Vale la pena oggi leggere Babar?
Un po’ di storia.
Babar nasce, come nelle migliori tradizioni fiabesche, dalla trascrizione di racconti orali che Cécile, la moglie di Jean de Brunhoff, artista e pittore parigino, snocciolava la sera, nella penombra, accanto al letto dei loro bambini.
Niente di apparentemente straordinario, eppure Babar ha segnato in modo epocale la storia della letteratura per l’infanzia e la letteratura illustrata. Nel 1931, quando infatti uscì il primo racconto di Babar, un testo rivolto ai ragazzi di grande formato e con brillanti immagini stampate in litografia, appariva una forma nuova di libro rivolto ai bambini.
Nel 1981 un mostro sacro della letteratura per l’infanzia, Maurice Sendak, elogiava così la portata della rivoluzione elefantina compiutasi a Parigi: «Tra il 1931 e il 1937, Jean de Brunhoff ha compiuto un’operazione che ha cambiato per sempre il volto del libro illustrato. Nessuno prima di lui è riuscito a concepire l’illustrazione a doppia pagina con pari effetto drammatico e di sorpresa. Le righe di testo che scorrono alla base delle immagini sono così semplici ed efficaci che l’arte letteralmente sboccia da esse» (citazione, da Gavroche).
Babar era un personaggio eccezionale, questo fu chiaro a tutti da subito, e il successo giustamente lo celebrò, dando vita ad una tradizione familiare che si sarebbe conclusa solo molti anni dopo, poco più di un anno fa.
Jean de Brunhoff scrisse infatti 6 racconti intorno al re elefantino tra il 1931 e il 1941, ma le storie continuarono grazie ad uno dei suoi figli, Laurent, che fino al dicembre del 2017, insieme alla moglie, scrisse più di 50 libri dedicati a Babar.
Babar a Parigi è il volume d’addio dedicato al luogo natale di Babar e dei suoi autori: “Sono io che mi diverto nella mia città. Perché alla fine della mia vita, anche se per decenni ho vissuto in America, sono rimasto sempre un francese. E volevo rendere omaggio a Parigi”.
Le 6 storie originarie di Babar sono entrate nella storia della letteratura e il personaggio, celeberrimo ben oltre i confini francesi, non sembra sentire il peso dei suoi quasi 90 anni. Innumerevoli, nel corso della storia, sono state le edizioni. Tra le più recenti in Italia segnaliamo il volume collettaneo per i tipi di Donzelli del 2013, con traduzione di Cinzia Poli e i volumi singoli (per adesso i primi 2: La storia di Babar e I viaggi di Babar) ritradotti per Picarona da Lorenzo Fasanini, in uscita tra il 2018 e il 2019.
Chi è Babar?
La nascita di Babar è segnata da una tragedia, la sua mamma infatti viene brutalmente uccisa da un cacciatore e il piccolo elefantino si trova costretto ad abbandonare precipitosamente la foresta placida e lussureggiante che lo accoglieva in una fuga precipitosa verso la salvezza. Babar arriverà in città, in una Parigi di inizio secolo tanto elegante, quanto austera.
«“Come sono vestiti bene… Anche a me piacerebbe indossare un bel vestito” pensa. Per un colpo di fortuna, una signora anziana che ama gli elefanti si rende conto che Babar desidera un vestito elegante, e dato che le piace aiutare gli altri, gli consegna il suo portamonete».
Babar incomincerà così la sua trasformazione da quadrupede a bipede ben vestito ed istruito. La signora anziana diverrà la sua amica più fidata, anche dopo il ritorno al regno degli elefanti.
Da lì in avanti le avventure di Babar e di Celeste, che diventerà sua moglie, si intrecciano con luoghi e personaggi tra i più fantasiosi. Tra matrimoni, guerre, feste, viaggi, rapimenti, quello che queste storie preservano è la categoria della possibilità, che i bambini mantengono naturalmente aperta. Non c’è stonatura e nessuno stupore nel vedere un elefante sciare elegantemente per le piste innevate in Svizzera, così come vivere la sua vita nella foresta. Si ride per il petardo legato alla coda del rinoceronte prepotente e si tiene il fiato sospeso quando la balena si dimentica di Babar e Celeste su uno scoglio in mezzo al mare.
Perché leggere oggi Babar?
La distanza temporale che separa i ragazzi di oggi dai ragazzi degli anni ’30 del XX secolo è evidente. Per certi versi Babar viene presentato come un settecentesco Giovin signore, che trova il riscatto dalla sua condizione selvaggia nell’istruzione, il buon gusto e le buone maniere. Non mancano pregiudizi – ingigantiti forse dai detrattori dell’elefantino – riguardanti l’atteggiamento signorilmente superiore e un po’ paternalistico che evidenzia nei confronti dei suoi simili poco avvezzi a vestiti e automobili, un certo pregiudizio razziale che emerge, ad esempio, nella battaglia contro i cannibali e anche un ormai superato atteggiamento belligerante.
È dunque passato di moda Babar?
Io non credo. Perché se da una parte la distanza temporale si fa sentire, dall’altra i racconti del re elefante mantengono frescamente vivida quella carica di avventura e di fantasia che caratterizzava le storie per i ragazzi. Senza preoccupazioni e senza il ricatto della mediazione, senza il bisogno di zuccherare, diluire, annacquare le storie di Babar raccontano di avventure, morti, grandi imprese, fatica e dedizione impiegate verso l’obiettivo di migliorarsi, ma anche nostalgia, ingegno, coraggio, ribellione.
Ecco io credo che Babar invece offra ai nostri bambini moderni questa possibilità di avere un eroe, con qualche difetto – relativamente al politically correct – ma affascinante nei suoi vezzi e nei moti del suo animo. La perseveranza, il suo non arrendersi a ciò che trova ingiusto, il suo determinato muoversi verso ciò che reputa più bello, la sua capacità di guidare e il suo desiderio sconfinato di esplorare sfuggono alle asfittiche definizioni che se ne possono dare.
Le avventure sono incalzanti, ricche di colpi di scena e tanti, tantissimi snodi narrativi che potremmo definire superflui all’economia strutturale della narrazione, ma che in fondo donano alle pagine una ricchezza di momenti particolarmente significativa. Le illustrazioni, poi, valgono la lettura: che spontaneità, che gentilezza, che dettagli sorprendenti!
Il testo rimane sintetico, ricco di brevi dialoghi e i volumi singoli potranno essere proposti piacevolmente ai primi lettori dai 7 anni.
Insomma ancora oggi un personaggio tutto da scoprire.
Grazie di essere passata a riscrivere qui i tuoi pensieri: trovo che siano molto interessanti e preziosi. Babar obbliga davvero (l’adulto) a prendere posizione e lascia che i bambini possano rielaborare e pensare.
Ho rispolverato questo post cercando con la lente. Maria, mi sono letta la recensione e mi sono sentita sollevata 😅 Mio figlio ha voluto leggerlo (abbiamo la raccolta Donzelli) e forse ho sbagliato a dire “si” perché è un po’ piccino (sta per compiere 5 anni), ma non mi sento troppo in colpa. All”inizio la scena della morte della mamma, ci ha forse spiazzato, ma ci ha anche tenuti incollati per vedere come sarebbe andata avanti la storia. Il primo istinto è quello di negare il momento triste, di chiudere il libro e di “censurare” (soprattutto davanti alla parte dei “cannibali”), però ho perseverato e ho soddisfatto la curiosità del mio bimbo e ne sono felice perché penso che leggerlo sia un salto importante: dopotutto la Letteratura con la L maiuscola non è fatta anche di tragedie e di storie non sempre a lieto fine? Leggere un libro scritto quasi 100 anni fa è anche un aggancio per parlare di storia, di usi e costumi passati, di errori da non ripetere e comunque la vita è fatta di emozioni infinite e in questo infinito ci sono anche quelle tristi. Parlarne e conoscerle ascoltando una storia, secondo me è sempre una buona cosa.