Le guerriere della Valle di Jonathan Garnier e Amélie Fléchais ha vinto ogni premio possibile e immaginabile dal 2018 fino al Grand Prix Festival International de la Bande Dessinée di Angoulême 2022 come miglior graphic novel, e arriva nelle librerie italiane in un volume di 300 pagine, che raccoglie le tre uscite singole originali francesi, perfetto per le letture invernali lunghe e soppesate.
La bellezza di questa storia sta nel fatto di essere molto dettagliata e ricca di livelli narrativi, unendo il fantasy, le leggende norrene, gli spiriti giapponesi, tematiche ambientali, la guerra, il ruolo delle donne… Tutto questo in un intreccio narrativo orchestrato perfettamente che avviluppa il lettore fin dalle prime vignette e lo tiene sul crinale della curiosità, incapace di prevedere cosa succederà nella pagina successiva.
Siamo in un contesto che ricorda le narrazioni degli antichi vichinghi, con echi medievali celtici che Amélie Fléchais aveva già ben narrato in Brendan e il segreto di Kells.
Un villaggio custodito dai monti e affacciato sul freddo mare. Un gruppo di donne che è stato lasciato dagli uomini, costretti a partire per una guerra, oramai 10 anni fa e mai più tornati, abita questo villaggio con i bambini, gli anziani e le pecore.
Le donne, facendo leva sulle proprie risorse, si sono organizzate e da quando gli uomini sono partiti per la guerra si prendono cura del villaggio e lo fanno anche grazie alla fondazione dell’ordine delle guerriere della valle, addestrate per far fronte ad ogni minaccia. Ed è attorno all’ordine che si sviluppa tutta la storia. A fare da protagoniste e punto di vista, infatti, incontriamo un gruppetto di bambine di una decina di anni, ultima generazione nata dopo la partenza degli uomini, capeggiate dalla rossa Molly, che incominciano l’addestramento per diventare apprendiste dell’ordine.
La sceneggiatura di Jonathan Garnier è dettagliata minuziosamente sia a livello di suggestioni del contesto sia nella costruzione dei personaggi, complessi e sfaccettati.
I pochi uomini che sono rimasti nel villaggio sono o molto anziani o molto giovani e a tutti loro, in quanto maschi, è precluso l’accesso all’ordine. Questa contrapposizione maschi-femmine si diluirà però velocemente perché il contributo di tutti alla difesa della comunità troverà mille forme, spesso inaspettate (molti ragazzi si dedicheranno, ad esempio, alla tessitura dei mantelli dell’ordine!). Ma l’esempio più lampante verrà da Liam, grande amico di Molly, che non vede l’ora di poter lasciare i pascoli per poter dare il proprio contributo all’ordine, a fianco della sua amica, anche se le regole non glielo permettono.
La narrazione avanza lentamente e permette che tutti i fili narrativi si dipanino chiaramente nella loro complessità: ogni personaggio ci fa intuire una storia spesso segnata da prove e dolore, a causa appunto della partenza per la guerra nelle Terre morte che, in modi diversi, rappresenta per tutti una ferita mai curata completamente.
Quando le giovani apprendiste, durante le prime semplici missioni al di fuori del villaggio, scoprono inaspettatamente che qualcosa di oscuro e profondamente crudele si sta muovendo, attaccando e seminando paura, la vera avventura comincia. Scopriamo che una Malabestia – una gigantesca bestia che ricorda tanto un lupo nero – sta devastando e diffondendo una malattia a cui nessuno riesce a trovare rimedio. La ricerca della cura diventa l’obiettivo di tutta l’avventura. Il destino del villaggio e, nello specifico, del gruppo delle giovani apprendiste, capeggiato da Molly a cui Liam si è aggiunto con naturalezza, si intreccia a quello del villaggio degli stregoni, uomini che hanno votato la loro esistenza ad una vita in armonia con la natura alla quale sembrano assimilati, lontano dalla civiltà.
La prima resa dei conti è un confronto diretto nel quale i giovani protagonisti scopriranno che la Malabestia altro non è che un’emanazione della rabbia della natura, personificata da una giovane strega sfruttata, incompresa e umiliata. La bestia minaccia la sopravvivenza di tutti gli esseri della Valle e in un modo del tutto inaspettato condurrà all’origine del male, che altro non è che la guerra che si è scatenata nelle Terre morte: cosa scatena però tutta questa rabbia e distruzione?
Con la sconfitta della Malabestia non si conclude la storia, ma si è introdotti nella parte finale, nella quale il gruppo dei protagonisti prosegue il suo viaggio attraverso tante tappe, nelle quali si aggiungeranno nuovi personaggi, tutti alla ricerca delle radici del male.
La metafora che è racchiusa in questo viaggio è una palese riflessione sulla libertà, sulla necessità di affrontare ciò che accade di positivo o di negativo, senza fuggire e senza evitare lo scontro, forti di un’amicizia e di un legame che sono rappresentati in questo caso dall’ordine, ma che trovano il loro autentico e solido principio nei rapporti famigliari che sostengono tutti personaggi e i loro clan.
«Nello sforzo nel dolore, per il villaggio e il suo onore, per la famiglia gli uomini chiamati al dovere, saremo forti e difenderemo senza esitare le nostre terre avite e fiere che ci hanno visto sbocciare»
Il viaggio fino alle Terre morte è ricco di avventure e colpi di scena, ritrovamenti e incontri con diverse culture, e l’arrivo alla città reale permette il ricrearsi di legami che si credevano perduti, ma rivelerà anche perdite dolorose. La soluzione di questo viaggio, nello scontro finale, ribadirà l’ottusità della guerra, del potere, della prevaricazione mostrando invece la forza dell’unità e della fiducia reciproca, la forza di chi non si sottrae al combattimento e anche la forza di chi ha paura ma sa che la condivisione e l’unità difficilmente possono essere sconfitti.
I personaggi, creati con sapienza e intelligenza, affascinano immediatamente i lettori e li coinvolgono in un’avventura densa, complessa, ricca di fili narrativi e storie che intessono un arazzo splendido. La narrazione è davvero stupendamente intessuta e imprevedibile.
Perfette le immagini di Fléchais, sia nella costruzione delle sequenze che nella ricchezza dei dettagli, che creano uno spazio coerente e affascinante, pagina dopo pagina. Questa riuscita è dovuta anche ai colori, che contribuiscono a creare un insieme sempre riconoscibile ma anche molto vario nelle 300 pagine: se si trattasse di un’opera cinematografica potremmo dire che fotografia e luci sarebbero da Oscar.
Alla bellezza immediata di una storia di avventura davvero ben narrata, godibile sia dai bambini che dagli adulti, sia aggiunge la bellezza più profonda delle tematiche proposte. In questo ho notato una consonanza con alcune opere di Hayao Miyazaki, come La principessa Mononoke e Nausicaa della Valle del vento, nelle quali i grandi spiriti della natura, spaventati, perseguitati e brutalmente arrabbiati, combattono – incompresi – per l’integrità e la salvaguardia della natura stessa, senza che l’uomo, reso miope da problemi di potere di scala minore, si renda conto della grande minaccia globale. Queste grandi storie epiche hanno in comune anche le considerazioni sull’urbanizzazione e sull’assurdità della guerra che toglie tutto, senza rendere in cambio nient’altro che miseria e dolore. Questa, che per me è una citazione di fonti, si trasfigura in queste pagine in una storia originale che dà vita a un universo unico dove questi temi non sono unici e centrali, ma parti di un discorso narrativo più ampio e sfaccettato.
Unica osservazione critica che mi permetto di fare, ma che – badate bene! – non sposta di una virgola il fascino di questa storia, riguarda il finale che è forse un po’ affrettato, soprattutto se confrontato con il ritmo narrativo a cui ci aveva abituato l’autore: una storia che avanzava lentamente, in modo puntiglioso, dove la lettura delle vignette non poteva essere trafelata, ma pretendeva che ci soffermasse sui dettagli. Questo tempo, sul finale, scompare, lasciando spazio a una velocissima e quasi trafelata risoluzione del conflitto, che tuttavia nulla toglie alla bellezza di questa storia. Forse, infatti, non serviva un finale ricco e complesso per aggiungere valore alla storia di formazione e alla crescita morale dei protagonisti.
Un’epica avventura per tutti i ragazzi – allenati alla lettura – dagli 8 anni.
Grazie a questa tua recensione, Babbo Natale ha regalato questo libro a mio figlio ed è stato forse uno dei libri più apprezzati di sempre!
Un libro letto più volte in poco tempo ma soprattutto guardato più volte in tutti i minimi dettagli delle meravigliose illustrazioni.
Piaciuto dall’inizio alla fine, non abbiamo trovato il finale tanto affrettato, nel senso che fa un po’ parte del crescendo di pathos e di eventi e rivelazioni che si susseguono uno dopo l’altro (anche se in effetti il ritmo di lettura rimane lento). Sicuramente lascia molte porte aperte, infatti mio figlio è tornato a guardarlo (più che leggerlo) diverse volte nei minimi dettagli.
C’è solo un problema: ora ci sentiamo orfani… cosa possiamo leggere di altrettanto bello?