Tornate indietro con la memoria e immaginate di partire per una gita insieme alla vostra classe, una gita di quelle che si svolgono in giornata: l’eccitazione che accompagnava quei momenti è palpabile. Adesso immaginate che la destinazione della vostra escursione sia la luna. Gita sulla luna è il debutto di un illustratore americano, amante dello spazio che ci racconta con il suo stile pittorico, senza alcuna parola, uno spazio ricco e nero dove il giallo spicca e le illustrazioni cinematografiche ti catapultano con naturalezza in un mondo che ricorda i Jetsons, del mondo di Hanna e Barbera. L’autobus giallo si riempie in copertina, gli scolari salgono tra schiamazzi e corse attraverso il tunnel trasparente, l’insegnante supervisiona, un ultimo bambino che si attarda malinconico, il cartello lampeggiante avvisa i guidatori spaziali che si è in zona-scuola e bisogna rallentare. Non c’è una parola, ma le immagini sono eloquenti e si ha l’impressione di essere circondati dal rumore eccitato della scolaresca, dal lieve vibrare del trasporto spaziale e dai ritmati scoppiettii del cartello stradale. Arrivati al frontespizio, siamo già in volo, la scuola alle spalle, il nero universo intorno, al colophon già scorgiamo la luna. La storia incomincia: ecco sbarchiamo. La focalizzazione alle spalle del gruppo, in fondo, ci mette immediatamente nei panni e nello sguardo dell’ultimo, lento bambino che a differenza dei compagni ha un blocco e una scatola di pastelli in mano: capiamo subito che è lui il nostro protagonista. Ci immergiamo anche cromaticamente nella luna, l’autobus se ne va, e il suolo grigio, il cielo nero e le tute spaziali bianche e nere, lasciano poco spazio al colore: è la terra nel cielo l’unico punto cromaticamente affascinante: il protagonista ne è calamitato e incomincia a ritrarla. La visita guidata si snoda tra dune e crepacci, tra buche e promontori… il grigio amplifica un senso di noia e di monotonia che fa addormentare il nostro eroe e… patatrac è un attimo e il piccolo studente viene lasciato indietro dal pullman spaziale che ha recuperato i suoi compagni! Dopo un attimo di smarrimento il bambino decide che la calma e l’attesa sono l’unica strada: l’insegnante si accorgerà della sua mancanza al primo appello! Non rimane altro da fare se non sedersi a disegnare. Ma ecco che nel silenzio lunare, curiosi abitanti si fanno sotto: sassi che prendono vita? Mimetici e schivi alieni? Omini sabbiosi? (La risposta è nelle immagini!) Certamente la gestualità e la mimica ce li fanno amare immediatamente. I grigi mostri-alieni sono affascinati - come dar loro torto !? - dai pastelli colorati ed è così che in un attimo baffi viola compaiono sul volto del primo e spirali sulla pancia dell’altro e omini stilizzati sulla prima roccia accanto al sentiero. È un momento di condivisione e amicizia che genera entusiasmo e gioia, in un attimo. Ma poi all’orizzonte una vibrazione rompe l’incantesimo: non la sentite anche voi? Un pullman giallo sta tornando indietro di gran carriera, ecco si apre il portellone e un trafelato adulto si precipita fuori: “ci hai fatto prendere uno spavento mica male” sembra sussurrare concitato mentre abbraccia lo scolaro perduto. Poi si volta, degli alieni naturalmente nessuna traccia, ma di tracce colorate sulla roccia se ne vedono eccome: “pulire forza! non si rovina la luna”. E la scatola dei pastelli? Non li avrai mica persi in gita? Solo il grigio ti è rimasto?
La storia è curiosa e simpatica, forse un po’ scontata nel solito finale con l’adulto ottuso e il bambino che rivendica il suo sguardo “completo” sulla realtà, ma le capacità illustrative dell’autore valgono questo giro sulla luna.
John Hare ha uno spiccato senso cinematografico che gestisce con un uso del colore e della luce molto interessante; la storia segue un flusso coerente e coinvolgente, l’assenza di parole valorizza la presenza di dettagli “parlanti” che contestualizzano e rendono vive e vivide le tavole: sentite il fruscio della sabbia lunare che si alza al decollo dell’autobus scuola? I cambi di prospettiva, la coerenza testuale e il ritmo narrativo, la capacità di far parlare le immagini e creare un mondo immaginato reale e coinvolgente… sono tutti elementi capaci di avvincere il giovane lettore (dai 4 anni, ma più significativamente dai 6 anni) a sé.