È molto probabile che di Heidi abbiate tutti una conoscenza mediata dalla famosissima serie animata sceneggiata da Hayao Miyazaki o attraverso uno degli innumerevoli film che da questo romanzo sono stati tratti.

In realtà pochi hanno letto i due volumi di cui consta la storia di Heidi scritta da Johanna Spyri. La scrittrice svizzera, originaria di una piccola cittadina, visse sulla sua pelle il trauma dello spostamento in città e l’abbandono del mondo contadino insieme alla sua benestante famiglia.

L’autrice, colta e con alle spalle una famiglia illuminata, dopo alcune prove letterarie di mediocre qualità, balza agli onori della critica quando ormai cinquantatreenne scrive il primo romanzo, Gli anni di formazione e di peregrinazioni di Heidi, seguito nell’anno successivo dalla continuazione Heidi può servirsi di ciò che ha imparato.

I due romanzi compongono la parabola di crescita (Bildungsroman) di una bambina svizzera orfana di genitori che prima allevata alla nonna e alla zia, viene poi affidata da quest’ultima alle cure del nonno paterno, personaggio duro e dalla dubbia reputazione che vive isolato su un alpeggio, lontano dal piccolo gruppo di case del paese. Intorno al nonno le voci si sprecano e la sua reclusione volontaria non fa che aumentare i pettegolezzi che lo dipingono addirittura come un assassino. Il romanzo traccia ciò che sulla falsariga è raccontato con discreta fedeltà da tutte le versioni cinematografiche: Heidi apre una breccia nel cuore del nonno, che è burbero ma che in fondo appare agli occhi dei lettori come un uomo retto e buono, diventa amico di Peter della madre e della nonna cieca, conquistandosi di fatto una casa e una famiglia.

La vita sull’Alpe è innervata di bellezza e di meraviglia e le descrizioni vivaci e impressioniste della Spyri, unite alla precisione lessicale che nomina piante e oggetti, donano un colore lirico e intenso alle pagine.

La visione dei tramonti infuocati sui monti, la varietà di profumi e colori dei fiori alpini, il perturbante sferzare del vento che percorre avanti indietro i prati e la baita…

«niente era più affascinante e meraviglioso di quel profondo e misterioso suono delle cime degli alberi»

«Improvvisamente Heidi balzò in piedi e si mise a gridare: “Peter! Peter! Brucia, brucia! Le montagne stanno bruciando, la neve brucia, e il cielo. Guarda, guarda! L'alta roccia è tutta una fiamma. Com'è bella la neve infuocata! Peter, alzati! Guarda, il fuoco è arrivato al nido dell'aquila. Guarda le rocce! Guarda gli abeti! Sta bruciando tutto. […] Che cos'è Peter? Che cos’è? […] Oh, che bello! La neve è tutta rosa. E sulle rocce si vedono tantissime rose. Oh, ora stanno diventando grigie! Oh, ora è tutto finito, Peter! dobbiamo tornare” “Ma domani sarà la stessa cosa […] Sarà proprio così ogni giorno, tutti i giorni che verremo al pascolo”»

«L’erba sembrava una distesa d'oro, i picchi erano fiammeggianti, la valle si dissolveva in un pulviscolo profumato e dorato.
Heidi si trovava proprio in mezzo a tanta bellezza e dalla gioia lacrimoni le scesero lungo le guance»

È un’esistenza semplice fatta anche di gesti e oggetti spartani: lo sgabello intagliato, la ciotola ben tornita, il latte caldo delle capre, le assi cigolanti delle finestre, l’acqua gelata della sorgente, il profumo del fieno...

Se questo può apparire superficialmente il viaggio di Heidi tuttavia non lo è, il suo viaggio incomincia quando la zia Dete torna sull’Alpe e grazie a una subdola bugia conduce con sé Heidi a Francoforte, dove viene lasciata (venduta?) come dama di compagnia per una bambina inferma (Clara) di una ricca famiglia.

L’amicizia tra Heidi e Clara si intreccia al grande dolore per la lontananza da casa di Heidi. Non è la signorina Rottenmeier l’elemento perturbante del romanzo (come invece può apparire nelle versioni cinematografiche), ella è la superficiale evidenza dell’ottusità adulta, la personificazione della forma sulla sostanza. Ciò che davvero perturba il lettore è invece la situazione in cui Heidi viene a trovarsi, quella dell’impossibilità di tornare a casa.

«“Quindi ho scelto una ragazza svizzera, sperando si trattasse di una persona di cui si legge tanto, di quelle che vivono in montagna, all’aria pura, per intenderci. Di quelle che vivono la vita senza toccare terra” “Ma io invece credo - rispose il signor Sesemann - che anche i bambini svizzeri tocchino terra quando camminano, altrimenti avrebbero ali invece che piedi”»

Le avventure per le strade di Francoforte, i giochi, la complicità tra le due bambine non riescono in alcun modo a mitigare la nostalgia di Heidi per le sue montagne, per il suo nonno…  per la sua casa.

«Heidi pensava che ora si avvicinava il periodo in cui Peter sarebbe andato al pascolo con le capre, i cisti dorati avrebbero brillato al sole e tutte le sere le montagne d'intorno sarebbero state di fiamma. Heidi si sedeva allora in un angolo della sua camera e si copriva con entrambe le mani gli occhi, per non vedere la luce del sole sui muri di fronte. Stava così, immobile, lottando in silenzio contro quell’ardente nostalgia, finché Clara non la chiamava»

Questa sofferenza emergerà fisicamente in un malessere che, compreso dall’amorevole padre di Clara, convincerà i Sesemann a riportarla in montagna. Con il ricongiungimento con il nonno si conclude il primo romanzo che continua armoniosamente nel secondo volume, dove viene raccontata la vita di Heidi sulla baita con il nonno e il cambiamento radicale di quest’ultimo.

La vita tranquilla sull’Alpe si trasforma: il nonno accetta di trasferirsi in paese in l’inverno per permettere ad Heidi di proseguire gli studi. D’estate, i viaggi degli amici di Francoforte, della nonna, del dottore e di Clara stessa presso l’Alpe animeranno la quotidianità e Clara ricomincerà addirittura camminare. Sul finale, dopo un commovente dialogo sul destino, Heidi verrà persino adottata.

Cos’ha di straordinario questo romanzo? Perché è diventato un classico?

Inaspettata e ben costruita è la figura di Heidi che, pur potendo idealmente rifarsi all’ideale dell’allegro selvaggio (stereotipo esplicitato dalla stessa Rottenmeier che si aspettava una bambina di questo tipo), mostra invece una tridimensionalità intrigante ed interessante.

Heidi è una bambina orfana e sola: è una bambina che cerca la sua casa. 

Il percorso di Heidi non determinerà un cambiamento del suo essere - come nei romanzi di formazione - ma del suo stato: alla fine del romanzo Heidi sarà certa di aver conquistato una casa e una famiglia. Le risorse che Heidi mette in campo per guadagnarsi e conquistare questo spazio personale sono la semplicità e il dono stupito e gratuito dell’amore: Heidi si stupisce di tutto ciò che le accade intorno, si interessa di tutto e di tutti e dona con generoso slancio tutto quello che è e che ha (affetto, ma anche carne secca e formaggio con cui conquisterà Peter!).

Leggendola in una prospettiva evangelica, Heidi è una povera in spirito che non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare!

Non siamo, tuttavia, di fronte ad un’infanzia idealizzata o angelicata: accanto a lei gli altri personaggi bambini mostrano un’umanità che non è a senso unico, ma contempla l’invidia, la gelosia, la paura, la nostalgia, la scaltrezza. l’egocentrismo…

La generosità e il candore di Heidi trovano un corrispettivo nel grande tema della bellezza curativa che è certo associata alle montagne, ma che è ben più profonda della contrapposizione tra natura e città. Non siamo infatti di fronte ad uno sterile elogio della vita contadina, la scelta è innanzitutto esistenziale: la vita in montagna è desiderabile perché per Heidi corrisponde al luogo dove c’è la sua casa.

Il concetto di casa mostra, dunque, in questo romanzo un duplice volto. Innanzitutto c’è un aspetto etnografico: grazie le descrizioni minuziose, attente e precise dei personaggi, dei luoghi e degli oggetti è possibile ricostruire un affresco delle comunità montane e della vita ottocentesca in Svizzera. Ma emerge anche vigorosamente il concetto di comunità come tessitura di relazioni che permette la costruzione della vera casa.

Il tema della comunità, a sua volta, si intreccia ad un robusto scheletro religioso che nelle versioni cinematografiche è l’unico elemento a scomparire del tutto. Nel romanzo, infatti, il credo evangelico, entro cui crebbe l’autrice, emerge vividissimo nel suo lato umano. La parabola evangelica del figliol prodigo (citata esplicitamente in brani parafrasati all’interno dei romanzi) diventa specchio della vita del nonno di Heidi, ma anche in parte del ritorno della protagonista a casa dove ritrova una figura paterna in attesa. La conversione del nonno, poi, culmina nel secondo romanzo in una scena con il parroco del paese che non può non richiamare agli occhi e le orecchie del lettore italiano la celeberrima scena dell’Innominato manzoniano nell’abbraccio a Federigo.

«Allora bisogna aspettare, - disse dopo un po’ con sicurezza - e pensare sempre: certamente ora il buon Dio sa che qualcosa di felice dovrà scaturire da questa sofferenza; bisogna solo stare tranquilli e non allontanarsi da Lui. E allora, a un tratto, ci si accorge che il buon Dio non ha in mente altro che di fare del bene agli uomini; ma siccome prima non è possibile accorgersi di questo, perché si vede solo la propria pena, si pensa che sarà così per sempre»

A latere non si può non notare e non apprezzare il ruolo dei nonni e delle figure adulte di questo romanzo che, al di là di ogni stereotipo, sostengono il cammino della protagonista con premura. In un episodio modernissimo la nonna di Clara, addirittura, critica con nettezza il metodo di insegnamento dell’istitutore basato sul “libro di testo” e insegna a leggere ad Heidi grazie (udite udite!) ad un albo illustrato che entra nella sfera di interesse della bambina con le sue storie montane e le sue illustrazioni. Heidi è un romanzo che si legge facilmente, da cui si rimane colpiti e che lascia stupiti, è un romanzo scritto compitamente e con passione che fa attraversare le pagine da un vento vigoroso che porta i lettori in montagna, tra le vette e le capre.

Un romanzo che è diventato classico, ma che rischia di perdersi nei meandri dell’oblio, ma che vi consiglio di recuperare.

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