ad alta voce e che certamente è orientato a toccare con delicatezza e decisione grandi temi, che spesso vengono ignorati quando ci si rivolge a una fascia di lettori (quella dai 6 ai 10 anni) ritenuti piccoli.
Con Le avventure del topino Desperaux l’autrice ci aveva regalato un inaspettato romanzo sul perdono, l’amore, l’amicizia e, con La profezia di Beatrice tesse, in un’ambientazione pseudomedievale, un romanzo di formazione che parte da una profezia, ma ci porta ben presto a ragionare su che cosa sia il potere, che cosa sia l’amore, che cosa sia il dolore, che cosa definisca l’identità.
«Nelle Cronache del Cordoglio è scritto che un giorno arriverà un bambino a spodestare il re. La profezia dice però che sarà una femmina. […] Tutto ciò avvenne in tempo di guerra, ma . è triste dirlo, questo non lo distingue da nessun altro tempo, perché era sempre tempo di guerra»
Nel monastero dove i fratelli dell’Ordine delle Cronache del Cordoglio vivono, trascrivendo e custodendo profezie sul tempo che verrà, il monaco Edik, miniatore, aveva pronunciato questa profezia e quando, accanto alla terribile capra del monastero, Aswelica, troverà una bambina sporca, spaurita e senza memoria ma che sa leggere, quelle parole diverranno ai suoi occhi più pesanti che mai.
Quello che si compone pian piano è un’avventura di formazione che si tesse delle storie di diversi personaggi: Beatrice dovrà ricordare chi è, Edik dovrà fare i conti con una ragazza che sembra violare ogni legge degli uomini, l’orfano Jack Dory si troverà faccia faccia con l’assassino dei suoi genitori e dovrà fare i conti con la propria rabbia e il proprio dolore, Cannoc, re fuggito ai doveri reali, dovrà riscoprire il proprio posto nel mondo… Intorno ad essi la capra Answelica, diabolica e terribile, ma totalmente dedita e tenace nel suo amore.
Le certezze sono poche e la morte e la paura sembrano rincorrere i nostri personaggi, ma nel buio alcune certezze emergono luminose:
«“Ma come faccio a far finta di essere chi non sono, se non so chi sono?” “Tu sei Beatrice” disse Fratello Edik. “Tu lo sai. Sai leggere e scrivere e sai questo. E quello che devi anche sapere è che hai un vero amico chiamato Fratello Edik”. Beatrice annuì. “E anche una vera amica chiamata Answelica”. E tirò l'orecchio alla capra. “Sì” disse Fratello Edik. “Anche questo. Ecco cosa sei: qualcuno con degli amici nel mondo. Il resto lo scopriremo man mano. Ho un piano e il piano inizia tagliandoti i capelli, anche se la sirena ha conservato i suoi. Ti fiderai di me?” […] Pensò: Sono Beatrice. Ho degli amici nel mondo. Non ho più capelli, ma ho degli amici.»
Quello che appare subito chiaro a tutti è che una profezia che minaccia il potere di un re, non potrà che far arrabbiare il re. E infatti il re in carica, (significativamente mai chiamato per nome!), si darà da fare per trovare la ragazzina in questione… e a Beatrice non resterà che scappare. Nella sua fuga precipitosa e disperata, non mancherà però la speranza, resasi reale in una serie di incontri che la proteggeranno.
Prima Answelica, poi fratel Edik, poi Jack Dory, poi Cannoc… Quello che emerge è che ci sono momenti drammatici nella vita che mettono alle strette e mettono una paura folle, eppure sapere chi si è - che c’entra molto con la consapevolezza di essere amati! - permette di fare cose che mai ci si sarebbe aspettati di fare, perché la paura non vince, se si ama qualcuno!
«“Bé, allora andremo e faremo quel che potremo fare”»
Questo si declina nel romanzo in una ricerca della casa, che si configura progressivamente come lo stringersi di rapporti di amore e dedizione che rendono liberi, coraggiosi e felici, anche in mondo misero, violento e persecutorio. Il tema del restare, del restare con qualcuno, del non abbandonarlo e del farsi presenti anche quando si è lontani si mostra in tutta la sua forza.
«Che tipo d’uccello poteva mai essere? Che tipo di uccello cantava una canzone così complicata, accorata e bella? Beatrice alzò la testa. Ascoltò. E poi comprese. Era Jack Dory. Il suo cuore si riempì di luce. Lui voleva che lei sapesse che era lì, vicino, e che non era sola. Sorrise. Per lei aveva decisamente senso che Jack Dory facesse finta di essere un uccello. Si muoveva attraverso il mondo con la stessa leggerezza»
Beatrice cercherà di scappare dal re, Jack Dory la proteggerà, fratel Edik poi la rincorrerà per potersene prendere cura e Answelica la difenderà a suon di cornate…e quando il re riuscirà a rapire Beatrice, la sua nuova famiglia lascerà da parte ogni paura e ogni esitazione la raggiungerà. Solo così ognuno scoprirà veramente chi è: non un pavido monaco ma un coraggioso profeta, non un re fallito ma un’autorevole guida, non un orfano senza radici ma un giovane ben piantato, non solo Beatrice ma Beatrice di Abelard. (Answelica non scoprirà niente, perché ha sempre saputo chi era!)
«“Mi chiedo se tu creda alla profezia di Beatrice. Vuoi che si avveri?“ domandò Cannoc. “Voglio che sappia che siamo venuti qui per lei. È ciò che desidero più di ogni altra cosa: che sappia che siamo venuti per lei”. “Già” disse Cannoc. “Allora ciò a cui credi è l’amore”»
L’avventura, il dramma si immergono in un’ambientazione vivida e intrigante. La scrittura è puntuale e i capitoli molto brevi, Kate Di Camillo ha la capacità di alternare periodi più complessi ad incisi fermi e netti che ricordano le pause e gli spazi bianchi della poesia. Della sua scrittura affabulatoria io amo molto anche le ripetizioni, che rendono la prosa ricca e a volte quasi poetica e certamente fanno emergere in modo evidente il valore di alcune parole. La scrittrice statunitense ha poi un’ottima capacità di gestire le anticipazioni che creano attesa e una tensione sottile ricca di aspettative.
«I fratelli dell’ordine delle cronache del cordoglio avrebbero voluto macellare la capra, ma temevano il suo fantasma. Come avrebbe cercato di vendicarsi dall’aldilà? È difficile immaginare quello che avrebbe potuto fare il fantasma di una capra. Così la scampò. Il che fu un bene. Anzi, in realtà, fu meraviglioso. Perché senza la capra Beatrice sarebbe sicuramente morta. E a che punto saremmo ora?»
Il libro è ben impaginato e accompagnato dalle bellissime illustrazioni di Sofia Blackall richiama i manoscritti medievali, con capolettera decorati e illustrazioni a tutta pagina contornate da elementi vegetali e floreali, che intervallano i diversi libri e i capitoli che compongono il romanzo.
Un romanzo che si legge di corsa e sul quale ho pianto, commossa. Dai 9 anni.
«Alla fine saremo tutti condotti nel luogo a cui apparteniamo. Alla fine tutti troveremo la strada di casa»