Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura del 2023, tra la sua vasta produzione enumera anche alcuni testi rivolti ai bambini che l’editore Iperborea ha iniziato a portare in Italia.
Il primo libro ad approdare sugli scaffali italiani è La piccola violinista, reso albo illustrato dalle illustrazioni di Øyvind Torseter.
La scrittura molto particolare di Jon Fosse, i grandi temi che attraversano i suoi scritti per adulti tornano con la stessa intensità in questo scritto per bambini dove la semplicità è solo apparente.
Quella che incomincia è, a tutti gli effetti, una fiaba che si apre non a caso con «C’era una volta». Da qui si dirama una storia dal canovaccio fiabesco che vede il giovane eroe, che in questo caso è una bambina, partire per il suo viaggio per salvare il suo amato papà, il cui dolore l’ha raggiunta in sogno attraverso quella che a tutti gli effetti una visione:
«Un giorno si portò la mano sugli occhi e vide il padre seduto su uno scoglio in riva al mare, e vide la prua della sua barca in mezzo al mare, e vide l’albero della barca spuntare dall’acqua. Il padre era sullo scoglio a riva, tutto bagnato, e sembrava così sfinito, penso lei, che forse gli avrebbe fatto bene un po’ di compagnia»
Il viaggio, che la bambina - mai nominata per nome - intraprende, mostra una fittissima trama di riferimenti biblici ma anche teatrali e fiabeschi, appunto. È evidente come ogni parola porti in sé è una densità simbolica, una scelta a monte tutt’altro che casuale (come ad esempio l’insistenza sull’Ovest, luogo per antonomasia della morte e del buio).
La bambina, armata solo del suo violino attraverserà montagne che le impediranno il passo, sfiderà il fango che cercherà di inghiottirla e poi il mare che cercherà di affogarla. La montagna si spaccherà lasciandola passare come in Zaccaria (14,4), il mare si dividerà al suono del suo violino così come accadde nell’Esodo, la bambina emergerà dal fango infingardo come nel Salmo 40. È la musica a permettere questo avanzamento, un incantamento del creato che richiama anche la prova che Pamina e Tamino affrontano grazie al suono del flauto magico, come nell’opera di Mozart.
Il superamento di queste tre prove porta la bambina a un abbraccio liberatorio tra le braccia del suo papà.
«Meno male che mi hai trovato, disse il padre. sì, disse la piccola violinista. Non so come ho fatto, disse»
La scrittura di Fosse è la medesima che troviamo nei suoi romanzi: asciutta, spesso priva di segni di interpunzione, ricca di ripetizioni che intrecciano il livello descrittivo a qualcosa di affine al flusso di coscienza.
È interessante che l’autore norvegese non abbia voluto semplificare i grandi temi di cui è portatore nei suoi romanzi per adulti: anche in questo racconto troviamo tutta l’intensità drammatica del tormento spirituale, della valore del silenzio, dell’imponenza esistenziale dello spazio naturale.
Eppure al centro, differentemente da quanto spesso accade, c’è una bambina (una femmina, piccola) che salva il padre, ribaltando alcuni stereotipi e mettendo davanti agli occhi dei lettori il valore salvifico di cui l’infanzia spesso è simbolo («se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» Mt 18,3).
Il dettato narrativo di Fosse è così particolare, denso e ricco che, seppure apprezzi moltissimo il lavoro di Øyvind Torseter, l’ho trovato inadeguato a rendere la drammatica complessità di questo testo. I collage e le figure di carta bidimensionali, le fotografie sfuocate e un po’ confuse, i colori degli sfondi confusionari appiattiscono il valore semantico delle parole, a mio avviso.
Rimane un testo intenso da leggere e ascoltare, una prova che testimonia la levatura dello scrittore norvegese che, a differenza di altri grandi autori, nel rivolgersi ai più piccoli mostra la stessa levatura, la stessa tensione ideale che il mondo riconosce ai suoi libri per grandi.