Uno degli autori che più incarna, con le sue storie, la forza liberatoria della letteratura con la possibilità di fare accadere l’impensabile è sicuramente Jon Klassen.
L’autore canadese ha sostenuto infatti con la sua trilogia del cappello (Voglio il mio cappello!, Questo non è il mio cappello, Toh! Un cappello!) e con molte altre sue storie la rivoluzione del “politicamente scorretto”.
In realtà non c’è nulla di nuovo in narrazioni che sovvertono l’ordine naturale delle cose: dalla fiaba in avanti, le storie hanno sempre rappresentato uno spazio franco in cui potevano accadere cose che, nella realtà, erano vietatissime. Tuttavia, nel rapportarsi all’infanzia, spesso prevale una volontà conformante ed educativa che non lascia molto spazio alle narrazioni sovversive. Voglio il mio cappello! rivendica per sé questo diritto.
Jon Klassen, che è autore ed illustratore, costruisce un albo illustrato tutto basato sul discorso diretto, la cui la forza perturbante è affidata alla decodificazione delle immagini – e quindi dell’accaduto – nello scarto che queste hanno con quello che i protagonisti decidono di dire.
«Il mio cappello è sparito. Lo voglio indietro»
Questa è la constatazione che apre la storia e che troneggia accanto ad un orso dall’aspetto placido e rilassato.
Girata la pagina, l’orso è praticamente identico a se stesso, ma si trova di fronte ad una volpe:
«“Hai visto il mio cappello?” “No. Non ho visto il tuo cappello.” “Ok. Grazie comunque”»
Come si può intuire, gli incontri si moltiplicano e la domanda si ripete sempre uguale a se stessa: «“Hai visto il mio cappello?”»
Tutto sembra cambiare quando l’orso rivolge la domanda ad un coniglio che calza in testa un fiammante cappellino a punta:
«“Hai visto il mio cappello?” “No. Perché me lo chiedi? Non l’ho visto! Non ho visto cappelli! Nessun cappello! Da nessuna parte! Non ruberei mai un cappello! Non farmi altre domande!” “Ok. Grazie comunque.”»
I lettori rimarranno increduli. Klassen è geniale, perché inserisce questo incontro che sembrerebbe, almeno agli occhi dei lettori, la vera svolta nella ricerca del cappello, all’interno casuale di una sequenza che non si esaurisce nell’incontro con il coniglio, l’orso infatti va avanti a interrogare altri animali del bosco, come il serpente, la tartaruga, il tapiro…
La vera svolta avviene quando un cervo, di fronte allo sgomento e alla frustrazione dell’orso, che ormai teme di non rivedere mai più il suo cappello, gli chiede di descriverlo.
«“È rosso e appuntito e…”»
Nel momento stesso in cui l’orso descrive ai lettori il suo cappello viene folgorato da una rivelazione, segnalata dallo sfondo della pagina che si tinge completamente di rosso:
«“HO VISTO IL MIO CAPPELLO!!!”»
Ripercorrendo a ritroso e di corsa la strada percorsa, l’orso giunge vicino al cespuglio dove si trova ancora il coniglio, con il cappellino rosso a punta sulla testa.
Lo sguardo con cui i due antagonisti si scrutano è eloquente e carica la situazione di tensione e attesa, ma non fa presagire chiaramente quello che sta per accadere.
Cosa vi aspettereste da un libro per bambini? Cosa pensate stia per succedere?
Il testo non lo dice. Nella pagina successiva si vede il protagonista con il suo cappello rosso in testa, seduto per terra su quello stesso cespuglio dove prima c’era il coniglio. Il testo semplicemente constata: «“Adoro il mio cappello.”»
Se i piccoli lettori increduli ancora non avessero compreso l’accaduto, la domanda di uno scoiattolo offre un ulteriore appiglio per la comprensione:
«“Mi scusi, ha visto un coniglio con un cappello?” “No. Perché me lo chiede? Non l’ho visto! Non ho visto conigli! Nessun coniglio! Da nessuna parte! Non mangerei mai un coniglio! Non mi faccia altre domande!” “Ok. Grazie comunque.”»
John Klassen scrive un libro perfetto che sorprenderà e farà ridere tutti per la liberatoria soddisfazione (vendetta) che viene concessa al protagonista.
In un mondo dove lecitamente è necessario mediare i confronti/scontri, aldilà della resa dei conti diretta, la letteratura può rappresentare uno spazio dove le regole non valgono.
La progettazione del ritmo narrativo è perfetta: la ripetizione del testo uguale a se stesso offre, nelle variazioni, un appiglio interpretativo ai piccoli lettori; la capacità di dosare il silenzio invita i bambini a concentrarsi sulle immagini.
Un albo che mostra un dialogo magistrale tra testi e immagini e che ribadisce con forza che tutto è possibile all’interno di una storia!